Famiglia

Decaloghi per i social dalla generazione 2.0

di Simone Feder

‘Siamo noi che usiamo la rete, non la rete che usa noi’

Così si è concluso uno degli otto interventi effettuati dalle classi seconde dell’Istituto Comprensivo di Sorisole in provincia di Bergamo durante la serata conclusiva del progetto ‘Selfie 2.0’.

Un percorso che nasce da una richiesta precisa della scuola a seguito della ricerca sugli stili di vita giovanili, realizzata due anni fa dalla Comunità Casa del Giovane di Pavia, che ha fatto emergere nel corpo docente la necessità di approfondire insieme ai ragazzi il meraviglioso e pericoloso mondo della rete.

Un progetto, quindi, che partiva da dati concreti e specifici del territorio affrontando un argomento che coinvolgeva e interessava direttamente gli studenti da subiti apparsi curiosi, attivi e partecipi.

Tre plessi scolastici, otto classi coinvolte, due incontri a classe, 32 ore di lavoro, circa 200 ragazzi coinvolti che, con la preziosa collaborazione dei loro docenti, hanno realizzato otto decaloghi mirati ad incrementare la consapevolezza sull’uso della rete.

Dopo un primo incontro di confronto e conoscenza, durante il quale si sono affrontati diversi argomenti tra cui la privacy sul web, i rischi e pericoli della rete, il mondo dei social, l’utilizzo dello smartphone… ogni classe ha deciso, in base ai propri interessi e inclinazioni, di approfondire una tematica in particolare. Attraverso il metodo della scrittura collettiva sono nati così, durante il secondo incontro, dei regolamenti condivisi che potessero dare indicazioni sull’uso dei social (in particolare Instagram), dei gruppi whatsapp, della rete …

I giovani hanno espresso forti preoccupazioni specialmente per i ‘grandi’ che avvertono come catturati dalla rete, sono nati così due decaloghi rivolti a loro: uno per i fratelli maggiori che spesso faticano a darsi limiti e uno per gli adulti che giocano a fare i giovani e danno spesso un esempio sbagliato rispetto all’uso dello smartphone.

Non sono mancate riflessioni importanti riguardanti le relazioni costruite nel mondo virtuale, la necessità di coltivare l’empatia anche in questo canale, le preoccupazione per episodi faticosi da gestire e, di conseguenza, la richiesta in più decaloghi della presenza di una supervisione adulta presente, ma discreta, e caratterizzata da un reciproco patto di fiducia (‘non controllateci il telefono di nascosto’ ma anche ‘quando vedi qualcosa da segnalare rivolgiti ad un adulto’).

Momenti fortemente significativi sono state le due restituzioni finali da parte dei giovani stessi , prima ai loro docenti e successivamente ai loro genitori, in cui, saliti in cattedra, hanno tenuto delle vere e proprie lezioni di consapevolezza illustrando agli adulti il loro lavoro e chiarendo i loro dubbi e interrogativi su un mondo che hanno dimostrato di conoscere per certi aspetti molto meglio dei ‘grandi’.

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