Salute

Migrazione sanitaria pediatrica, ad accogliere le famiglie ci sono i volontari

Presentata la prima ricerca di Forum Famiglie e Acli che analizza il costo umano e sociale del fenomeno che colpisce un milione di persone all'anno. Accanto ai dati sulle disuguaglianze tra regioni, le storie delle associazioni e un focus sull'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Roberto Rossini richiama la necessità dei Budget di Salute

di Antonietta Nembri

Quando parliamo dei viaggi della speranza, di nuclei familiari che si spostano da un capo all’altro del nostro Paese per la malattia di un bambino siamo di fronte alla mobilità sanitaria o a una migrazione? Parte proprio da questa considerazione Gianluca Budano, responsabile Salute e Famiglie per le Acli nazionali e co-portavoce di Investing in Children, Alleanza per l’inclusione e il benessere dell’infanzia in Italia nel presentare il report “Viaggi con la speranza. Storie di famiglie colpite dalla malattia del figlio”. Ricerca curata da Cristiano Caltabiano con Iref Acli e Forum delle associazioni familiari.
Il punto, ricorda Budano nell’aprire l’incontro – moderato da Gigi de Palo – che si è tenuto oggi, 11 febbraio in occasione della Giornata mondiale del Malato, non è fermarsi alla contabilità, al «dare e avere tra le regioni. Noi abbiamo voluto valorizzare i vissuti, le esperienze». A spostarsi sono un milione di persone all’anno e, continua Budano «sono migranti obbligati e non uso a caso il termine migrazione, in esso è racchiuso tutto il disagio dello sradicamento». La ricerca che è stata illustrata da Cristiano Caltabiano «apre un nuovo filone di riflessione anche in merito al rapporto tra pubblica amministrazione e Terzo settore, come pure sull’adeguatezza della legge 104 che vale per chi il lavoro ce l’ha» ha osservato Budano che ha richiamato la necessità di un «reddito di emergenza sanitaria».

Occorre guardare ai dati di questo primo rapporto che, assicura il ricercatore Caltabiano, non rimarrà un unicum, ma anche alle storie raccolte nel volume e il focus sul Bambino Gesù di Roma che tra i 28mila ricoveri del 2019 annovera un 31% di pazienti provenienti da altre regioni «e se si guarda al totale della mobilità sanitaria il solo Bambin Gesù pesa il 5% su scala nazionale», ha chiosato.
Restando ai numeri ossia agli effetti finanziari (in totale 4,6 mld di euro nel 2018) si evidenziano i saldi negati di alcune regioni, in particolare del centro sud (Campania, Calabria, Sicilia, Lazio e Puglia) e quelli attivi di Veneto, Toscana, Emilia Romagna e Lombardia che variano dall’1,5% al 3,8% «avere un saldo attivo vuol dire avere risorse da reinvestire». Uscendo dai numeri vi sono i tanti disagi testimoniati dalle famiglie nella parte qualitativa della ricerca: dalla povertà educativa all’indebolimento dello stesso nucleo familiare dovuto alla perdita del lavoro e del reddito, per qualcuno anche della casa. Non va meglio neppure per il nucleo allargato perché si è ricordato, la famiglia si frammenta. Un aspetto che emerge in tutta la sua forza è la presenza dell’associazionismo. Ha ricordato Caltabiano come «l’idea di accoglienza coltivata dalle associazioni coinvolte nella ricerca e promossa dall’Ospedale Bambino Gesù rende attuale la costruzione di mondi vitali studiata da Ardigò che restituisce dignità e fiducia alle persone indebolite». Del resto le case-famiglia «non sono solo un alloggio gratuito, ma anche un luogo di ascolto». Realtà che dovrebbero essere sostenute.

A illustrare il modello del Bambino Gesù, Lucia Celesti che ha voluto ricordare anche la vocazione internazionale dell’Ospedale (5mila circa le famiglie accolte). «Noi ci siamo organizzati grazie a questa rete che io definisco di “santi moderni” le associazioni che ci permettono di mettere a disposizione 200 stanze per l’accoglienza, ma non bastano», ha ammesso. Nel suo intervento il professor Saverio Cinieri, oncologo e presidente eletto dell’Aiom (associazione medica che si occupa delle neoplasie nell’adulto) ha annunciato la costituzione con l’Aieop (oncologia pediatrica) di un working group per affrontare quella particolare età: l’adolescenza in cui servono competenze a cavallo tra le due specializzazioni e la necessità di creare reti. Un recovery plan per la sanità è quanto auspica Filippo Anelli, presidente FNOMCeO. «I fondi devono essere affidati al ministero che non deve essere il mero notaio del sistema, ma un garante dell’uguaglianza. Servono servizi a rete e», ha continuato «non devono essere i cittadini a muoversi, ma i medici e gli operatori in un modello che deve essere sopraregionale. Bisogna muoversi in rete» ha ribadito Anelli.

Una presa in carico olistica, globale del malato è l’auspicio di don Massimo Angelilli che ha osservato come molti problemi nascano da un sistema che è organizzato sulla patologia, più che sul paziente che è parte di un sistema relazionale. «Una persona vive di reti e di relazioni e» ha sottolineato «la relazione cura. Il tema di fondo è interrogarsi su che cosa significa curare una persona».
Dopo le testimonianze di sostegno alle famiglie, accoglienza, cura psicologica e alleanza terapeutica di tre realtà del Terzo settore: Peter Pan onlus, dell'associazione Andrea Tudisco e Associazione Davide Civattini a chiudere l’incontro il presidente della Acli Roberto Rossini che dopo aver sottolineato come i viaggi della speranza siano «frutto di una programmazione sanitaria mancata» e la conseguenza è che con l’attuale disomogeneità «c’è qualcuno che è meno cittadino di altri». La nostra sanità, ha ricordato ancora Rossini registra anche delle eccellenza «L’Italia in Europa è tra le prime nella cura delle malattie tumorali e questo è il risultato di una buona programmazione, della scienza, della capacità di cura e della qualità del nostro personale. Nel nostro Paese ci sono fatti negativi e altri molto positivi», ha osservato chiedendosi anche «quale sanità ci immaginiamo per il nostro futuro?». Una delle prime risposte per il presidente delle Acli è una maggiore integrazione socio-sanitaria «la malattia incide su più dimensioni della persona: famiglia, scuola, lavoro, economia… e l’integrazione tra sociale e sanitario è un obiettivo», ha insistito Rossini richiamando i Budget di Salute «capaci di valorizzare territorio, competenze e Terzo settore che fa molto. Si fa carico di una questione che è tenere insieme il sistema».

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