Welfare

Effetto Covid: adozioni concluse 1, adozioni pendenti 5

Le procedure pendenti nel 2020 sono più di 2.700, a fronte di 526 adozioni concluse. «Per quanto il 2020 sia stato un anno difficile da leggere, perché il Covid ha sfalsato tutte le prospettive, non possiamo nemmeno ripararci dietro la pandemia per tutto. Dobbiamo tutti concentrarci sul futuro, con impegno, per le famiglie e soprattutto per i molti bambini nel mondo che sono in attesa di due genitori», dice Marco Rossin di AVSI

di Sara De Carli

Da uno a tre a uno a cinque. Nel luglio 2019, per la prima volta la Commissione Adozioni Internazionali pubblicò i dati delle procedure pendenti, paese per paese ed ente per ente. C’erano più di 3.200 coppie in attesa di adozione, a fronte di circa mille adozioni concluse l’anno. Nel 2020 invece, secondo i dati appena pubblicati dalla CAI, le procedure pendenti sono ben sopra quota 2.700, a fronte di 526 adozioni concluse. Senza entrare nelle singole situazioni, fa certamente impressione vedere realtà in cui le procedure pendenti sono 12, 15, 17, 24 volte le adozioni concluse. E paesi in cui la proporzione è di 27 o 28 volte a uno. Sull’Etiopia, che ha sospeso le adozioni internazionali nel febbraio 2018, continuano ad esserci 42 coppie in attesa. Un dato utile per le famiglie, che spesso invece si limitano a chiedere l’età dei bambini per ogni paese. E che sta iniziando ad alimentare qualche “migrazione” delle coppie dagli enti più “sovrappopolati”.

Si tratta di un segnale importante delle difficoltà del sistema, certamente più di quel dato che vede sostanzialmente dimezzate le adozioni concluse nell’anno della pandemia, scese dalle 969 del 2019 alle 526 del 2020: una oggettiva diminuzione «contenuta» però – sottolinea la CAI – grazie al «costante impegno della CAI e degli Enti autorizzati e al supporto strategico del Ministero degli Affari Esteri e delle autorità diplomatiche italiane» e sostenuta «negli ultimi mesi del 2020» da «un trend positivo che lascia ben sperare in un 2021 di rinascita anche per quanto riguarda le adozioni internazionali».

La voce “procedure pendenti” della CAI ha escluso le procedure sospese ma continua a non scorporare le adozioni in corso, quelle cioè per cui c’è già stato un abbinamento fra coppia e bambino: «In alcuni paesi l’adozione resta in corso per 6, 9 o anche 12 mesi come in India. Questo dato cambierebbe molto le cose, in Colombia per esempio su 300 adozioni pendenti penso che un centinaio siano in questa situazione», spiega Marco Rossin, responsabile adozioni internazionali di AVSI. Al netto di questa precisazione, i numeri restano altissimi e «dicono che per quanto il 2020 sia stato un anno difficile da leggere, perché il Covid ha sfalsato tutte le prospettive, non possiamo nemmeno ripararci dietro la pandemia per tutto. Tanti paesi cu cui vediamo ancora tante coppie in attesa erano problematici anche prima della pandemia, così come credo sia un problema il fatto che un ente continui a prendere mandati quando ha un rapporto così sproporzionato fra le coppie in attesa e le adozioni concluse».

Al netto di un 2020 eccezionale per difficoltà, «se non ci si concentra noi e le famiglie sul futuro, finiremo aggrovigliati nella nostra stessa lamentela», avvisa Rossin. «La CAI, che ha il compito di tracciare il futuro, ha ben in mente le linee d’azione: limitare il numero degli enti e controllarli di più, accanto a un sistema premiante per far lavorare all’estero, anche in nuovi paesi, chi dimostra di conoscere il paese, chi ha personale, chi ha una progettualità… Il sistema premiante però non può che essere conseguente a un sistema di controllo. Servono regole che ridefiniscano la figura dell’ente e poi chi le rispetta è giusto che abbia diritto a poter lavorare e andare su nuovi territori. Credo quindi che dopo un anno come quello appena concluso, che tutti abbiamo vissuto con più o meno difficoltà e che ha sicuramente lasciato un segno indelebile, quello che possiamo e dobbiamo fare è guardare al futuro, con speranza e impegno. La linea è tracciata, sta a noi tutti seguirla per le famiglie ma soprattutto per i molti bambini nel mondo che sono ancora in attesa di due genitori».

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.