Famiglia

Formazione, Italia maglia nera dell’Europa

Lo dice l'Istat. Ma qualcosa sta cambiando

di Redazione

Tra le stelle del firmamento europeo l’Italia non brilla quanto a risorse investite in formazione del personale. Una inversione di tendenza pero’ sembra avviata: negli ultimi anni (precisamente dal ’93 al ’99), infatti, la percentuale di imprese italiane con 10 e piu’ addetti che hanno svolto una o piu’ attivita’ di formazione e’ passata dal 15% al 23,9%. Un incremento incoraggiante che non riesce comunque a far competere il nostro paese con i partner europei, ad eccezione del Portogallo. E’ l’Istat a fotografare il panorama della formazione nelle imprese italiane riferito all’anno 1999. La modesta propensione alla formazione e’ riconducibile, in Italia, alla prevalenza di piccole imprese, tradizionalmente poco inclini ad investire in questo tipo di attivita’. Infatti, la percentuale di imprese che hanno svolto formazione per il proprio personale, pari al 16,3% nella classe di imprese con 10-19 addetti, raggiunge l’81,2% in quella con almeno 250 addetti. Tuttavia, anche per queste ultime, la propensione alla formazione e’ significativamente inferiore a quella rilevata in altri paesi europei. Molteplici sono le ragioni: la principale (indicato nel 72,9% dei casi) e’ che si ritengono sufficienti le competenze professionali gia’ possedute dal proprio personale. Di rilevanza assai minore sono la mancanza di tempo disponibile da parte del personale (20,6%), la disponibilita’ di nuove competenze acquisite mediante l’assunzione di personale specializzato (18%), la difficolta’ nel valutare le proprie esigenze in termini di formazione (16,9%), i costi troppo alti della formazione (15,1%), la possibilita’ di acquisire apprendisti e contrattisti di formazione-lavoro su cui investire in formazione (12%) e, infine, l’aver gia’ svolto formazione negli anni precedenti (5,2%).


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