Non profit

Per Sud e fondazioni, pronti alla battaglia

E' il polo moderato della maggioranza, ma non è per nulla remissivo. Il leader del centro ammonisce Berlusconi: "Non è il governo di un solo uomo".

di Ettore Colombo

Formalmente, l?Udc ancora non è nata, ma fa già molto parlare di sé. «Se non ci fossimo noi», sospira uno dei suoi funzionari, «quelli chissà cosa avrebbero fatto, in quest?anno». Quelli, sono parte dei leghisti e parte dei forzisti. L?anima nera della maggioranza, l?asse Bossi-Tremonti. Quelli dell?Udc invece, assieme a pezzi sparsi di FI e di An, dentro la maggioranza di governo rappresentano l?anima bianca. Moderata, cattolica, dialogante. Dorotea e pronta all?inciucio con l?opposizione, per i suoi detrattori. Temperata e sociale, a dire degli estimatori. Tra questi ultimi, anche parte del Terzo settore. Che quando vedono Bossi concionare sugli immigrati o Tremonti sparare a zero sulle fondazioni, si preoccupano. Poi, però, basta sentire un Casini, un Buttiglione, un Tabacci e si rasserenano. Siamo andati a sentire Marco Follini, probabile futuro leader dell?Udc. Vita: L?Udc vedrà la luce a novembre: congressi locali e poi congresso nazionale. Un parto difficile? Marco Follini: Abbiamo scelto una via impervia quanto singolare, di questi tempi, in politica. Crediamo infatti che debbano essere i partiti a scegliersi i loro dirigenti e le loro leadership e non il contrario. Più degli altri sentiamo l?esigenza di ripristinare una tradizione democratica, nel nostro Paese, troppo spesso perduta, negli ultimi anni. Cattive regole di una cattiva politica che vogliamo ribaltare. Vita: Follini, poi però non lamentatevi se vi indicano come rompiscatole in servizio permanente effettivo… Follini: Guardi, noi ci limitiamo a discutere. Stranamente, alla fine, dopo tanti strepiti, la maggioranza di governo finisce per convergere sulle nostre posizioni. è successo con la legge sull?immigrazione. Legge che più che Bossi-Fini chiamerei Turco-Napolitano due: non fa che accentuare alcuni aspetti di rigore già presenti in quella, infatti, senza però mandarne all?aria l?impianto solidaristico. Senza dire che, sul terreno delle migliorie al testo legislativo, la nostra battaglia l?abbiamo vinta, sia per quanto riguarda l?esercito di badanti, già regolarizzate, sia i lavoratori in nero, da regolarizzare. Sulla Bossi-Fini sono state riconosciute le nostre ragioni: credo succederà anche sulle fondazioni. Vita: Il disegno di legge che porta la firma del ministro del Tesoro è stato bocciato dal Consiglio di Stato, ma Tremonti continua a fare orecchie da mercante. Follini: Il punto debole di partenza era la scarsa chiarezza del confine tra banche e fondazioni. La riforma partiva dalla necessità di ridisegnare quel confine, ma la soluzione del problema non può stare nel suo contrario e cioè che le amministrazioni locali diventino i nuovi padroni del vapore. Il punto fondamentale del problema resta il rapporto tra politica e società, che deve essere corretto e sano. Siamo contrari all?incesto confuso tra banche e fondazioni, ma anche a un eccessivo peso degli enti locali che risponde a una distorta concezione del primato della politica sulla società. Il ruolo del Terzo settore, in tale ambito, deve essere netto e importante anche perché quel ruolo è l?unica garanzia che le fondazioni siano terminali non di volontà partitico-politiche, ma di interessi generali. Le dirò una cosa in più, una novità in vista della ridiscussione della legge che faremo in autunno, e cioè che vogliamo che venga inserita una spinta specifica riguardo al problema del Mezzogiorno, una zona del Paese dove il sistema bancario è espressione del puro risparmio e della sua raccolta, ma che non investe, anche in termini di crescita della società civile. Vita: Glielo dice lei, agli alleati di governo della Lega, che in Italia esiste anche il Sud? Follini: Io non posso accettare una concezione della politica, della società e naturalmente delle istituzioni che non sa vedere al di là del proprio naso o di una ipotetica linea Gustav. Sotto il Po, per capirci. Peraltro, questo tentativo è miope anche per ragioni tattiche: alle recenti elezioni amministrative, al Nord abbiamo accusato diverse flessioni, al Sud abbiamo fatto il pieno. E questo è il meno. Il punto vero, tuttavia, resta quello di capire che il processo federalista non può avvenire a scapito di una parte del Paese e nemmeno che si possa prevedere una sorta di ?federalismo a rate?, un errore purtroppo presente anche nel programma (elettorale e poi di governo) della Casa delle libertà. Maggioranza della quale siamo leali sostenitori, ma all?interno della quale albergano due concezioni politico-culturali: una crede, come diceva la Thatcher, che nella società esistono solo gli individui, e un?altra, la nostra, crede invece in una società fatta di tanti gradini e stadi. Quelli che una volta venivano detti ?i corpi intermedi? della società. Dopodiché, il sistema elettorale vigente vuole giustamente che il governo governi, ma il governo non può essere un uomo solo al comando. Vita: E alla sinistra cosa rimproverate, in fasi di scontro come quelle attuali sulla giustizia e sull?informazione? Follini: Di non aver fiducia nelle proprie risorse e di cercare sempre scorciatoie che la snaturano, nel tentativo di ritrovare la strada per il potere: è successo con la Lega, con Dini, perfino con Cossiga, poi con Mastella e con Di Pietro. Quali sono i confini della sinistra, mi chiedo? A mio parere la sinistra non ha bisogno né del giustizialismo né del trasformismo, e fa baccano inutilmente, sull?informazione come sulla giustizia, temi sui quali stiamo cercando di approvare dei provvedimenti seri ed equilibrati. Non alla sinistra, ma alla società civile e al Terzo settore, invece, voglio chiedere di aiutarci in quella che era una sua battaglia, una volta: la quadratura del cerchio, come s?intitolava un bel libro di Ralph Darendhorf. Una battaglia che non appartiene più allo Stato, ma che non può essere abbandonata al mercato, al fine di mettere a disposizione del Paese risorse private di solidarietà che affianchino o sostituiscano le risorse pubbliche che non ci sono più. Domandate, criticate, incalzateci. Ma non lasciate che il governo decida da solo.


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