Errare humanum est, perseverare autem diabolicum, tradotta letteralmente significa "commettere errori è umano, ma perseverare è diabolico”. Insomma, si può fare una cavolata, magari mossi dalle migliori intenzioni, ma perseverare è da stupidi tanto più quando si dimostra di non conoscere quel di cui si parla.
Succede anche nelle aule parlamentari e, ovviamente, gli errori fatti in sede legislativa li pagano tutti, soprattutto se la materia è sconosciuta al proponente o ai proponenti. È quel che è successo al senatore Gianfranco Rufa con la sua proposta di modifica al 5 per mille e stupidamente votata da tutte le forze di maggioranza al Senato, salvo poi capire l'errore e fare marcia indietro (i più onesti) o mettere la norma sotto il tappeto sperando che venga scordata (i più vili). Che si sia trattato di una schiocchezza oggi è però chiaro a tutti (leggi qui), tranne che al prode senatare Rufa che oggi se ne esce, addirittura, con una nota in cui rivendica l'errore inanellando una sciocchezza dietro l'altra.
Scrive Rufa in tutta incoscienza e con il plurale majestatis (nonostante che anche nel suo partito quasi tutti abbiano capito l'errore fatto): “Chiediamo al terzo settore una più attenta riflessione sui contenuti del pdl Rufa e di fare squadra per perfezionare il testo del provvedimento, evitando polemiche pretestuose che danneggiano tutti senza migliorare nulla. Anzitutto occorre specificare che il testo non introduce un fondo assistenza per il personale di Forze di Polizia e delle Forze Armate ‘tout court’ ma li vincola ad una funzione solo previdenziale, come ad esempio il sostentamento per le famiglie di agenti deceduti in servizio”.
Allora, caro Rufa occorre un ripassino. Innanzitutto, l''istituto del cinque per mille dell'IRPEF è stato introdotto, in via sperimentale, dall'articolo 1, commi 337 e ss. della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria del 2006) come misura atta a fornire agli enti privati operanti nei settori sociale, sanitario e della ricerca scientifica un sostegno economico per lo svolgimento delle loro attività. Il suo successo ha portato a un rifinanziamento della misura con le successive leggi finanziarie fino alla sua stabilizzazione ad opera dell'articolo 1, comma 154 della legge dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità per il 2015). L'istituto del cinque per mille, teso a valorizzare la partecipazione volontaria dei cittadini alla copertura dei costi necessari a sostenere l'espletamento delle attività di interesse generale con una norma di sussidiarietà fiscale, norma che è stata coerentemente inserita nell'organico disegno riformatore contenuto nella Legge 6 giugno 2016, n. 106, recante "Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale". In particolare, la citata legge – all'articolo 9, comma 1, lettere c) e d) – nel ricomprendere significativamente il tema all'interno delle misure agevolative e di sostegno economico in favore degli enti del Terzo settore, ha individuato, tra i vari principi e criteri direttivi, la razionalizzazione e revisione dei criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari e dei requisiti per l'accesso al beneficio nonché la semplificazione e accelerazione delle procedure per il calcolo e l'erogazione dei contributi spettanti agli enti; l'introduzione, per i soggetti beneficiari, di obblighi di pubblicità delle risorse ad essi destinate, in un sistema improntato alla massima trasparenza e rafforzato dalla previsione di sanzioni in caso di inadempimento a detti obblighi.
Secondo punto. Come evidenziato nella sentenza della Corte Costituzionale n. 131/2020, gli ETS, nel disegno contenuto nel Codice del Terzo settore, costituiscono «un insieme limitato di soggetti giuridici dotati di caratteri specifici (art. 4), rivolti a «perseguire il bene comune» (art. 1), a svolgere «attività di interesse generale» (art. 5), senza perseguire finalità lucrative soggettive (art. 8), sottoposti a un sistema pubblicistico di registrazione (art. 11) e a rigorosi controlli (articoli da 90 a 97)».
Insomma, il 5 per mille è misura di sussidiarietà fiscale pensata e voluta sin dall'inizio e poi confermata dagli atti legislativi e dalle sentenze della Corte per dei soggetti particolari, soggetti privati che svolgono una funzione pubblica perseguendo l'interesse generale non con finalità di lucro. Con le misure previdenziali il 5 per mille non c'entra nulla.
Senatore Rufa non insista, lo dico per lei e per la sua fama che ad oggi è tutt'altro che buona.
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