Famiglia

Allegriaaaa!!

di Paola Strocchio

Se mi avessero detto che avrei imparato a fare gli gnocchi sarei scoppiata a ridere. Avrei riso anche se mi avessero detto che avrei cucinato pancake a colazione e waffles a merenda, e che il venerdì sera la pizza fatta in casa sarebbe diventata un must, come la torta di mele e cannella la domenica.

Se però mi avessero detto che il Covid-19 mi avrebbe portato a benedire PC, X-Box e tutte quelle robine elettroniche verso cui ho sempre avuto una certa avversione, allora no che non ci avrei creduto.

E invece eccomi qui, pronta a cospargermi il capo di cenere e a dire ancora una volta che, ebbene sì, sbagliavo. E di grosso, pure.

Perché videogame e affini, soprattutto quelli che ti permettono di giocare online con gli amici, sono diventati una specie di benedizione in casa mia. Una di quelle cose che ti chiedi come avresti potuto fare senza.

Che sia chiaro, non mi sono bevuta il cervello, e resto convinta di come l’interazione fisica, quella reale, quella per cui ti batti il cinque e ti dici “ciao bro” oppure “bella raga” sia ossigeno, ossigeno puro.

Ma quei "cattivoni" dei videogiochi, che suscitavano in me tanta repulsione, al punto tale da abbinarli al grande male (che per ciascuno ha tante forme, per me per esempio quella della Juventus), ora si sono trasformati in cosine simpatiche. Quasi graziose. Perfino reali, perché capaci di regalare a mio figlio un po’ di libertà e un po’ di interazioni con il mondo. Perfino parecchie risate.

Perché, diciamolo pure fuori dai denti, passare con tua madre 24 ore su 24 non è il massimo del divertimento, eh, anche se io ci provo, qualche volta, a fare la simpatica. Ma sono pur sempre sua madre, quella che gli ricorda che deve lavarsi i denti, farsi la doccia, togliersi il pigiama, mangiare la verdura, fare i compiti, studiare, leggere e un elenco lunghissimo di cose noiose che lui peraltro, a volte sbuffando, a volte bofonchiando, in qualche modo fa.

Ma con me non ride. Non ride come rideva con i suoi amici, quando insieme vagavano in casa e scorrazzavano su e giù per le scale molestando (si scherza, eh) le nostre povere gatte.

Quelle risate, che mancano a me forse ancora più di quanto lui possa pensare manchino a lui, arrivano la sera, quando il PC si accende e dal monitor spuntano gli “amici”. Quelli delle kill, degli attacchi, delle battaglie epiche, dei mostri, di una vita in cui per fortuna il coronavirus non è mai potuto entrare. E quelle sue risate vere, perfino grasse, fanno sorridere anche me. Che, miracolosamente, smetto di essere così devota all’orologio e fingo di dimenticarmi che il tempo concordato per giocare è scaduto da cinque minuti. Da dieci, e forse anche un po’ di più. E chisseneimporta. Ride, lui. E questo ci fa bene, perché profuma di normalità.

E’ il tempo per l’allegria, ragazzo mio.

Rubala dove puoi, quest'allegria, anche se passa dal monitor del tuo computer, e conservala dentro di te, in attesa di riprenderti tutto il mondo che c’è fuori.

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