Cultura

Rifugiati: la città dice no agli Interni. Venezia solidale, quindi ribelle

Intervista all’assessore Beppe Caccia: "Lo Stato voleva che abbandonassimo 70 profughi su 100. Abbiamo detto di no". (di Barbara Pianca)

di Redazione

Primavera 2002 a Venezia, come in tutti gli altri Comuni coinvolti nel Pna, il Programma nazionale di asilo, arriva una circolare del ministero degli Interni. Sibillina: tagliare del 70% le presenze di richiedenti asilo nei territori comunali, sulla base di una tabella graduata. «Per noi significava mettere in mezzo a una strada 70 dei nostri 100 accolti», dice Beppe Caccia, assessore alla Politiche sociali della giunta rossoverde di Paolo Costa. Lui è uno di quelli che ha detto di no. «Ci siamo rifiutati». Prima di quella circolare c?era stato un cospicuo taglio in Finanziaria agli stanziamenti per il Piano. Vita: Qual è il primo problema che un richiedente asilo incontra a Venezia? Beppe Caccia: Si tratta spesso di un irregolare e, per questo, gli è difficile ottenere il riconoscimento. Viene trattato come un migrante clandestino e, senza che ci sia un traduttore a prospettargli la possibilità e le modalità della richiesta di asilo, vengono avviate le procedure di rimpatrio. Nel caso, frequente, di cittadini curdi con passaporto turco, reimpatriarli significa consegnarli nelle mani dei loro aguzzini. Da tempo stiamo cercando di organizzare un punto di accoglienza e informazione ma ci ostacola l?indisponibilità della polizia di frontiera. Vita: Voi sostenete la causa dei richiedenti asilo anche con l?adesione al Pna… Caccia: Sì, Venezia è un punto tradizionale di snodo oggi raggiungibile attraverso diverse ?porte?: l?aeroporto, la tangenziale e il porto marittimo. Abbiamo assistito quindi, nella seconda metà del 2001, oltre 140 persone. Per la maggior parte sono cittadini curdi con passaporto turco, ma arrivano anche esuli da Sierra Leone, Cecenia, Iraq e Afghanistan. Forniamo un letto a chi attende la risposta alla richiesta d?asilo, ma sono in atto anche diverse attività di accompagnamento del progetto, legate all?assistenza sanitaria, ai corsi di italiano, alla socializzazione come il ?Caffe? Esilio?, luogo di incontro dei richiedenti asilo con la città. Vita: Finché non è arrivata la finanziaria… Caccia: Che ha azzerato le risorse governative per il Pna e così abbiamo dovuto far conto solo sulle risorse del Fondo europeo rifugiati. Ci sono venuti a mancare circa 350mila euro. Vita: E quali danni sono preannunciati dalla Bossi-Fini? Caccia: A me preoccupa non tanto il testo attuale della Bossi-Fini, ma i suoi prossimi decreti e le circolari attuative. La legge è ambigua e suscettibile a diverse concretizzazioni. C?è il rischio che si arrivi a un modello tedesco anni 50, con strutture chiuse che ricordano molto i nostri centri di permanenza temporanea istituiti dalla Turco-Napolitano. Cosa ne pensiamo? Per anni ci siamo opposti alla richiesta del ministero degli Interni di turno di localizzare sul nostro territorio un centro di permanenza temporaneo… Vita: Un?altra disobbedienza? Caccia: Una scelta politica. Per noi queste strutture sono incostituzionali. L?impressione è che questo modello di tipo detentivo voglia essere applicato anche nei confronti dei richiedenti asilo. Vita: Ma l?emendamento che siete riusciti a ottenere apre le porte alla speranza… Caccia: Sì, Comuni, Alto commissariato e il Consorzio italiano di solidarietà hanno ottenuto l?istituzionalizzazione del Pna. L?emendamento che siamo riusciti a far approvare alla Bossi-Fini prevede che, dal 2003, gli interventi dei Comuni siano all?interno del Pna. Rimane sempre aperto, però, il problema dell?anno in corso. Ma non demordiamo, anzi, stringeremo i denti perché vogliamo fermamente che il prossimo anno lo Stato ci aiuti a sostenere tutti e 100 i nostri rifugiati, e non solo i 30 che secondo gli Interni dovevano rimanere! Barbara Pianca Loreto: Scalabriniani a convegno sull?immigrazione «Non è un problema di polizia» È una legge nata dalla paura, una legge che mantiene una promessa elettorale formulata da alcune forze della maggioranza parlamentare. L?aspetto più negativo è che si tratta soprattutto di una legge di polizia, di contenimento, non di una legge che favorisca l?inserimento degli immigrati nel nostro contesto sociale, culturale e produttivo. E l?esperienza ci dice che leggi di questo tipo non frenano l?immigrazione clandestina». Va giù duro sulla Bossi-Fini padre Silvano Guglielmi, sacerdote scalabriniano e segretario generale del Meeting internazionale sulle migrazioni, che dal 29 luglio al 3 agosto tiene banco in quel di Loreto. Organizzato dagli Scalabriniani e dall?associazione ?Nessun luogo è lontano? che, sul tema immigrazione, hanno le idee chiare: «A nostra disposizione abbiamo solo la scelta dell?atteggiamento da assumere verso i fenomeni migratori: difenderci e respingere gli invasori, o farli diventare un?opportunità. L?immigrazione è però un fatto inevitabile e non risolvibile con le sole ordinanze di polizia, ma questo, purtroppo, non tutti l?hanno capito?». È un meeting che celebra Giovanni Battista Scalabrini, vescovo di Pavia, proclamato beato nel 97 che tanto aiutò gli italiani emigranti di fine Ottocento. Alla manifestazione marchigiana, tanti ospiti illustri: dal cardinal Tonini al leader della Cisl, Savino Pezzotta, da Rosy Bindi sino al presidente della Camera, Casini. Ciampi e Prodi partecipano con un saluto epistolare. Un meeting, quello di Loreto, che offre uno spaccato delle diverse situazioni che vivono oggi gli immigrati d?Europa. Giuseppe Lanzi Info: Sito Internet Meeting di Loreto


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