Famiglia

Il motorino

di Paola Strocchio

Meno 10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1!

E’ il 26 dicembre del 1988 e ho finalmente compiuto 14 anni!

Sì, certo. Sono tornata indietro nel tempo di tre decenni (anche di più, a dirla tutta), al giorno in cui ho compiuto il mio quattordicesimo compleanno.

Un compleanno che ho atteso quasi come il diciottesimo, perché in ballo c’era un mezzo di trasporto di cui ultimamente si parla molto meno: il motorino.

Mesi e mesi prima di compiere 14 anni avevo iniziato una vera e propria battaglia con i miei genitori, che alla fine ero riuscita a convincere: anche io avrei avuto un motorino!

Non lo avrei potuto usare a Torino, ma soltanto per le stradine della campagna dove i miei, quando ero ancora piccina, avevano comprato una porzione di una vecchia cascina che avevano ristrutturato e che era diventata la nostra meta prediletta per il weekend. E così, il giorno in cui i miei genitori si sono presentati a casa con un meraviglioso Atala Idea rosso e grigio, ho creduto di toccare il cielo con un dito. Ero felice, felice, felice, e ancora felice. Avevo conquistato quella che mi sembrava una fetta enorme di libertà. Ovviamente non avevo calcolato il carico di ansia e di preoccupazioni che quel motorino aveva catapultato sulle spalle dei miei genitori. Ma del resto io ero “soltanto” figlia, per lo più quattordicenne, e tra i miei doveri non c’era certo quello di preoccuparmi delle preoccupazioni dei miei.

E così, quando i 14 anni di mio figlio si sono avvicinati con le falcate che manco una gazzella quando sta scappando da 30 leoni affamati, ho iniziato ad avere paura. Tanta paura. Tantissima paura. Tanto più che di mestiere faccio la giornalista e ho spesso accesso a un certo tipo di notizie, soprattutto a quelle più nefaste, che naturalmente comprendono anche pirati della strada, incidenti, ragazzini in motorino falciati dal tram e chi più ne ha più ne metta.

Insomma, non partivo in posizione avvantaggiata, mettiamola così.

Poi però la paura è scemata. Lentamente, con fatica, ma è scemata. Ed è sparita del tutto il giorno in cui ho trovato il coraggio di chiedere all’ADMC (l'adolescente del mio cuore, nota della mamma) quando ormai sulle sue prime 14 candeline aveva già soffiato, se nutrisse un certo interesse per le due ruote. L’ho presa alla lontana, ovviamente. Partendo da Valentino Rossi che ormai non è più un ragazzino eppure continua a fare faville, passando per i semafori a tempo e arrivando alle mezze stagioni che ormai non ci sono più e che gallina vecchia fa buon brodo. Insomma, mi sono avvicinata alla questione con garbo.

Lui, come sempre, mi ha spiazzato. E ha tirato in ballo il mio scooter (è un 125, e ora ecco spiegata la ragione per cui ho deciso che entro fine 2021 l’avrò venduto), che magari un giorno potrebbe guidare lui. Salvo poi correggersi. “Ma no, guarda. Alla fine mica mi serve il motorino”.

Avrei voluto piangere. Dalla gioia, ovviamente.

All’ADMC non interessa il motorino.

E’ commovente, tutto questo.

Un po’ meno commovente è la ragione di questo disinteresse (oh, che sia chiaro, qui non si sta a spaccare il capello e va benissimo così, ché è vero che sono una donna e quindi ho diritto a lamentarmi a prescindere, sempre e comunque, ma qui la questione è decisamente seria): “Tanto quando devo andare da qualche parte mi portate sempre tu o papà, mica mi serve il motorino”.

Sillogismo perfetto.

Il motorino è un mezzo di trasporto.

Madre e padre mi trasportano.

Non mi serve il motorino.

Deve avere pensato così, nella sua testolina, l’ADMC.

Ora prometto solennemente che non mi lamenterò MAI se dovrò correre come una pallina da flipper per portarlo dove deve o vuole andare, manco una taxista professionista.

Ho scampato il pericolo motorino quando ero figlia, l’ho scampato da madre.

Non voglio tirare troppo la corda del karma.

Baratto un tagliando in più della macchina e un cambio dell’olio extra per un po’ di tranquillità in tasca, non dovendomi immaginare l’ADMC in sella a un cinquantino, in una jungla di pericoli sulla strada (manco a me i camion non cilindrassero, mai, eh). Noi però siamo mamme, convinte di essere sempre un po’ supereroine e capaci di proteggere i nostri pargoli da tutto il male del mondo. Pure dal motorino.

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