In piazza a favore del Governo, manifesti e cartelloni che chiedono al premier di non lasciare, una teoria infinita di sigle della società civile e produttiva che chiedono a Draghi di turarsi il naso e non abbandonare il Paese in una crisi al buio. La Chiesa in prima fila a chiedere responsabilità, i 1300 e passa sindaci, le oltre 100mila firme di cittadini online, i sondaggi che informano che solo 1 italiano su 3 vuole le urne e più del 60% chiede che il Governo continui il suo lavoro.
Viviamo davvero un frangente particolare che vede una mobilitazione a tutto campo a favore di un Governo. Mai successo prima nella storia repubblicana.
È chiaro ai più che con una crisi di Governo non si potranno raggiungere gli obiettivi del Pnrr necessari per ottenere entro fine anno quasi 22 miliardi di euro, lo sanno Governatori e sindaci. Senza Governo salterà anche il percorso appena definito per il salario minimo, e per il taglio del cuneo fiscale, misura necessaria per aiutare le imprese. Si sa che si entrerà in esercizio provvisorio e non sarà possibile programmare gli investimenti per il prossimo anno; e che le importanti battaglie messe in campo in Europa da Draghi, la battaglia sul tetto massimo al prezzo del gas e il cambio delle regole sul deficit. Con la crisi non ci sarà nessuna riforma sulla non autosufficienza, nessuna riforma delle pensioni e si torna alla legge fornero; nessuna riforma del fisco per abolire l'irap e semplificare gli adempimenti ad autonomi e partite iva, oltre alle riforme previste dalle leggi delega imposte dal percorso del Pnrr.
Solo l’accortezza Costituzionale e la furbizia democristiana di MAttarella hanno impedito che non si aprisse subito una crisi al buio che avrebbe precipitato il Paese in un vero disastro economico e sociale e all’irrilevanza internazionale.
Antonio Scurati in un editoriale su Il Corriere ha scritto ieri che Draghi: “È stato spinto alle dimissioni da un accanito torneo di aspirazioni miserabili, da sudicie congiure di palazzo, da calcoli meschini, irresponsabili e spregiudicati di uomini che, presi singolarmente, non valgono un’unghia della sua mano sinistra”. Si può discutere forse sull’unità di misura, ma non ci sono dubbi sul fatto che mai come oggi risulta chiaro l’abisso siderale che separa il tessuto sociale dalla politica e dai partiti. Persino un senza tetto ieri ha manifestato perchè Draghi resti premier. Distanza siderale che si manifesta in misura crescente ad ogni tornata elettoorale e che è esplosa in queste ore dove piazze e opinione pubblica manifestano a favore del governo affidato ad un profilo non politico.
Ma più distanti di tutti dalla realtà del Paese appaiono proprio i 5 Stelle o ciò che resta di loro. In questi giorni hanno contabilizzato decine di ore di Assemblee dove non si decideva nulla. A Conte e ai suoi accoliti non è più neppure chiaro il perchè della loro contestazione al Governo partita da “Mi ha detto Di Masi che Grillo avrebbe detto che Draghi avrebbe fatto”, congiura smentita da tutti i diretti interessati ma che è stata la miccia prima della crisi, sino ad arrivare a quel pannicello dei 9 punti su cui Draghi già si era espresso con favore due settimane fa e che ancora, dopo le assemblee permanenti quanto inutili, vengono ancora issate come vessillo di contestazione.
L’avvocato del popolo e ciò che resta dell’onda populista del 2018 paiono vivere dentro una bolla di “si dice” e di veleni tutta loro e di nessun interesse per chi va a fare la spesa ogni giorno. Parlano di umiliazioni subite quando sono anni che si sono seduti sui 13mila euro al mese e su posizioni di potere di Governo e di sottogoverno paragonabili solo alle stagioni più fameliche dei democristiani. Eppure Conte sceglie la strada del vittimismo e come una qualsiasi piangine dice “Il premier Draghi dovrà farsi garante se vorrà un clima di rispetto e leale collaborazione nei nostri confronti”. Insomma chiede protezione!
Nella scatoletta di tonno che volevano aprire sono rimasti imprigionati più di altri. E si sa, le scatolette poi si buttano
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