Formazione

Preparatevi e partite

Le associazioni sono sommerse dalle richieste di aspiranti volontari. Troppi però sbarcano in Albania senza un’idea di cosa li aspetta, finendo solo con l’essere d’intralcio a chi lavora.

di Carlotta Jesi

Non ci hanno ancora fatto uno sceneggiato televisivo. Ma per la ?soap opera del volontario?, preferibilmente in missione umanitaria oltre confine, è solo questione di tempo. Con la guerra nei Balcani, infatti, solidarietà, associazioni e cooperanti sono diventati di moda. E purtroppo anche l?idea che per fare il volontario in Albania, Macedonia e Montenegro basti avere la valigia sempre pronta, la tenuta kaki e una vocazione da Indiana Jones. Il risultato? Organizzazioni non governative impegnate nei territori dell?ex Jugoslavia scambiate per agenzie di viaggio e aspiranti cooperanti che sbarcano a Tirana senza preparazione specifica, contatti, assicurazioni sulla vita e vaccinazioni del caso. Oltre, ovviamente, a una pioggia di telefonate che intasano telefoni d?emergenza e numeri verdi, con successivo invio di curriculum: in una settimana oltre 300 aspiranti volontari hanno contattato la Missione Arcobaleno, e i grandi organi di collegamento delle ong italiane non sono da meno.

Primo, non pesare sugli altri
Dall?inizio dei conflitti Cocis e Focsiv, che insieme hanno ricevuto circa duecento proposte di collaborazione, non hanno mai smesso di rispondere al telefono.
Ma non bastava crederci, essere disponibili? Un aiuto, seppur improvvisato, è sempre meglio di niente, no? Dalle organizzazioni non governative la risposta è unanime. «Nelle emergenze i volontari servono, certo», spiega Luisa Dell?Acqua di ?Beati i costruttori di pace?, «ma seriamente pronti ad affrontare cosa li aspetta. Noi per esempio selezioniamo accuratamente i volontari e, prima di mandarli in missione, organizziamo speciali corsi di formazione». Come il training di due giorni della scorsa settimana. In cui personale qualificato di ?Beati i costruttori? ha insegnato a chi partiva per l?Albania come lavorare in gruppo, prendere decisioni consensuali, evitare rischi inutili e non pesare sugli altri.
«Vivere in mezzo ai profughi è diverso che vederli in tv», spiega concitato Piero Forosetti. È uno degli 80 volontari che l?Anpas (Associazione nazionale pubbliche assistenze) ha inviato a Durazzo per costruire tre campi profughi: della sua esperienza, appena conclusa, ci tiene a raccontare la difficoltà soprattutto psicologica. «La fatica fisica, in certe situazioni, si dimentica facilmente. Ma non gli occhi di intere famiglie che aspettano una tenda dove ripararsi. Occhi che non finiscono mai, occhi di vittime che devi imparare a guardare in faccia senza sentirti inutile e impotente. Senza crollare, anche se sai che dietro alla prima fila di profughi ce ne sono altri venti mila. Anche se ti senti una goccia nel mare». Una pressione non indifferente, insomma, che bisogna sapere gestire senza perdere in efficienza e pesare sugli altri.
«Chi non ha esperienze sul campo spesso fa più male che bene», aggiunge Luisa Bruzzolo del Cesvi. l?ong di Bergamo che attualmente cerca psicologi e psichiatri disponibili a recarsi nei Balcani. «La regola fondamentale», spiega la Bruzzolo, «è non pretendere di partire subito per le zone calde dell?emergenza. Magari precipitandosi a Kukes e Skopje sull?onda dell?emotività o di qualche corrispondenza appassionata dell?inviato dei Tg, senza neppure avere un posto dove dormire o senza sapere che cosa fare. È importante lavorare con una ong in cui si ha piena fiducia e di cui si condividono i principi. Che si tratti di andare in missione o semplicemente di fare un?offerta in denaro. E poi non bisogna demoralizzarsi se, prima di essere inviato in loco, ci si sente chiedere di lavorare in Italia». Magari organizzando raccolte fondi, rispondendo al telefono di enti non profit o girando lo stivale per sensibilizzare l?opinione pubblica su quanto sta accadendo nei Balcani. È quanto attualmente chiedono a chi non ha particolari esperienze la maggior parte delle organizzazioni impegnate ad aiutare i profughi del Kosovo. «Cerchiamo volontari per i centri di accoglienza che verranno allestiti a Milano», dichiara la Caritas Ambrosiana, «e per tenere aggiornati gli aspiranti volontari abbiamo loro dedicato una parte del nostro sito Internet (www.caritas.it)».
«Persone che gestiscano il nostro magazzino Martinitt-Stelline di Milano in cui vengono raccolti cibo e coperte per i profughi», fa eco il Cesvi. Insomma, lavori senz?altro utili, con cui le organizzazioni ?testano? motivazione e capacità dei volontari e soprattutto evitano inutile confusione nei campi profughi o al confine col Kosovo.

