Politica

Feste d’agosto, l’altra faccia del Palio. Società civile in forma di contrada

In città si nasce, ci si sposa, si muore in uno dei 17 rioni. Una tradizione che ha dato vita a opere di carità e banche. Parla un protagonista. (di Mattia Spanò)

di Redazione

Festa di passioni viscerali e di impeti violenti. Ma anche festa di solidarietà. Il Palio di Siena contiene memorie medievali, intrise di spirito di campanile fino al parossismo appunto, ma anche di slanci di mutuo soccorso. È l?universo e lo spirito della contrada, quella porzione di città in cui si nasce, ci si sposa e si muore. Magari si vive altrove, lontano. Ma i gesti e i momenti salienti dell?esistenza sono legati, indissolubilmente, a questo pezzo di Siena. E il sistema contradaiolo, a modello di quello corporativo del Medio Evo, rappresenta ancora oggi un lascito dei secoli passati. Un?eredità viva, però. Il 16 agosto, Palio dell?Assunta, oltre a 10 cavalli che corrono su una pista di tufo, si rinnova una tradizione di vita. Osvaldo Bonelli, 72 anni, già Priore della Selva, lo sa bene. «Se vogliamo dirla tutta», anticipa, «la contrada non ha un fine. Il fine è vincere, certo, portare il cavallo in piazza e vincere. Il popolo vuole vincere. Ma non è finita qui, perché nasci e muori, devi mangiare e fare il tuo lavoro, sposarti, badare ai figli. Mentre fai tutto questo sei in contrada, appartieni alla tua contrada». Vita: Ecco, parliamo delle contrade. Osvaldo Bonelli: Le contrade nascono come compagnie militari. I soldati la sanno lunga: cattiveria e cervello. Queste due cose fanno il progresso. Prendi i pellegrini sulla May Flower, mica erano degli stinchi di santo. È che l?America l?hanno fatta loro. Nemmeno noi siamo santi. O Dio o Mammona, dice il Vangelo. Vero, ma siccome noi si campa con poco, si sta un po? anche con Mammona… La Selva era una contrada di tessitori. Quando uno fatica a imparare un mestiere, poi ci tiene che quel mestiere continui, prende i figli e glielo insegna. Non vuole perdere la tradizione, per durare nel tempo, perché non ci sono limiti all?interesse umano. Così sono nate le contrade. Vita: Che poi si sono organizzate? Bonelli: Sì. Ma per organizzarsi ci vogliono i soldi. Ce li mettevano i nobili, che hanno cominciato a comandare. È sempre stato così, e non è sbagliato nemmeno al giorno d?oggi. Anche in contrada ci sono le classi. Guarda me: da piccolo, tutti mi dicevano che ero figlio del pasticciere. Gli altri hanno fatto il liceo classico. Tuttavia, l?essere figlio del pasticciere mi ha permesso d?imparare tutto quello che so. Per imparare devi guardare qualcuno che sta più in alto di te. Se sei uguale a un altro, mi dici che c?è da imparare? Questa forse non sarà cultura, ma è intelligenza. Vita: E da questa intelligenza? Bonelli: Sono nate le banche, gli ospedali, le società di mutuo soccorso, roba che va forte in tutto il mondo. Il primo ospedale del mondo è Santa Maria della Scala, fondato da un ciabattino che oggi è beato. Poi la banca, il Monte dei Paschi. Primi anche lì. Accadeva semplicemente che il carrettiere si rompesse una gamba, e la sera l?artigiano gli portava il brodo caldo a casa, a lui e alla famiglia. Dammi una mano a campare e io la do a te: ecco fatta la società del mutuo soccorso. Vita: Ma oggi la contrada cosa fa? Bonelli: Organizza cene, attività culturali di vario genere, ha le sue cucine, i suoi luoghi di ritrovo. Non si parla più di aiutare i membri della contrada, è vero, perché per quello ci sono le istituzioni, il Comune, lo Stato. E poi c?è un benessere maggiore: Siena è una città ricca, e sembra aver dimenticato la sua antica sensibilità sociale. Anche se comunque, quando qualcuno ha bisogno e si trova in brutte peste? Vita: Lo aiutate… Bonelli: Lo aiutiamo come possiamo, ma attenzione. Non lo facciamo per motivi filantropici. La verità è che facciamo questo perché siamo un popolo, punto e basta. Lo facciamo per la nostra gente. Vita: Che rapporto c?è tra le istituzioni contradaiole e lo Stato? Bonelli: Siamo passati attraverso governi di ogni genere, e un regime totalitario. Per dirne una, sotto il fascismo il clima era diverso, eravamo più controllati. Perché i regimi hanno paura dei popoli, non delle singole persone. Mussolini poteva illudersi di tenerci a bada, come Franco in Spagna faceva presidiare le corse di Pamplona dalla Guardia civìl. I regimi hanno paura del popolo, perché quando insorge o si identifica in qualcosa di tanto grande, mi dispiace ma non c?è regime che tenga. Il popolo non si ferma. Anche nel male eh, per carità. Non è che siano tutte cose belle: non so perché, ma l?uomo, se sente odore d?ingiustizia, diventa cattivo e violento, e poco incline al perdono. Perché il perdono non è roba nostra. Il perdono ce l?ha insegnato la Chiesa. Ha evitato che, in mezzo a tutte le lotte intestine e fratricide, dal conflitto coi fiorentini agli scontri per il Palio,si degenerasse. Sulla strada incontriamo il Priore della Tartuga, la contrada avversaria. Si salutano, si sorridono. Vita: Ma allora siete amici? Bonelli: Scherza? È lì il segreto! All?Oratorio del Costone, da bambini, stavamo tutti insieme: scendevamo il pomeriggio da tutte le contrade per andare a giocare. C?era un?unica biciclettina di proprietà del figlio del capostazione, dunque giocavamo tutti con quella. Come si fa a non diventare amici? Poi, durante il Palio, ce le siamo anche date, e di santa ragione, ma dopo andavamo a bere tutti quanti. Vita: Oltre al Palio, qual è la cosa a voi più cara? Ci pensa. Dietro le lenti dell?età, gli occhi s?ingrandiscono. Bonelli: Vede, credo che nonostante non sempre la dimostriamo, nonostante spesso la manifestiamo malamente, sebbene qualche volta la dimentichiamo, come spesso fanno gli uomini, credo che la cosa a noi più cara sia la nostra libertà. Mattia Spanò


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