Welfare

Caro ministro Stefani: si può fare anche senza portafoglio

La leghista Erika Stefani presiederà il ministero per le Disabilità. Un ruolo senza portafoglio ma che dovrà essere trasversale e intervenire sui programmi e sulle norme di tutti gli altri dicasteri, vista la natura del tema che tratta, che investe tutti i momenti della vita civile delle persone. Ecco tutti i nodi da affrontare

di Carlo Giacobini

Alla fine Salvini è passato all’incasso non solo ottenendo il ministero per le Disabilità (questa volta non abbinato alla famiglia che viaggia assieme alle pari opportunità), ma piazzando per la terza volta uno dei suoi: dopo Fontana e Locatelli si apre l’era di Erika Stefani (foto).

E sia. Al neoministro vanno, senza ironia né obtorto collo, i nostri migliori auguri ché ne ha bisogno eccome viste le innumerevoli istanze irrisolte ancora su piatto complice l’immobilismo e il rallenty degli ultimi anni e lustri.

Può anche essere che, complice la contestuale autorevolezza di Mister Draghi e la annunciata elevata qualità tecnica della nuova compagine governativa, riesca in una sfida per ora imbattuta. Non cadremo nell’inganno di alzare l’indice contro il fatto che si tratta di un Ministero senza portafoglio. È argomento troppo basico – nemmeno del tutto vero o tecnicamente significativo – per distrarci dal nocciolo di analisi più sensate e anche più radicali.

La disabilità è un tema trasversale che investe tutti i momenti della vita civile e quindi il ministro più che avere un portamonete dovrebbe riuscire a ravanare nei portafogli dei colleghi, a intervenire sui loro programmi, a incidere sulle norme che, ordinariamente o straordinariamente, riguardano tutti i cittadini. Le persone con disabilità e le loro famiglie sono cittadini, non una parte di essi, non un nucleolo a cui dedicare, quando va bene e con tempi biblici, solo leggi speciali.

E il primo banco di prova è proprio in PNRR (Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che sulla disabilità è dannatamente debole e deludente. Lo è sul tema del lavoro, dimentico, ad esempio, dell’esclusione vissuta dalle persone con disabilità intellettiva e relazionale e del necessario ripensamento in queste direzioni dei servizi per l’impiego. Lo è sulla non autosufficienza fenomeno che investe e spesso devasta le famiglie e i caregiver sovraccaricandoli, impoverendoli, marginalizzandoli.

Lo è nella sostanza sulla scuola, una scuola differente e generativa di esperienze nuove. È assente sul versante sull’accessibilità dell’innovazione tecnologica, dei trasporti, della qualità urbana, della cultura, del turismo. E lo è nella sanità. Quelle grandi riforme che si prospettano per il Paese e per i suoi cittadini non sono permeate da una assunzione della disabilità come elemento da considerare in qualsiasi progetto sociale. Nel PNRR troviamo qualche riferimento alla “residenzialità”, a cohousing, ma ad essere malfidenti non si può non temere che sia il solito “dopo di noi” di cartongesso, quello che divide vecchie strutture o comunità da 20, 50, 100 posti in alloggi da 4, con separé appunto di cartongesso, ma senza alcuna visione, senza investimenti per risorse professionali che possano accompagnare e garantire una vita dignitosa, una vita adulta, o il diritto ad invecchiare. Troviamo nel PNRR anche accenni alla vita indipendente, ma quando i relativi progetti usciranno lo sperimentalismo che divide le persone con disabilità in quelle di serie A e di serie B?

E dopo aver incalzato sul PNRR la neoministro dovrebbe avere la forza, ed essere messa nelle condizioni di farlo con robuste deleghe, di affrontare da pari i colleghi.

