“Se qualcosa non ti piace, cambiala. Se non puoi cambiarla, cambia il tuo atteggiamento. Non lamentarti” (Marguerite Ann Johnson, poetessa statunitense).
Ok, Maya Angelou (si faceva chiamare così). Ora io non so se tu possa ascoltarmi, ma voglio spiegarti che non è mica così facile, eh.
Ci sono delle cose che (per fortuna!) non puoi proprio cambiare. L’adolescenza, per esempio. Fa parte della crescita, è una fase fondamentale nella costruzione dell'io. Lo so, lo so, lo so perfettamente. Eppure mi lamento sempre, anche se tu dicevi che non bisogna lamentarsi. I figli, anche quelli, mica si possono cambiare, anche se in passato è capitato che qualche genio mi chiedesse se l’adozione prevedesse in qualche modo la possibilità di “restituire” il proprio figlio. In tempi non sospetti (quando non avevo ancora un adolescente per casa, tanto per intenderci) l’ho raccontato in un libro, all’interno del quale ho raccolto tutte le stupidaggini che mi erano state dette in merito all’avventura più bella che abbia mai vissuto, l’adozione di mio figlio. Ancora adesso mi scappa da ridere.
Perché no, un figlio non si restituisce. Non lo si può cambiare. Non me ne danno un altro, ecco. Un altro che magari non mi mandi a spannare la meliga quando gli ricordo che deve usare il collutorio dopo che si è lavato i denti. Oppure un altro che non impazzisca dalla voglia di intrattenermi un quarto d’ora spiegandomi perché le puzzette delle donne siano più maleodoranti rispetto a quelle degli uomini. A proposito, non so se sia vero, ma mio figlio dice che a sostenerlo è la scienza, perché le puzzette delle femmine contengono una quantità maggiore di solfuro di idrogeno. Non ho le prove documentate, ma scienze è una delle sue materie preferite e potrebbe perfino avere ragione.
No, lui è mio figlio e non lo si cambia. E lui, per fortuna, non può cambiare me e non può barattarmi con qualche mamma meno pressante, meno asfissiante, meno noiosa, migliore ai fornelli, più ordinata, meno impallinata con la lettura, più appassionata di videogiochi. Una mamma che sicuramente gli piacerebbe di più.
Non possiamo cambiarci, Maya. Sì, probabilmente avevi ragione tu, quando dicevi che è importante cambiare l’atteggiamento. Temo però che non ce la farò e che continuerò a lamentarmi dei calzini lasciati in giro, del letto che va fatto anche se la sera si torna a dormire, del tavolo che deve essere apparecchiato e poi sparecchiato, di questa casa che non è un albergo e di come io non sia la collaboratrice domestica personale di mio figlio. Ma continuerò anche a ridere dei video demenziali che mi manda su WhatsApp, a caricare una lavatrice dietro l’altra perché si cambia t-shirt che manco un indossatore, ad abbracciarlo quando nessuno ci vede. A essere la sua mamma. Perché quella, ragazzo del mio cuore, non te la leverai mai di torno, anche se vedi che alzo gli occhi al cielo e che brontolo come fossi una pentola a pressione. Perché mi lamento quanto mi pare, ma ti voglio un bene infinito.
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