Cultura

Vaticano: il Nord non fa abbastanza per il Sud del mondo

Diarmuid Martin, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l'Onu al Meeting di Rimini

di Redazione

”Passare dalla conflittualita’ alla collaborazione” e’ la nuova parola d’ordine che il Vaticano intende consolidare nel rapporto tra Nord e Sud del mondo per rilanciare lo sviluppo, finora del tutto insufficiente. E’ stato mons. Diarmuid Martin, un presule statunitense, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di Ginevra per il commercio mondiale a farsene carico intervenendo a proposito di lotta al sottosviluppo, al meeting. Il Nord – secondo Martin – non ha fatto e non fa abbastanza per il Sud limitandosi piu’ a criticare che a creare premesse di un rapporto paritario. Il bene comune – secondo Martin – e’ un principio molto cattolico perche’ attiene la dimensione universale che non deve mai mancare neppure quando si parla di bilanci e di dimensioni nazionali. E per conseguirlo la via migliore e’ quella di passare dalla conflittualita’ alla collaborazione. Contrariamente all’ambasciatore Umberto Vattani, rappresentante permanente dell’Italia presso la Commissione europea, che aveva magnificato i progressi segnati dal G8 di Genova, mons. Martin ha concordato con le Ong che di quel vertice hanno dato un severo giudizio, specialmente nei confronti dei provvedimenti per l’Africa e della percentuale del Pil destinata ai Paesi in via di sviluppo. Ma – secondo Martin – non e’ solo la percentuale del Pil (che deve migliorare ed essere effettivamente versata senza decurtazioni) che potra’ garantire il passaggio dalla conflittualita’ alla collaborazione tra Nord e Sud. Si devono cambiare tante altre cose. ”Soprattutto – ha detto in una intervista all’Asca – nei rapporti commerciali, nel protezionismo dei paesi del Nord in campi come l’agricoltura, che in effetti rendono poco utili i fondi messi a disposizione. Se non si lascia ai paesi in via di sviluppo la possibilita’ di crescere e di stabilire rapporti commerciali normali, soprattutto da parte di chi ha dei vantaggi, allora non serve fare altre cose. Credo che è soprattutto nel campo della formazione che non si e’ fatto abbastanza nei confronti di paesi in via di sviluppo. Si parla ad esempio di buon governo, si criticano per questo i paesi poveri. Ma se questi paesi non hanno sistema giudiziario, un servizio di polizia preparato, non ci sara’ mai un sistema di Stato di diritto efficace. Occorre investire sempre e anzitutto sulla capacita’ delle persone e delle comunita’. Cio’ significa anche movimento della societa’ civile.Democrazia non e’ semplicemente partiti ed elezioni, democrazia e’ partecipazione a tutti i livelli della societa”’. Ma attualmente il mondo occidentale, Stati Uniti in testa, hanno soprattutto la preoccupazione della loro sicurezza e quindi di reprimere veri o presunti aggressori. Una preparazione costante della guerra non porta a dimenticare invece la sua preoccupazione di far prevalere la collaborazione? Martin – Certo. Anzi occorre dire che qualche volta si cerca di identificare qualche paese povero come colpevole di certe azioni terroristiche. Credo che bisogna davvero passare dalla conflittualita’ alla cooperazione, creare nuovi modelli. Anche nella lotta contro il malgoverno e la corruzione, non e’ necessariamente al primo posto la denuncia ma occorre mettere a disposizione dei paesi poveri i mezzi tecnici per migliorare le loro capacita’ di avere servizi pubblici onesti. Senza dimenticare che neppure al Nord abbiamo solamente modelli di pubblica onesta’ sia nella vita commerciale, sia finanziaria, sia politica. Il suo invito a passare dalla conflittualita’ alla collaborazione e’ rivolto anzitutto alla societa’ civile perche’ collabori senza contestare le decisioni dei governi, o lo rivolge ai responsabili dei paesi? Martin – E’ un invito rivolto a tutte le realta’ specialmente del nord, anche al settore privato, al settore del business. L’interesse per il bene comune universale deve diventare una dimensione dell’interesse nazionale di qualsiasi stato. Se si perde di vista il bene comune universale a livello locale non si avra’ neppure una stabile economia. Il Nord deve aprire i mercati al Sud e accrescere le loro capacita’ commerciali. Questo XXI secolo deve diventare il secolo dell’equita’ tra le nazioni, non un secolo dello scontro. Non dovremmo fare della globalizzazione una nuova ideologia schierandoci pro o contro. Occorre valutare invece con senso critico i problemi e le questioni che essa pone. Lei valuta con severita’ e critica anche l’atteggiamento dell’amministrazione Bush che pare muoversi prevalentemente in funzione del conflitto e della guerra? Martin – Occorre fare una verifica seria. Dove c’e’ rispetto dei diritti umani bisogna saperlo riconoscere. Dove questo rispetto non c’e’, occorre prendere delle misure. Ma un tale principio deve essere applicato in eguale misura a tutti i paesi: del nord e del sud , piccoli o grandi e potenti.


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