Dobbiamo iniziare ad interrogarci su quanto sia utile continuare a fare giornate contro e non giornate pro, quando sia importante staccarci dalla mentalità che si focalizza solo su ciò che non va invece di iniziare a pensare e promuovere il positivo.
Perché non fare giornate che ricordano quanto sia importante promuovere e proporre progetti e iniziative positive e uscire dalla logica, spesso supportata dai nostri media, in cui è importante fare notizia sbattendo in prima pagina avvenimenti drammatici e colmi di lacerante dolore?
La disponibilità di droga rimane oggi a livelli elevati in tutta la UE. La cocaina e l’eroina sono sempre più presenti nel quotidiano dei nostri ragazzi, mostrandosi come sostanze sempre più potenti e pericolose e inoltre purtroppo desiderabili. Mai è stata così accessibile ai nostri ragazzi la porta dell’oblìo.
Le nostre comunità per polidipendenti sono oggi piene di ragazzini, molti minorenni, già preda delle sostanze con gli strascichi sociali e spesso giudiziari che questo comporta. Ed insieme ad essi crescono anche disagi come disturbi dell’alimentazione e cutting, disfunzionali e pericolose scorciatoie in cui i ragazzi cercano di incanalare la loro sofferenza.
Aumentano i giovani problematici con disturbi della personalità, Adhd, carica di ostilità, rabbia… situazioni difficili da arginare (e spesso diagnosticare) che attanagliano i giovani appiccicando sulla loro schiena etichette che rischiano di restare incollate per tutta la vita.
Sono giovani che vivono situazioni di disagio oggi che necessitano interventi tempestivi e modalità di aggancio diverse. Non possiamo attenderli nei nostri ambulatori, nei nostri centri di ascolto o nelle nostre comunità, dobbiamo andare a prenderli, raggiungerli nei loro posti prima che arrivino alla perdizione, prima che sia troppo tardi.
I nostri servizi di risposta non sono più rispondenti ad un bisogno attuale, necessitano di essere rivisti, essere reindirizzati, dobbiamo pensare a guardare oltre, o meglio, a guardare l’oggi!
Dobbiamo pensare servizi in cui gli operatori siano sulla strada, nelle piazze, nei boschi e cerchino di agganciare con la forza dirompente dell’accoglienza e dell’ascolto.
Questi sono gli strumenti primari e necessari per rispondere al grido di aiuto nascosto in questa continua ricerca di spegnersi buttando giù ogni tipo di sostanza.
Gli stessi operatori faticano a reggere l’urto del disagio, sottopagati e spesso costretti a lavorare in condizioni poco tutelanti per sé stessi. Stiamo attraversando un’epoca storica in cui la cultura dell’accoglienza, del prendersi cura e dell’attenzione all’altro sono relegati in fondo alla scala valoriale. Mancano educatori appassionati e desiderosi di dedicarsi ad un lavoro che non è possibile limitarsi a vedere come tale.
Sempre più dobbiamo pensare ad una comunità educante, dove ci sia da parte di tutti l’impegno di partecipare e contribuire alla crescita educativa, culturale e sociale, ma non solo nei confronti di chi si trova ormai in una situazione di fragilità conclamata, anche rispetto alla necessità di coltivare personalità mature e consapevoli, con i necessari anticorpi.
È tempo di scuotere le coscienze dei genitori, degli adulti di riferimento e di noi tutti.
Siamo difronte ad una società dove le distanze tra adulti e giovani sono sempre più complesse. Sempre più la responsabilità genitoriale, davanti alle difficoltà, viene delegata agli specialisti perché, così mi dicono i giovani, ‘a casa con i genitori non si affrontano determinate tematiche’, oppure perché il ‘problema’ è sempre concepito nel ragazzo e mai nel contesto in cui cresce…
È preoccupante quando si sente parlare di interventi che possano accompagnare un consumo o renderlo meno dannoso, davanti a giovani ancora in crescita e in fase di sviluppo come società non possiamo non avere proposte e riposte alternative da fornire. Alzare le mani davanti a questo torrente di sofferenza equivale a mettere le basi per un’alluvione che ci travolgerà a breve. È necessario costruire argini, dighe e percorsi diversi per incanalare l’energia dirompente di questi ragazzi.
C’è una forza giovanile che dimostra se ben accompagnata di essere in grado di darci delle risposte più vere e credibili. C’è un interessamento sano e concreto di molti giovani verso il malessere dei loro amici. Stiamo osservando dei cambiamenti di risposte di accoglienza incredibili: giovani che vivono un disagio e giovani che vogliono occuparsi di disagio che creano gruppo e creano sguardi diversi e risposte diverse.
Questa pensiamo oggi possa essere la vera risposta, la creazione di contesti educativo a 360°, in grado di accogliere e dare ascolto a tutte le istanze giovanili attraverso proposte e strumenti validi e concreti.
Questa è la sfida che ci viene oggi chiesta nella celebrazione di questa giornata!
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