Cultura

Chi sono oggi i costruttori di fiducia?

A Parole O_Stili 2018, in corso oggi a Trieste, verrà presentata la ricerca di RENA “Trust in progress. Viaggio alla scoperta dei nuovi costruttori di fiducia”. Un'anteprima

di Sara De Carli

Che cos’è la fiducia? E chi è oggi “costruttore di fiducia”? Da anni le ricerche dicono che le organizzazioni tradizionali hanno progressivamente perso la capacità di essere intermediari di fiducia: partiti, sindacati, media, organizzazioni religiose, corpi intermedi, imprese, persino lo Stato… i cittadini di tutti questi soggetti si fidano sempre meno. Volontariato, associazionismo e comunità virtuali appaiano più vitali, «ma ci stiamo accorgendo che questi mondi sembrano non avere (ancora) la forza di costruire visioni unificanti». Parte da queste domande “Trust in Progress”, il progetto di RENA al cui interno è nata la ricerca “Trust in progress. Viaggio alla scoperta dei nuovi costruttori di fiducia” che verrà presentato oggi a Trieste all’interno di Parole O_Stili 2018, dedicata a “Quando le parole sono un ponte”. Un appuntamento che vedrà riuniti mille esperti della rete, giornalisti, manager, politici, docenti, comunicatori, influencer persone e professionisti provenienti da tutta Italia, docenti, psicologi, avvocati, rappresentanti della PA, legate dalla volontà di promuovere un dialogo per contrastare il linguaggio dell’odio in rete e non solo.

Duecento interviste a “testimoni privilegiati” nate dalla volontà di ragionare perché «quello che abbiamo bisogno di fare è riportare al centro del dibattito pubblico la necessità dell’incontro, anche se questo comporta conflittualità. Nessuno può più permettersi di rintanarsi. E la fiducia nell’altro e nelle istituzioni ci sembra essere una delle precondizioni per il ritorno alla vita pubblica di più soggetti possibili, singoli e collettivi, vecchi e nuovi», afferma la ricerca.

Abbiamo bisogno di riportare al centro del dibattito pubblico la necessità dell’incontro, anche se questo comporta conflittualità. Nessuno può più permettersi di rintanarsi. E la fiducia nell’altro e nelle istituzioni è una delle precondizioni per il ritorno alla vita pubblica di più soggetti possibili, singoli e collettivi, vecchi e nuovi

Rena


La fiducia appartiene a pieno titolo alla sfera dei fenomeni complessi, quelli che caratterizzano il nostro tempo, e in quanto tale ha a che fare essenzialmente con la connessione tra le parti: non è un oggetto. La fiducia è «per le forme sociali quello che l’aria pulita è per gli esseri viventi», dice Ezio Manzini oppure è «quell’elemento che cambia la natura e l’esito di una relazione, sia essa economica, sociale o istituzionale. Chi genera fiducia è visibile innanzitutto per la capacità generativa che nasce nei pressi della sua azione e si manifesta in più collaborazione, più cooperazione, più comunità, più civismo, più equità, più innovazione sociale. L’esito della fiducia è un surplus», dice Paolo Venturi. La fiducia «è un bene comune , in quanto irrinunciabile per una società sana».

Se tutto ciò è vero, dice il report di RENA, «la strategia più adatta non è la creazione di un oggetto, ma la ricerca accurata di un metodo (il come più che il cosa), capace di creare le condizioni per cui risulti conveniente investire in un incremento della propria affidabilità»: la sfida non è tanto creare fiducia ma creare le condizioni per cui ha senso avere fiducia. In quest’ottica l’unica prospettiva possibile per approcciare il tema sembra essere quella del dialogo. La crisi della fiducia, la perdita di credibilità delle istituzioni, la mancanza di un sistema meritocratico, la “ de-responsabilizzazione ”, un individualismo dilagante… sono queste le “diagnosi” più ricorrenti. Ma poi? Chi è un “generatore di fiducia ”? E quali caratteristiche ha? La seconda parte del report lavora su questo.

Stando sul piano degli individui, il generatore di fiducia «è una persona generosa, pronta al dialogo, che antepone l’interesse collettivo a quello personale. Una persona che lavora con entusiasmo, passione, impegno e, soprattutto, è inclusiva. Un individuo, dunque, disponibile, capace di motivare il prossimo ma soprattutto di ascoltare, tema ricorrente in quanto legato alla capacità di rispettare e valorizzare la diversità. Il tema del rispetto è trasversale, sia esso rispetto per la diversità, sia esso rispetto degli impegni presi». Il generatore di fiducia «è anche chi vive la propria realtà in maniera collaborativa, creando comunità con i propri vicini o chi sa condividere, trasmettendo quello che possiede, non necessariamente in termini materiali, con generosità e nell'interesse di tutti».

Ci sono poi i generatori di fiducia come soggetti collettivi: attori del mondo dell’associazionismo di ogni tipo, del non profit e delle comunità di innovatori civici, change makers. Tra gli elementi ricorrenti, per loro, vi è quello l’efficacia della comunicazione e la “visionarietà”, «ossia la capacità del soggetto collettivo di darsi una visione, di saperla comunicare con efficacia ma soprattutto di saper coinvolgere i propri membri, trasformandola in una visione collettiva». Altre caratteristiche sono la trasparenza rispetto al metodo di azione e agli obiettivi delle attività portate avanti, la capacità di generare cambiamento, la condivisione.

Dove ha senso cercarli, gli intermediari di fiducia? La stragrande maggioranza delle risposte punta il dito in una direzione chiara: associazioni, realtà civiche, gruppi di acquisto solidale, costruttori di coesione. Inutile cercare soggetti di questo tipo attraverso percorsi teorici, serve piuttosto privilegiare l’azione e ciò che già esiste e si muove nella società, riconoscerlo e riconoscerne il valore

«Ma dove ha senso cercarli, gli intermediari di fiducia?» si chiede a questo punto il report. «La stragrande maggioranza delle risposte punta il dito in una direzione chiara: associazioni, realtà civiche, gruppi di acquisto solidale, costruttori di coesione. Soggetti con una buone dotazioni sia a livello relazione che economico. Operatori sociali, reti di territorio, circoli Arci, cooperative di comunità, associazioni culturali, espressioni della cittadinanza attiva più o meno organizzate: dovunque ci sia un regolamento sui beni comuni, può esserci un giacimento di fiducia e capitale sociale a cui attingere, ma anche ovunque ci sia una social street. Intercettarli, però, «non è così facile come potrebbe sembrare anche perché esistono diversi livelli di influenza e la fiducia è più facile da costruire e mantenere in contesti di prossimità, a un livello micro piuttosto che macro». Il consiglio che emerge «è tanto semplice quanto complesso: inutile cercare soggetti di questo tipo attraverso percorsi teorici, serve piuttosto privilegiare l’azione e ciò che già esiste e si muove nella società, riconoscerlo e riconoscerne il valore».

«Il nostro è un invito aperto ad ingaggiarsi e sperimentare, attorno ad un tema di forte rilevanza pubblica», scrive RENA nelle conclusioni. «Quel che accadrà effettivamente dipenderà, oltre che dal nostro impegno, dalle energie e dalla visione di chi vorrà raccogliere idealmente il testimone in questa impresa collettiva. Per questo mettiamo a disposizione di tutti, senza alcun vincolo, gli esiti di un percorso che è stato possibile grazie all’impegno di tanti. È anche questo in fondo, ce lo avete confermato, un gesto potenzialmente generativo. Speriamo possa generarne molti altri».

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.