Gli Atti degli apostoli, che dobbiamo a un grande cronista come San Luca (da leggere in tutte le scuole di giornalismo per capire cosa sia la cronaca) racconta quale sia lo stupefacente miracolo della Pentecoste. Ecco la sua cronaca (At 2, 3-11): “Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio»”.
Il miracolo, più delle lingue di fuoco (nell’immagine quelle di El Greco), è che quel “Ciascuno (ognuno di un diverso popolo) sentiva parlare la propria lingua”. Ciascuno nella sua diversità capiva l’altro, c’è miracolo più grande di questo? Lo Spirito non aveva dato loro una Super linguaggio, un proto Esperanto, una neolingua universale. No! Aveva dato loro il miracolo della diversità delle lingue e “si capivano”. È l’altra faccia della medaglia di Babele, dove la diversità è generatrice di caos e di lutti. A Babilonia è il trionfo (e perciò la rovina) dell’uomo che si vuole Dio, dell’uomo presuntuoso padrone di sé, creatore il cenacolo di Gerusalemme e la piazza antistante l’affermazione dell’uomo creatura che, dell’uomo parte di un destino più grande, dell’uomo figlio del Padre.
Da una parte la diversità come rovina, come inimicizia, dall’altra la diversità tra fratelli. È questo aspetto della Pentecoste ad avermi sempre colpito.
È forse per questo che Papa Francesco oggi ha giustamente sottolineato come “A Pentecoste il sogno di Dio sull’umanità diventa realtà; cinquanta giorni dopo la Pasqua, popoli che parlano lingue diverse si incontrano e si capiscono. Ma ora, a cento giorni dall’inizio dell’aggressione armata all’Ucraina, sull’umanità è calato nuovamente l’incubo della guerra, che è la negazione del sogno di Dio: popoli che si scontrano, popoli che si uccidono, gente che, anziché avvicinarsi, viene allontanata dalle proprie case”.
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