Ora che queste vacanze di Pasqua decisamente surreali si sono concluse sono pronta per fare un grande annuncio: consegnerò mio figlio alle grandi case farmaceutiche. Se lo vorranno, ovviamente, e se poi me lo restituiranno.
Perché in quel metro e settanta per 45 chili di quattordicenne svogliato, pigro ma ugualmente adorabile c’è la soluzione a un problema che – ne sono certa – affligge milioni di persone: l’insonnia.
Ecco, non so bene dove tenga nascosto questo suo superpotere, ma lui l’insonnia non sa cosa sia. Perché lui ha il gene del sonno presente in ogni coppia di cromosomi (sono passati più di due decenni da quando ho dato l’esame di genetica 1 e pure quello di genetica 2, quindi non so se si dica proprio così). E’ un gene dominante, quindi basta che ce ne sia uno solo per vincere. E lui ha vinto alla grande, perché i geni del sonno gli escono da ogni poro. Peccato non possano entrare nei miei, di pori.
Studiatelo, questo ragazzo. Studiatelo e risolvete il problema dell’insonnia di tutta l’umanità. Analizzate la sua dieta, snocciolate il suo Dna. Fate qualcosa, insomma. Perché lui dorme, dorme, dorme, dorme. Dorme manco fosse stato assalito da un esercito di mosche tze tze. Dorme anche se i cani abbaiano alla luna, al sole o alle stelle. Dorme anche se il postino suona spazientito al campanello. Dorme pure se il fattorino di Amazon urla da sotto il balcone che il pacco questa volta me lo lascia vicino al cancello per rispettare le distanze di sicurezza, in tempo di pandemia. Dorme anche se suona il telefono di casa, il suo cellulare e pure il mio, che ha una suoneria che potrebbe svegliare pure i ghiri. Dorme anche e soprattutto quando gli ricordo che ci sarebbero i compiti di matematica da finire.
Dorme fino a mezzogiorno, fino all’una, fino alle due. Dorme fino a quando mi innervosisco a vederlo così, talmente pacifico e sereno, con i suoi lineamenti distesi e – secondo me – perfetti. E allora lo sveglio. Ma lui continua a dormire, anche se io lo scuoto prima con dolcezza e poi con tutta la forza che solo la madre di un adolescente racchiude dentro di sé. Sono un po' sadica, sì. Perdonatemi.
Lo sveglio e con voce amorevole – per quanto possa essere amorevole la voce della madre di un adolescente – gli comunico che – di grazia – il pranzo è servito.
“Ancora cinque minuti, mammina”.
Mi chiama mammina solo perché non è ancora completamente sveglio e quindi non si ricorda che la sera prima abbiamo litigato, dopo che gli ho vietato di iscriversi all’ennesimo torneo di Fortnite.
Ovviamente i cinque minuti diventano, 10, 15, 30, fino a quando mi balena in mente una citazione di Sophie Cottin, scrittrice francese: “Non c’è sonno che per l’innocenza, i colpevoli non dormono mai”. Ecco, l’adolescente del mio cuore deve essere senza colpe.
Buonanotte a tutti.
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