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L’Italia chiude le adozioni. Far West Ucraina

Minori dall'Est. Le ragioni di uno stop. La Commissione centrale italiane ha sospeso le pratiche con Kiev: "Bambini scelti da catalogo e coppie vittime di gravi irregolarità".

di Benedetta Verrini

Carla e Riccardo l?anno scorso erano in Ucraina per adottare. Dal Centro Adozioni di Kiev avevano già ottenuto l?abbinamento con due fratellini. A un soffio dall?incontro, nell?ufficio del direttore dell?istituto, hanno dovuto sapere che i bambini non erano due ma tre, la più grande di quasi 10 anni. Un attimo di smarrimento, e poi la decisione di adottarli tutti. Una scelta generosa, che però non hanno potuto portare a termine, perché il decreto d?idoneità li autorizzava per due soli bambini. Tutto da rifare: è stato necessario un nuovo abbinamento. Alla fine Carla e Riccardo hanno adottato, ma ogni giorno li attraversa il pensiero di quei tre bambini che hanno dovuto lasciare in orfanotrofio.
è solo una, e neanche la peggiore, delle storie di far west adottivo in Ucraina: bambini scelti da catalogo, ?sostituiti? all?ultimo minuto da direttori a caccia del miglior offerente, dichiarati malati e in seguito accertati in buona salute, prelevati dall?istituto dalla madre naturale o da altre coppie straniere. «Una situazione intollerabile, in cui non era più possibile garantire né il diritto dei minori, né quello delle coppie ad essere tutelate secondo procedure corrette», commenta Melita Cavallo, la presidente della Commissione Adozioni internazionali, che il 16 luglio scorso ha detto basta, comunicando a tutti gli enti il blocco delle adozioni.
Un fulmine a ciel sereno, ma neanche tanto sorprendente. In questi ultimi anni, dall?Ucraina è arrivato il maggior numero di minori adottati, oltre 600 bambini, pari a quasi il 25% del totale. Un flusso decisamente ragguardevole per un Paese che non ha nemmeno ratificato la Convenzione Aja e in cui operano – pur non essendo accreditati dalle autorità di Kiev – 18 enti italiani.

Accordo bilaterale in vista
«La nostra decisione è frutto di un?indagine sugli enti e su un campione di coppie adottive» precisa la presidente. «Si tratta di una sospensione temporanea, fino a quando non avremo formalizzato un accordo bilaterale Italia-Ucraina in cui sia possibile stabilire migliori garanzie. Le coppie che hanno già depositato la loro documentazione presso il Centro Adozioni di Kiev potranno comunque concludere l?adozione». «E le coppie che hanno già preparato i documenti o li hanno depositati in ambasciata a Roma, sborsando già migliaia di euro?» si domanda Loreta Egles Bozzo, di Sos Bambino. Gli enti, che in questi mesi hanno condotto centinaia di coppie verso l?adozione in questa ?terra di nessuno?, ora si domandano che tempi avrà questo blocco. «Non credo che si risolverà in tempi brevi» commenta Irene Bertuzzi, di AiBi. «Ma non ci stupisce. Da tempo avevamo denunciato irregolarità: solo il fatto che l?Ucraina non sia un Paese Aja ha creato situazioni difficilissime. Da una parte, le coppie erano costrette a partire senza sapere che bambino avrebbero adottato, dall?altra gli enti italiani, non essendo contemplati dalla legge locale, non avevano grandi possibilità d?intervento e tutela dei soggetti coinvolti. Attraverso i nostri cooperanti, noi abbiamo comunque sempre impedito che la scelta dei bambini venisse fatta su catalogo dagli aspiranti genitori».
?Moralizzare? gli enti
«E’ vero che esistono istituti corrotti, ma se le coppie vengono adeguatamente preparate si possono evitare molti problemi» dice Roberta Sicuranza, presidente di Chiara, l?ente italiano che nel 2001 ha portato dall?Ucraina il più alto numero di minori, ben 131. «Ad esempio, in caso di resistenze da parte del direttore, abbiamo sempre raccomandato agli aspiranti genitori di insistere per vedere il bambino descritto nella scheda, perché è un loro diritto, stabilito dalla legislazione ucraina».
«Invece di assecondare i paradossi legislativi di questo Paese, gli enti italiani dovevano essere più compatti nel dire che così non si poteva andare avanti» commenta la Bertuzzi. «Si è detto che questo stop deve servire come pausa di riflessione per moralizzare degli enti. Forse ci voleva un segnale più forte. Se alla fine della sua indagine la Commissione avesse anche richiamato all?ordine quegli enti che hanno operato ai limiti della moralità, e che certo non si sono messi nell?ottica della difesa dei bambini, avrebbe lasciato un segno più concreto. Questo blocco non aiuta quei minori, magari già grandicelli, che ogni giorno che passa perdono la speranza di essere accolti in una famiglia».

Input:
Sito Internet Commissione Adozioni
Sito Internet Aibi

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