Famiglia
Immigrazione: sinistra non ti nascondere
La legge Fini-Bossi una vergogna nazionale. Dall'indignazione di alcuni saggi al silenzio della politica. In anteprima l'editoriale di Marco Revelli sul numero di Vita in edicola
Si sono indignati alcuni saggi (laici e credenti, soprattutto credenti). Sono insorti in modo istintivo e ragionato alcuni uomini di buona volontà, quelli che in genere conoscono gli effetti sociali delle leggi per esperienza diretta, sul terreno. Si sono mobilitate molte strutture di volontariato. La politica, invece, è rimasta fredda: l?opposizione, dopo aver protestato un po? in parlamento è passata rapidamente oltre. Parlo della legge Fini-Bossi. Di quella vergogna nazionale che è la nuova legge sull?immigrazione.
Eppure di ragioni per un gesto collettivo forte e non equivoco di ripulsa, ce ne sono da vendere. Intanto per lo spirito che anima la legge: l?assunzione esplicita, anzi proclamata, dell?immigrazione come fonte di pericolo. Come problema da fronteggiare con misure di contenimento, di controllo e di repressione. E dell?immigrato, dello straniero, come potenziale nemico: presenza ostile contro cui premunirsi.
In secondo luogo per il vulnus che essa ha inferto alla moderna concezione giuridica del lavoro, fondata sullo status di cittadino formalmente libero riconosciuto al lavoratore, reintroducendo surrettiziamente, e, appunto, sotto la copertura di una necessità ?oggettiva? di filtrare i flussi in entrata, una vera e propria forma di lavoro servile. Nient?altro che ciò è infatti l?istituto del ?contratto di soggiorno? con cui si fa dipendere il riconoscimento del diritto all?esistenza dell?immigrato sul nostro territorio dal permanere del rapporto di lavoro contrattualmente stabilito (come condizione per l?ingresso) con un qualche ?padrone? da cui dipenderà, d?ora in poi, in tutto e per tutto, il destino del malcapitato: la sua intera vita, non solo la sua attività lavorativa, ma l?alloggio, il vitto, la possibilità di circolare liberamente per le vie e trovare un qualche riconoscimento ?pubblico? dal momento che, qualora perdesse quel lavoro, sarebbe ?ri-deportato? nel proprio Paese d?origine a spese dello stesso ?ex proprietario? (rifiuto solido da smaltire a carico dell?utilizzatore), o finirebbe per rimanere come anima morta sul territorio, carne non cristiana da destinare a uno dei potenziati ?centri di permanenza provvisoria?. Uno ?schiavo post industriale legittimamente certificato, solo un gradino più su rispetto alla massa degli altri, dei clandestini puri, quelli che già esistono a decine di migliaia e che non saranno regolarizzati, e quelli che a essi inevitabilmente si aggiungeranno, perché contro la disperazione non ci sono muri che tengano, né barriere sorvegliate, né mani militari che possano fermare chi fugge la fame e la morte.
Ad essi toccherà l?inferno dello sfruttamento selvaggio e invisibile (tanto più selvaggio quanto più invisibile): un?esistenza vissuta nella paura, nell?incertezza, nella precarietà più assoluta, con tutto da perdere e assai poco da guadagnare, le condizioni peggiori, in cui inzupperanno il pane tutte le organizzazioni illegali, le mafie nostrane e d?importazione, i trafficanti di morte e di vite, esattamente quello che si dovrebbe combattere e che invece, con provvedimenti di questo stampo, si riproduce su scala allargata.
Questo rimane uno strano Paese. Si proclamano scioperi generali (che considero sacrosanti, e dichiaro fin d?ora che li farò tutti, fino all?ultimo) a difesa dell?art. 18. Si fa uno sciopero della fame e della sete, rischiando letteralmente la vita in nome della Costituzione, per qualche seggio non assegnato (con tutto il rispetto per Marco Pannella). E poi si lascia passare così, ?sotto traccia?, magari accontentandosi della mini sanatoria per colf e badanti e della promessa del decreto di regolarizzazione, questo obbrobrio che cancella d?un colpo, assieme alle più sacre Carte dei diritti dell?uomo e dei lavoratori, almeno tre secoli di cultura giuridica e duemila anni di predicazione cristiana. Non so se sia realistico, ma mi auguro che una massiccia, capillare obiezione di coscienza surroghi l?assordante silenzio politico seguito all?approvazione di questa legge del disonore.
E ancora, sul numero in edicola:
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