Sostenibilità

Ambiente: allarme per rifiuti in dl omnibus

Associazioni e aziende del settore temono una deregulation pericolosa

di Giampaolo Cerri

Ambientalisti sul piede di guerra per il ‘decreto legge omnibus’. La parte che riguarda i rifiuti introduce infatti una pericolosa deregulation. Col decreto-legge omnibus si introduce un concetto di rifiuto arbitrario e soggetto al rischio di interpretazioni discordanti e soggettive, dicono le associazioni. In pratica si porta fuori dal controllo pubblico la gestione integrata delle attività di raccolta differenziata, recupero e riutilizzo dei rifiuti, anche pericolosi, con il rischio che venga consegnata di fatto nelle mani degli ecofurbi e delle ecomafie. La “nuova” definizione di rifiuto è di una gravità estrema e per questo chiediamo al Governo il suo ritiro”. Italia Nostra, Greenpeace, Legambiente e WWF si schierano compatte contro l’art. 14 (Interpretazione autentica della definizione di rifiuto del decreto Ronchi) del Dl omnibus in discussione da oggi al Senato, articolo già criticato anche dalle principali Federazioni di imprese pubbliche e private e Consorzi che operano nel settore ecologico (Federambiente e FISE Assoambiente, Atia, CIC, ISWA Italia). Le stesse imprese profit denunciano, sottolineando il rischio di penalizzazione delle imprese in regola, che con questa norma potranno «sparire per primi i rifiuti più pericolosi o a rischio per l’ambiente, il cui smaltimento per le vie ortodosse è più oneroso, e per i quali verranno ideati usi alternativi ad hoc che in realta’ mascherano smaltimenti abusivi». «L’art. 14 – dicono gli ambientalisti – introduce, in netto contrasto con le direttive e la giurisprudenza europea, un concetto di rifiuto arbitrario, basato sulla valutazione soggettiva di cosa debba intendersi scarto. Concetto che di fatto rende vana la gestione integrata dei rifiuti, esplicitamente prevista dal Dlgs n. 22/1997 (Decreto Ronchi). Nello specifico i rifiuti, anche quelli pericolosi, potranno non essere trattati come prevede il decreto Ronchi, a patto che vengano effettivamente ed oggettivamente riutilizzati nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo dopo aver subito magari un trattamento preventivo che non comporti un’operazione di recupero. La legge però non definisce il trattamento preventivo, né indica con esattezza quali siano le operazioni di recupero». Secondo le associazioni, se il decreto verrà trasformato in legge così com’è potrebbero sorgere «gravi problemi soprattutto per la gestione delle attività di smaltimento e recupero dei rifiuti speciali e di quelli pericolosi, che rischiano di diventare preda di soggetti non qualificati e, nel peggiore dei casi, nelle mani delle ecomafie; incalcolabili danni ambientali e igienico-sanitari per la collettività se i rifiuti venissero sottratti al ciclo di gestione integrata delle attivita’ di raccolta differenziata, recupero e riutilizzo; a sparire per primi sarebbero i rifiuti pericolosi, il cui smaltimento per vie ‘ortodosse’ risulta oneroso, e per i quali verranno ideati ‘usi alternativi’ ad hoc che mascherano in realtà gli smaltimenti abusivi. Nel migliore dei casi», proseguono le associzioni, «questi rifiuti verranno accatastati da qualche parte o gireranno per l’Italia con la patente di ‘residuo riutilizzabile’; danni economici per le imprese che perseguono standard di qualità nei settori dell’ambiente e del trattamento e recupero dei rifiuti che si troverebbero a competere con soggetti senza scrupoli che si libererebbe dei rifiuti semplicemente derubricandoli a materie da reimpiegare in nuovi cicli produttivi e trattandoli quindi senza le garanzie del caso. Per questi motivi le associazioni ambientaliste chiedono al governo che l’art. 14 venga stralciato dal testo del decreto».


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