Welfare

Dietro i dati Istat. C’è il turn over dei poveri.

Una minoranza resta in condizioni di indigenza per più di tre anni. Il neo presidente della commissione povertà Giancarlo Rovati analizza per Vita i dati dell’Istat

di Redazione

La realtà della povertà in Italia risulta ben più amara e preoccupante di quella emersa dai dati Istat (vedi box a fianco). Il dato apparirebbe, a una prima lettura, pressoché immutato: cala leggermente il numero delle famiglie povere, aumenta quello degli individui. Peggioramento al Sud Ma basta guardare i dati territoriali per capire che il fenomeno è ancora critico. Senza contare che nel 2001, anche per l?effetto dell?11 settembre, i consumi delle famiglie non sono cresciuti al pari dell?inflazione. I più penalizzati sono stati quelli destinati a beni durevoli (come la casa, la macchina), il che vuol dire che c?è stata una contrazione della spesa per i consumi più accentuata tra le famiglie con i livelli di spesa più alti. Contrazione che, in linea generale, per come è calcolata la povertà relativa (annualmente in base alla spesa media mensile pro capite per consumi delle famiglie, ndr), ha consentito a un certo numero di nuclei a reddito medio-basso di allontanarsi da fasce di povertà relative. La diminuzione dell?incidenza di povertà tra 2000 e 2001, in particolare al Centro-Nord, è da attribuire a questo meccanismo, mentre al Sud c?è un peggioramento in termini reali. Sembra cioè che il fenomeno della povertà sia insensibile agli interventi di politica sociale che in questi anni sono stati fatti. Il che non significa che le politiche sociali non servono, perché se non ci fossero il fenomeno peggiorerebbe, c?è però un nocciolo duro difficilmente aggredibile. Anche se il rapporto distingue tra povertà relativa e povertà assoluta, ritengo occorra concentrarsi innanzi tutto sulla seconda, perché indica la condizione di più grave bisogno con cui le politiche sociali devono comunque fare i conti. E gli interventi devono essere efficaci e soprattutto tempestivi, perché spesso è capitato che tra il varo e l?erogazione delle risorse passi così tanto tempo da rendere inefficaci le iniziative. La priorità è quella del sostegno economico e sociale alle famiglie povere con figli minori. In caso contrario si condannano alla marginalità precoce migliaia di bambini e ragazzi, con costi personali per chi è direttamente coinvolto, ma anche sociali di incalcolabile portata. Occorre poi domandarsi: sono sempre gli stessi che restano poveri? O c?è la possibilità per alcuni poveri di salire al di sopra della soglia di povertà e per altri di ricaderci? È importante analizzare la mobilità interna alle condizioni di povertà. Ricerca europea Da questo punto di vista un?altra fonte preziosa (e che utilizzeremo nella stesura del nostro Rapporto, insieme ai dati dell?Istat), è legata a un?indagine europea sui redditi familiari da cui risulta che dal ?94 al ?97 i poveri ?per sempre? sono il 3,9%, quelli per tre anni sono il 4 %, per due anni il 6 % e quelli per un anno il 16%. La speranza è quindi legata al fatto che una serie di interventi permettano a una parte dei poveri di uscire dalle condizioni di povertà in un arco di tempo ragionevole. Da qui l?importanza nel distribuire subito gli aiuti, perché in caso contrario si contribuisce alla persistenza nelle condizioni di povertà, che è cosa più grave della stessa esistenza della povertà. Il problema della facilità o meno di fuoriuscire dalla povertà pone un problema rispetto alle politiche assistenziali. Queste infatti rischiano di non contribuire a incoraggiare quella parte della popolazione che ne è beneficiaria temporaneamente e che potrebbe migliorare la propria situazione, a impegnarsi in questo senso. È vero anche che non ci si può permettere di ricadere nell?eccesso opposto, con il rischio di considerare la povertà il risultato di una responsabilità e non di un insieme di situazioni sfavorevoli. Non si può dire a priori che, siccome la povertà persiste, la società è ingiusta. Tragicamente i poveri li avremo sempre, con soglie diverse, ma sempre. Il problema è consentire la fuoriuscita, in modo che non siano sempre gli stessi a rimanere in una condizione di esclusione. Giancarlo Rovati


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