Politica

Guerra necessaria. Ma non sufficiente

«Nei conflitti a sfondo etnico servono anche interventi nella società», sostiene il senatore Ds. Che lancia la candidatura di Radio B92 per il Premio Osce 1999.

di Redazione

È dal luglio dello scorso anno che la comunità internazionale ha avuto la netta percezione della crescente gravità della questione Kosovo. Eravamo a Copenaghen, durante la sessione annuale dell?Assemblea Parlamentare dell?Osce, Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza in Europa, e in quell?occasione si decise di dedicare una sessione speciale con tutte le parti interessate. Tuttavia la nutrita delegazione della Repubblica jugoslava si rifiutò di prendere parte all?incontro, mentre la presenza di Riza Nikqi, l?esponente kosovaro, fu quasi impedita dalle reazioni di alcuni delegati fra i quali si distinse, per l?estrema violenza, Vladimir Zhirinovski, l?aggressivo esponente dei movimenti russi nazionalisti e panslavi. In un quadro del genere il dibattito diventò assai teso e minacciò più volte di degenerare. Malgrado ciò, grazie all?impegno di molte delegazioni, fra cui quella italiana, si riuscì a far approvare una risoluzione articolata e responsabile. I punti essenziali del documento Osce furono: la salvaguardia dell?integrità territoriale della Jugoslavia; la richiesta di dare al Kosovo una significativa autonomia; la decisa condanna delle azioni violente contro le minoranze ma anche di ogni forma di terrorismo. In breve: le linee di fondo della strategia del ?gruppo di contatto? che troveranno a Rambouillet l?espressione più compiuta. Ma a Copenaghen ebbe un forte impulso anche un altro punto: che le intese per il Kosovo dovessero essere tutelate, una volta definite, da una missione di osservatori internazionali ?massiccia e visibile? alla cui guida l?Osce si candidava. La più ambiziosa operazione di monitoraggio sinora condotta dall?Osce. Nel mesi scorsi hanno, quindi, operato nel Kosovo oltre 1400 verificatori Osce. I risultati raggiunti sul terreno sono stati positivi e importanti. E il ritiro al quale gli osservatori dell?Osce sono stati costretti il 19 marzo, di fronte al precipitare della crisi, non incrina questo giudizio. Le critiche che qualche commentatore ha avanzato in proposito appaiono scarsamente fondate e non tengono soprattutto conto che la missione Osce, per essere se non accolta almeno subita da Belgrado doveva avere espliciti connotati non militari, inconciliabili quindi con i più recenti sviluppi della crisi nella regione. In prospettiva – una volta superati in tempi auspicabilmente brevi gli aspetti più aspri del conflitto – si riproporrà il ruolo di una forza di interposizione, in questo caso militare, per garantire il rispetto da parte di tutti delle intese internazionali che saranno necessarie per riportare la pace. Ma anche in questo contesto sarebbe sbagliato non considerare il ruolo dell?Osce per almeno due ragioni. In primo luogo questa organizzazione ha una gamma di aderenti assai ampia e include, oltre ai Paesi dell?Unione europea, tanto gli Usa che la Russia. Può quindi offrire le maggiori garanzie di equilibrio a tutte le parti interessate. Inoltre l?Osce ha maturato una preziosa esperienza nella prevenzione dei conflitti (basta pensare al suo ruolo nell?Albania e nell?area caucasica) e nelle operazioni di peace – keeping. Questa esperienza ci insegna che, nel governo delle crisi, l?azione militare è talvolta, purtroppo, necessaria ma anche che essa non è sufficiente. Occorrono – specie nelle situazioni in cui i conflitti siano alimentati da motivi etnici e religiosi – azioni di istitutional buildings, di sostegno delle capacità critiche dell?opinione pubblica , di rinnovo delle classi dirigenti locali, di coordinamento dell?azione internazionale sia in materia di assistenza ai rifugiati sia in termini strettamente politici. Si tratta di ambiti nei quali il contributo dell?Osce, in accordo con il ruolo dell?Onu e, sotto altri profili, della Nato, può risultare utile e sarebbe perciò un errore non tenerne conto. Nasce da questa visione, tra l?altro, la scelta del Premio internazionale per il giornalismo e la democrazia che l?Osce, ormai da quattro anni, ha assegnato a grandi figure intellettuali. La Delegazione italiana ha proposto di candidare per l?edizione 1999 l?emittente di Belgrado ?Radio B92? e il suo direttore Veran Matic, peraltro rimosso dal suo incarico dal governo di Belgrado proprio in questi giorni. Perché anche un?informazione libera è premessa e valido presidio della pace. Presidente della Delegazione Parlamentare italiana dell?Osce Carta d?identità NOME: OSCE – ORGANIZZAZIONE PER LA COOPERAZIONE E LA SICUREZZA IN EUROPA ANNO DI NASCITA:1995 COS?È: Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa formata da 55 Stati che coprono l?area geografica da Vancouver a Vladivostok AREE DI INTERVENTO: Prevenzione di conflitti, gestione di situazioni di crisi, riabilitazione post bellica, controllo delle armi, monitoraggio della sicurezza delle elezioni, dei diritti umani e sicurezza ambientale COME SI FINANZIA: Con contributi degli Stati membri, il budget 1999 ammonta a 104 milioni di Euro QUANTA GENTE CI LAVORA: 2.500 persone impegnate nelle missioni sul campo, 250 nelle varie istituzioni e 180 per la Segreteria generale AREE IN CUI È IMPEGNATA: Bosnia Erzegovina, Croazia, Estonia, Georgia, Lettonia, Moldova, Tagikistan, Macedonia, Ucraina, Cecenia, Albania UOMINI IMPEGNATI nella ?KOSOVO VERIFICATION MISSION? PRIMA DELLA GUERRA:2000 verificatori INDIRIZZO:Segretariato Generale Osce, Kaerntneerring 5-7, 4° piano – 1010 Vienna – Austria tel: +431514360 – fax: +4315143696 E-mail: pm@osce.org Internet:http://www.osce.org


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