Volontariato

Esuli,i più non ritornano

In Bosnia,quattro anni dopo la fine del conflitto,più di un milione e mezzo di persone non è ancora rientrato.Ma anche in Kraina,in Serbia e nell'Erzegovina mancano all'appello in migliaia.

di Paolo Giovannelli

Si può leggere il futuro di quasi un milione di persone in fuga dal Kosovo, cacciate dalle bande paramilitari di Milosevic, alla luce di quanto già recentemente e altrettanto tristemente accaduto ai loro ?colleghi? bosniaci e, in minor parte, croati e serbi? Sarebbe meglio non farlo, perché le cifre del non ritorno a casa (vedi tabella nella pagina) dei bosniaci e delle altre etnie della ex Jugoslavia sono a tutt?oggi crudeli. Quasi una guerra non ancora finita. E di certo non ben auguranti per i kosovari. Cifre crudeli, dunque. Quando la precedente crisi bellica toccò l?apice, negli anni ?93-?94, l?Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite arrivò a contare (il dato seguente è riferito all?intera ex Jugoslavia) oltre 3 milioni e mezzo di ?vittime di guerra?, fra rifugiati, sfollati interni e altra gente in seria difficoltà. Prima del conflitto 1991-?95, in Bosnia c?erano circa 4 milioni e mezzo di abitanti: quasi 1 milione e mezzo di essi ancora oggi, a quattro anni dalla fine della guerra, non ha fatto ritorno alle proprie città e ai propri villaggi. Tutto questo nonostante gli accordi di Dayton siano ormai stantii di quattro anni, nonostante la comunità internazionale abbia moltiplicato gli sforzi per favorire il ritorno a casa dei bosniaci e delle persone di altre etnie ex jugoslave, nonostante il fior fiore delle associazioni di volontariato e delle organizzazioni umanitarie mondiali siano da tempo impegnate su questo fronte. Fra queste c?è l?Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), il cui quartier generale è a Ginevra. L?Oim si occupa, come per altre aree del mondo, anche del ritorno volontario nella regione balcanica, informando chi è fuggito all?estero e si trova ora sotto ?protezione temporanea? sulle agevolazioni previste per chi rientra. Ma i dati in possesso dei suoi uffici parlano chiaro: dal 1996 (dopo Dayton, quindi) in Bosnia-Erzegovina sono tornate, da tutto il mondo, circa 310 mila persone. «La sezione italiana dell?Oim, dal 1994 al 1998», afferma Giulia Falzoi della missione Oim-Italia,«ha facilitato il rientro di circa 700 persone». E la consulente dei programmi per la ex Jugoslavia dell?Oim-Italia, Enisa Bukvic, riconosce: «Purtroppo resta sempre troppa la gente che è uscita dalla ex Jugoslavia rispetto a quella che è rientrata o che chiede adesso di rientrare, perché teme il contatto con gli stessi luoghi dove ha subito le più brutali violenze. Non sono una politica, né voglio qui esprimere un parere politico. Se c?è una sola possibilità di pacificare realmente i Balcani è esclusivamente legata al fatto che tutti facciano ritorno alla propria casa». Anche le statistiche sui rientri in possesso dell?Oim sembrano confermare tale tesi: le autorità della Repubblica Srpska, area praticamente sotto il controllo politico di Belgrado, non accettano nemmeno di parlare del ritorno dei profughi. Ma altre zone critiche della ex Jugoslavia sono anche la regione delle Krajine e dell?Erzegovina, dove le resistenze giungono soprattutto da parte croata. Risultati che inducono a sperare ma non ancora sufficienti per parlare di reale ripresa socio-economica di una nazione, quella bosniaca, vengono dal programma di ritorno per lavoratori qualificati (in sigla: Rqn) dell?Oim: dall?ottobre 1996, 609 persone hanno occupato e creato nuovi posti di lavoro in Bosnia. Altri timidissimi segnali di speranza giungono dalle attività per il rientro dei rifugiati per motivi umanitari organizzate dalle sezioni dell?Oim di Belgio, Olanda e Germania. Resta tuttavia ironico guardarsi indietro e accorgersi che il 1998 fu proclamato dalla comunità internazionale l? ?Anno del ritorno?. A scuola di pace e diritti umani È appena iniziato il ciclo di conferenze organizzato dall?Ong Movimondo, che durerà fino al prossimo 10 giugno, intitolato ?Un mondo in crisi, un mondo in trasformazione: problemi internazionali aperti alla fine del millennio?. Si parlerà, in particolare, della politica estera dell?Italia e di quella degli aiuti umanitari e dei costi della pace. Ma anche di autodeterminazione dei popoli, del rapporto fra democrazia e diritti umani in Kurdistan, delle eredità coloniali, dei nuovi conflitti ed integralismi emergenti nell?area del Corno d?Africa, dei conflitti civili nell?Africa australe, della Cina dieci anni dopo Tienanmen. Un capitolo a parte sarà poi dedicato alla libertà d?informazione nei Balcani. Fra i relatori che si succederanno l?intellettuale Predag Matvejevic, il componente del comitato internazionale della Croce Rossa Thierry Germond, il direttore del Cespi José Luis Rhi Sausi, il direttore della radio tv Studio99 di Sarajevo Adil Kulenovic, il presidente del Progetto cultura Italia-Kurdistan Kawa Goron, Paolo Pobbiati (Amnesty International ), Alessandro Triulzi (Istituto universitario orientale di Napoli), Hugo Slim della Oxford Brookes University e il giornalista Pietro Veronese. Fra i politici, il sottosegretario agli Esteri Rino Serri e il parlamentare europeo Luciano Vecchi. Informazioni alla segreteria di Movimondo: tel 0657300330. Dove sono i bosniaci RIFUGIATI TEMPORANEI: RIFUGIATI DEFINITIVI* Croazia:160.000 Svezia :61.630 Serbia:253.312 Germania :54.000 Slovenia: 8.370 Stati Uniti :38.000 Svizzera: 19.567 Olanda :17.504 Italia: 8.399 Norvegia :12.057 Spagna: 8.370 Turchia : 2.200 Olanda: 5.996 Gran Bretagna : 1.400 Gran Bretagna:4.600 Italia : 31 * Paesi in cui esiste il diritto all?asilo umanitario. L?Italia invece concede asilo solo per motivi politici e le procedure sono lunghe e complesse. Da qui lo scandaloso numero degli asili concessi.


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