  • Lì ce n’è per tutti. Con Patrizio Bianchi (istruzione) dovrebbe gestire la patata bollente delle nuove Linee guida per l’inclusione scolastica, malamente approvate dal suo predecessore e causa di fortissime riserve e proteste fra le famiglie e gli operatori più sensibili, con il comitato #NoEsonero che sembra un fiume in piena a cui dare risposte veloci e convincenti. Ma a parte questa emergenza dovrebbe porre come nuovo traguardo l’opportunità che la scuola diventi luogo che accompagni alla transizione alla vita adulta, che consenta di sperimentare, di vivere esperienze vocazionali, di avvicinarsi al territorio, al contesto di riferimento contaminandosi e generando una più diffusa comunità educante.
  • Con Andrea Orlando (lavoro) e con Elena Bonetti (pari opportunità e famiglia) dovrà trovare una intesa sulla gestione dei fondi attualmente disponibili e su quelli futuri: fondo non ausufficienze, fondo per le politiche sociali, fondo caregiver, fondo per il “dopo di noi”. Non di rado in passato la diffusa competenza, le incerte attribuzioni e la dissonanza di visioni ha prodotti ritardi insostenibili e produzioni normative traballanti. E con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di questioni aperte ce sono molte altre, ad iniziare dalle Linee guida sull’inclusione lavorativa previste nel 2015 e ancora lettera morta segnale del conto in cui tengano le politiche attive per il lavoro; alla correzione dello strumento dell’ISEE che ancora considera patrimonio le pensioni e le indennità accantonate per un temuto domani; al ripensamento dello strumento del reddito di cittadinanza che non considera la disabilità come elemento di impoverimento, al riforma dei criteri di riconoscimento della condizione di disabilità; alla infrastrutturazione rapida di un servizio sociale nazionale. E questo solo per iniziare il cammino verso un welfare differente, generativo, equo in cui comandino le soluzioni e i progetti personali e non l’ansia della compartecipazione.
  • Con Speranza (salute) la Stefani avrà l’imbarazzo della scelta, ma se tiriamo la paglia la prima che esce è lo stato di attuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza, non solo nella parte, ancora lontanissima dall’essere applicata in modo omogeneo e certo, della fornitura degli ausili, ma anche della presa in carico delle disabilità complesse, delle malattie rare, delle patologie cronico degenerative, del decadimento cognitivo, dei servizi di prossimità e domiciliari.
  • Corro veloce su altri ministri, per non tediare il Lettori. Con Lamorgese (interni) dovrebbe riprendere il tema dell’esercizio del diritto di voto (che ha ancora molte falle) e quello, oggi totalmente ignorato, dell’esercizio di ruoli politici e di amministratori locali di persone con disabilità. Con lo stesso ministro andrebbe aggredita la vergogna delle violenze e degli abusi sugli anziani e sulle persone con disabilità, tema da affrontare anche con la collega delle pari opportunità (Bonetti) giacché investe in modo significativo le donne con disabilità.
  • A Marta Cartabia (giustizia) dovrebbe chiedere conto di quale fine abbiano fatto gli uffici di prossimità, oggetto di finanziamento di un ormai datato PON e che dovevano aiutare i cittadini in alcuni procedimenti come quello dell’amministrazione di sostegno. Su quest’ultimo istituto andrebbero uniti gli sforzi dei ministeri affinché la sua revisione, che ormai giace da tempo in Parlamento, approdi in gazzetta ufficiale.
  • Ma per questo va aperta una collaborazione anche con Riccardo D’Incà (rapporti col Parlamento). A lui, già che si siamo, va anche rammentato che langue al Senato un disegno di legge pseudo-unificato sul sentito tema dei caregiver familiari. Se si buca l’approvazione, sarebbe la seconda legislatura che non riesce a produrre l’attesa risposta normativa. Ed è uno schiaffo a milioni di famiglie, in particolare a madri e sorelle visto che nel lavoro di cura c’è anche un evidente macigno di genere.
  • Anche alla porta di Enrico Giovannini (infrastrutture) toccherà bussare con insistenza. I trasporti, le città, le abitazioni delle persone con disabilità richiedono un intervento talora di emergenza. Serve una visione che assuma il principio della progettazione universale. Servono risorse non residuale ed è necessario che ogni centesimo speso in infrastrutture tenga conto che devono poter essere usate, in condizione di pari opportunità, da ciechi, anziani, persone con problemi motori o cognitivi per rendere le nostre città a misura di tutti. Oggi non è ancora così. Le stesse riflessioni vanno riportate a Vittorio Colao: le nuove tecnologie devono essere una opportunità non generare nuove barriere, nuovi ostacoli o complicazioni.
  • Con Brunetta (pubblica amministrazione) c’è una prateria su cui cavalcare in più direzioni. Quella di chi lavora nella pubblica amministrazione e che può trovarsi in una situazione di fragilità, e quella del rapporto fra pubblica amministrazione e cittadini. Ad esempio un tema da lasciare cadere sul tavolo è quello dello SPID e della praticabilità dello stesso anche per le persone con disabilità complesse. Va poi rilanciata una nuova stagione di semplificazione amministrativa di cui davvero si sente in bisogno.
  • Alla Dadone (politiche giovanili) va rammentato che fra i giovani di sono anche ragazzi e ragazze con disabilità e che bisogna attrezzarsi di conseguenza, senza soluzioni speciali o a parte.
  • Osso duro Daniele Franco (economia), non certo per il profilo della persona e del tecnico, quanto per la posizione che ricopre e per la complessità delle questioni aperte. Governa sicuramente le risorse, la loro destinazione e il loro investimento. Ma è con quel dicastero che vanno elaborate soluzioni che ci permettano di superare impasse ormai croniche, quali ad esempio, la copertura di importanti riforme o progetti come quelle sui caregiver per dirne una.

Insomma, Erika Stefani, anche senza portafoglio di opportunità ne ha eccome. Dipenderà da lei, dipenderà da Draghi e dipenderà dal resto di Governo se si riuscirà a cambiare rotta.

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