Non profit

Upgrade Volontariato: il caso delle organizzazioni di secondo livello

Problematiche di governance e politica nelle organizzazioni complesse; ovvero, i passi falsi da evitare

di Carlo Mazzini

Dopo tanto cercare, l’ho finalmente trovato! Sto parlando del quadro sinottico delle proposte di modifica della L. 266/91, dove si possono confrontare: – il testo di legge vigente – le modifiche del dicembre 2000 dell’Osservatorio nazionale del Volontariato – alcune riflessioni scaturite nell’incontro del 20 aprile 2002 – un primo testo licenziato dal Gruppo di lavoro dell’Osservatorio Nazionale in data 23 giugno 2002 L’ho trovato qui nel sito ufficiale del Collegamento Nazionale dei Centri di Servizio del Volontariato . (Attenzione; se volete stamparlo, dovete girare e rimpicciolire il formato). Le modifiche prospettate sono limitate nel numero e, credo, anche nelle conseguenze che porteranno sulla realtà sociale, se mai il legislatore provvederà a farle divenire testo di legge. Concentriamoci solo su di una proposta, molto sponsorizzata dalle organizzazioni; mi riferisco a quella inserita all’articolo 3 e riguardante la questione dei coordinamenti, federazioni, organizzazioni di secondo livello , di quegli enti, in buona sostanza, che rappresentano ad un livello territoriale più ampio i propri iscritti, ovvero persone giuridiche, accomunati da scopi, da attività esercitate, a volte da parte della denominazione. Come comprendete, vi è persino difficoltà a definire tali enti, i quali prolificano nella realtà del non profit, si attardano nella dottrina giuridica (ed in stretta parte anche nella giurisprudenza), e dei quali si scorgono solo tracce – come direbbe un chimico – nella legislazione. Tale assenza produce effetti imbarazzanti dal punto di vista giuridico, e mi riferisco ora al caso specifico di riscrittura della legge 266/91 (Cfr. quarta colonna del quadro sinottico, Gruppo di lavoro Oss. Naz. 23.06.02, art. 3, c. 1 bis, 2 bis, 3 bis). A quale tipologia di persona giuridica sono assimilabili queste che ora definiamo – per comodità – organizzazioni di secondo livello? Sono, nella generalità dei casi, enti di tipo associativo, per i quali è sempre più difficile applicare le norme (ad esempio) che non ammettono il voto per delega e che impongono un livello assoluto di democraticità. Ed è per questo che, tra le proposte suggerite, ci si rifà ad una comoda quanto discutibile norma precedente (legge sull’associazionismo L. 383/00) che permette un’ampia deroga all’obbligo alla democraticità della struttura, deroga peraltro concessa (quindi decisa) di volta in volta dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Bel modo per rimanere indipendenti dal potere politico! Qui si parla di dare una forma ed un contenuto alla governance di enti che spesso rappresentano interessi diffusi di ampie communities. Invece di immaginarsi automatismi (certamente non semplici da inventare), si dà il potere ad un ministro di decidere i meccanismi di elettorato attivo e passivo di una certa organizzazione privata di secondo livello col rischio, in definitiva, che esso scelga persino gli eletti. Prima di offrire una sponda così facile al mondo politico – sempre voglioso di collocare mansueti nei posti di comando delle proprie controparti -, proverei a simulare sistemi differenti e più rispettosi della natura privatistica dell’organizzazione di secondo livello. Suggerisco, ad esempio, di andare a distinguere le organizzazioni che riuniscono enti omogenei per attività principale svolta e che ne condividono un brand (AVIS, AUSER, etc.) da quelle altre (p.e. Summit della solidarietà, Centro nazionale per il volontariato …) che perseguono finalità trasversali (la promozione del volontariato, la collaborazione profit / non profit …) e comuni ai propri soci ma che per questi ultimi NON rappresentano LA FINALITA’ principale. Tale distinzione codificherebbe e quindi permetterebbe, ai secondi, lo svolgimento di un’attività “generica”, ancorché indiretta, di solidarietà sociale. Spingendoci oltre, si potrebbe definire una deroga anche alla prevalenza dell’attività volontaria, dato che in tali strutture il lavoro professionale ha una naturale maggiore intensità rispetto a quanto succede per le organizzazioni di base. Credo che più ci inoltriamo sulla vera natura di tali enti (qui comprendo anche quelli omogenei per attività), e più ci accorgiamo come vi sarebbe bisogno di una normativa specifica, anche al di fuori del tema del volontariato, con le potenzialità ed i rischi che una norma ultraspecialistica porta con sé; potenzialità e rischi che il non profit conosce bene, avendo esso stesso promosso o appoggiato basi normative polverizzate e poco coese. Carlo Mazzini Area Non Profit Studio Legale Tributario associated with Ernst & Young (Vedi anche Volontariato: upgrade di una legge )


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