Sostenibilità

Il caso italiano. Senti come soffia il 2010

Entro otto anni il nostro Paese dovrà moltiplicare per sei l’energia eolica prodotta. Con quali conseguenze per il paesaggio? (di Luca Leone)

di Redazione

Eolico, in Italia, è sinonimo di polemica. Da quando il decreto Bersani (decreto legislativo 16 marzo 1999, numero 79, che attua la direttiva 96/92/Ce) obbliga i produttori nazionali di elettricità a detenere una quota del 2% di produzione da fonti rinnovabili, la corsa all?eolico si è fatta sempre più serrata. Tanto che, ormai, è previsto l?impiego di generatori eolici per il 97% della potenza dei nuovi impianti di energia rinnovabile, per i quali è stata avanzata richiesta di concessione al gestore della rete nazionale. Un vero boom, sostenuto da due ragioni: la grande dotazione di venti della Penisola e l?abbattimento dei costi di produzione, a differenza di altre fonti. Oggi molti piccoli comuni appenninici sono disposti a vendere (o svendere) concessioni per la costruzione di impianti eolici a prezzi di saldo. Questo ha lanciato l?assalto dei produttori nazionali ed esteri alle nostre montagne. Il punto è proprio questo. Per produrre energia eolica, i gruppi interessati al business vanno laddove maggiore sia la presenza di vento. Questo, secondo il Comitato nazionale del paesaggio, fondato dall?ex-portavoce dei Verdi Carlo Ripa di Meana, provoca una ricaduta gravissima, «connessa alle infrastrutture che accompagnano l?installazione di scavi, manufatti, nuovi elettrodotti, oltre a chilometri di nuova rete stradale di servizio». Insomma, denunciano gli ambientalisti, la costruzione di impianti eolici, di per sé conveniente dal punto di vista ambientale data l?assenza di combustione e di emissioni inquinanti, rischia di avere un impatto distruttivo sul territorio a causa della politica seguita dai gruppi industriali e dalle amministrazioni locali, in contrasto con le problematiche di preservazione delle montagne italiane e della loro fauna (i grandi rapaci potrebbero facilmente diventare vittime delle pale delle torri eoliche). Ciò nonostante, quella eolica appare l?alternativa più immediata e conveniente per ridurre l?impatto delle emissioni nocive nell?atmosfera, come conseguenza della produzione di energia elettrica da materie prime fossili, e per rispettare gli impegni sottoscritti a Kyoto. Proprio in virtù del rispetto di questi impegni l?Italia dovrà investire entro il 2010 circa 40mila miliardi, per ridurre le emissioni di gas serra nell?atmosfera. E gli attuali 500 Mw per quella data dovranno diventare almeno 3mila. Ma le società energetiche hanno fiutato il business. Così si spiegano progetti come quelli dei parchi eolici Orion di Montecavallo e Serravalle e Perseus di Sefroe Fiuminata, nelle Marche (lungo la rotta migratoria di alcune specie di uccelli); di Caltabellotta e Sclafani Bagni, in Sicilia; e le recenti affermazioni dell?assessore all?Ambiente della Regione Toscana, Tommaso Franci (Verdi), secondo cui «lo sviluppo della produzione eolica è un obiettivo strategico della legislatura». Il che vuol dire che, nei prossimi anni, 20-30 parchi eolici con l?obiettivo di produrre 300 Mw. I comuni, incalzati dal bisogno di denaro e dalla richiesta da parte di molti cittadini di ?politiche verdi?, cominciano a occuparsi di eolico. Ma molti amministratori non hanno ben presente che cosa voglia dire valutazione di impatto ambientale. Concetto, invece, caro al Wwf che ha chiesto alla Regione Toscana «una moratoria per capire quali siano i criteri e le linee guida del progetto». Come spiega Guido Scoccianti: «Come e dove fare questi impianti? Quali valutazioni strategiche e di impatto ambientale? Parchi e aree protette sono esclusi?». Luca Leone


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