Si può essere utili anche da casa
«Ogni progetto umanitario è fatto di fasi specifiche», spiega la coordinatrice del Cocis Anna Schiavoni, «e al momento in Macedonia e Albania c?è soprattutto bisogno di personale specializzato: medici infermieri, logisti e persone che sappiano montare un campo profughi». Ossia elettricisti, carpentieri, idraulici e geometri che aiutino ad adattare gli edifici pubblici e privati in cui devono essere accolti i rifugiati. Ma anche cuochi, psicologi e psichiatri infantili abituati a lavorare in situazioni difficili e a parlare altre lingue oltre l?italiano. «L?importante è usare sempre il cervello», avvisa Rambaldi, vice direttore per i progetti internazionali della Caritas. Che aggiunge: «Mai sottovalutare i compiti per cui ci si propone. L?esperienza passata, per esempio, ci insegna che non tutte le famiglie sono in grado di accogliere in casa dei rifugiati. Molte si aspettano un bel bambino biondo e, di fronte a uomini o donne con gravi problemi, crollano. Meglio allora le comunità di famiglie. Meglio capire che si può essere utili anche da casa. Magari raccogliendo ciò di cui i volontari in loco hanno bisogno, come sanitari chimici e kit igienici, e rendendosi disponibili a partire in un secondo momento». Magari quando nei campi profughi la situazione sarà più chiara e ci sarà bisogno di tutti. «Soprattutto di persone che, facendo esperienza qui in Italia, abbiano imparato a capire la logica e le modalità di azione dell?ente non profit che le coordina», specifica Raffaella Bolini dell?Arci. L?associazione, da tempo impegnata nei territori dell?ex Jugoslavia, attualmente raccoglie aiuti e invia volontari per gli otto campi profughi gestiti nei Balcani dal Cis (Consorzio Italiano di Solidarietà). E per chi dall?Italia intende iniziare a dare una mano ha precise indicazioni: «Datevi da fare nell?ambiente che conoscete meglio. Scuole, università e uffici possono essere un buon punto di partenza per organizzare raccolte di fondi e indumenti utilizzando il materiale informativo prodotto dall?Arci. Molto utili sono anche persone pronte a contattare aziende produttrici di cibo per bambini, integratori vitaminici, succhi di frutta, latte in polvere, disinfettanti, saponi, dentifrici e spazzolini. La cosa più importante, comunque, è cominciare coinvolgendo veramente la società civile nell?aiuto umanitario. Magari anche spiegando a chi vi sta intorno che i ?pacchi umanitari? non servono a disfarsi dei vestiti usati».

Imparare a lavorare in gruppo
A fare il volontario, insomma, si impara. Sommando esperienza a esperienza. E soprattutto cominciando da compiti semplici a capire cosa significa lavorare in gruppo ed essere flessibili. «Quando sono andato in Bosnia nel ?96 non sapevo niente», racconta Marco Turri delle Acli, un ex-volontario sul campo che oggi seleziona i curriculum inviati al sito Internetwww.acli.it/ipsia. E che aggiunge: «Non dimentichiamoci che andare a operare ?sul campo? può essere pericoloso. Che ci vogliono un?assicurazione e preparazione adeguata. Ma niente paura, c?è spazio per tutti. L?importante è impegnarsi e capire che quello del volontario è veramente un lavoro».

Il decalogo del volontariato
a cura dei volontari dell?Anpas appena rientrati
da Durazzo dove hanno costruito 3 campi profughi

1) Non partite da soli
Senza l?appoggio logistico e organizzativo di ong e organizzazioni di volontariato sareste solo di peso. E rischiereste di occupare un letto destinato ai profughi.

2) Preparatevi psicologicamente
Vivere in mezzo ai profughi è diverso che vederli in Tv. Bisogna sapere come reagire di fronte a un pianto disperato o alla rabbia di chi ha visto trucidare i propri familiari. Il tono e la gestualità con cui stabilirete un contatto sono davvero importanti.

3) Vaccinatevi contro tifo ed epatiti
Nei campi profughi il rischio di epidemie, soprattutto tbc, è grosso. Prima di partire informatevi sempre sulle precauzioni da adottare. Malati in più non servono a nessuno.

4) Non fate gli eroi
Ricordate sempre che siete al servizio degli altri. Che protagonismo e prevaricazione sugli altri non servono. Anzi.

5) Evitate di stare da soli
Muovetevi sempre in gruppo, soprattutto negli spostamenti da una località all?altra, e tenete d?occhio i vostri compagni di squadra. Meglio stare all?occhio che finire in un agguato.

6) Non trascuratevi
Mangiate sempre il necessario e fate turni di sonno per recuperare la fatica. Copritevi al punto giusto e non trascurate l?igiene.

7) Non crollate di fronte al senso di impotenza
Che, prima o dopo, provano tutti. Discutetene con gli altri e cercate di stare di buon umore. Trasmettere energia positiva a chi soffre è uno dei vostri compiti.

8) Aiutate i bambini a ristabilire un ritmo di vita normale
Se avete tempo, giocate con loro, sorridetegli. Hanno bisogno di farmaci pediatrici e giocattoli.

9) Non snobbate il volontariato in Italia
Sarà meno avventuroso ma non meno utile.

10) L?emergenza umanitaria non inizia e non finisce nei Balcani
Associazioni di volontariato e ong hanno sempre bisogno di aiuto. Insomma non fissatevi.

Medici e paramedici
? Cric (0965/812345)
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Psicologi e psichiatri
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Logisti
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? Avsi (02/5061212)

Elettricisti,idraulici,geometri,carpentieri e cuochi
? Cesvi (035/243990)
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? Cisp (06/3215498)
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Volontari per la gestione di magazzini, campagne di sensibilizzazione,
accoglienza profughi, raccolte fondi e materiali

? Dipartimento Affari Sociali (fax 06/48161459)
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? Acli(www.acli.it/ipsia)
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