Formazione

Istituti tecnici superiori: leva decisiva per la ripartenza del nostro Paese

Il piano italiano del Next Generation Eu mette 2 miliardi su Istruzione profesionalizzante e Its. Alessandro Mele, coordinatore della Cabina di Regia: «L’istruzione non è una speranza, è una risposta alla pandemia. Su cui investire»

di Luca Cereda

Il coronavirus, come spesso è capitato, ha acceso i riflettori su problemi già esistenti, acutizzandoli: «La ripartenza del Paese in questo momento difficile passa attraverso l’istruzione la creazione di competenze adeguate ad affrontare le sfide che stiamo vivendo. Gli Istituti tecnici superiori (Its) sono lo strumento su cui investire per dare risposte concrete alle imprese che devono superare la pandemia e afforzare la trasformazione digitale e tecnologica e il Recovery Fund», ha raccontato a Vita il Presidente di Its Italy, la Rete delle Fondazioni Its italiane, e coordinatore della Cabina di Regia per gli Its, Alessandro Mele.




Dato che siamo ad inizio anno, partiamo con un bilancio del 2020: il sistema degli Its ha retto alla didattica a distanza (DAD)?
Gli istituti tecnici superiori hanno reagito alla pandemia sviluppando una piattaforma per la didattica a distanza che integrasse la trasmissione frontale delle competenze con la parte più concreta e pratica dell’insegnamento, fatto anche di stage. «L’obiettivo – spiega Mele – era quello di essere agili come il sistema stesso di apprendimento degli Its, così siamo riusciti a non far perdere neanche un’ora di didattica ai ragazzi. Appena, e dove, possibile abbiamo cercato di riaprire i laboratori, componente essenziale e necessaria per la formazione negli istituti tecnici superiori».

Insomma, avete introdotto una sorta di didattica “tecnica” a distanza….
Esattamente. Come Associazione Rete Fondazioni Its Italia – costituitasi formalmente nel 2018 – e creata per raggruppare le Fondazioni Its Italiane ed avere la possibilità di realizzare azioni di promozione e sviluppo per il sistema, il nostro obiettivo è sviluppare sempre il sistema degli Istituti tecnici superiori in Italia, ma al contempo – anche in epoca di pandemia – creare un sistema internazionale di Campus Tecnologici orientati alla formazione tecnica specialistica dei giovani e alla ricerca applicata. Spesso si è portati a pensare che i più giovani siano “per natura” più abili con la tecnologia. Le soluzioni adottate per la DAD e i tirocini a distanza sono state prettamente digitali e i nostri ragazzi sono stati guidati dagli insegnanti e si è costruito un vocabolario più sottile del digitale. Ma il lavoro non si è fermato qui: ora le relazioni e le competenze di sviluppano, assorbono e implementano online. Questo ha costretto ad un ripensamento stesso del fare didattica e di cosa vuol dire, dall’altro canto, apprendere. I ragazzi dal canto loro iniziavano ad essere un po’ stanchi della didattica a distanza, dell’isolamento e del contatto che è solo digitale, con i compagni e con il docente. «Per questo abbiamo lavorato con le istituzioni al fine di riaprire, già a fine 2020, i laboratori. Provvedimento salutato con entusiasmo dagli studenti».

L’Italia detiene ormai da troppo tempo due primati negativi: una drammatica disoccupazione giovanile. Circa 1,2 milioni di giovani Under35 italiani risultano infatti disoccupati, mentre gli inattivi sono più di 6 milioni. Non solo: in Italia, malgrado sa il secondo paese manifatturiero d’Europa, da molti anni non ha più una storia nella formazione tecnica e professionale paragonabile ad altri paesi manifatturieri. Questa era la situazione prima della pandemia. Ora in Italia e in Europa bisogna ripartire dalla formazione e dalle competenze?
La prossima generazione di europei-italiani ha bisogno ogni degli investimenti nell’istruzione. Dovendo lasciare a casa i ragazzi per fronteggiare la diffusione del contagio, abbiamo deciso di non lasciare in camera la loro voglia di confrontarsi con il mondo del lavoro. Un mondo che ha bisogno di energie e idee giovani: così ci siamo inventati gli “stage a distanza”, che per molte attività sono stati possibili. Una fetta del merito per la riuscita di queste modalità smart e a distanza di tirocinio va alle aziende con cui la rete Its Italia collabora.

Sull’istruzione si gioca il futuro del Recovery plan nostrano e dell’intero Paese. Recovery fund che se se chiamato con il suo nome, Next Generation Eu, fondo per le future – prossime – generazioni, acquisisce ancora maggiore peso, importanza e responsabilità in chi né sta tracciando le linee programmatiche. Agli Its che quota potrebbe essere destinata?
Se ripartire dalla voglia e dalle idee di questi giovani non è solo la speranza ma anche una necessità, bisogna ben indirizzare a i soldi del Recovery fund dedicati alla scuola. Abbiamo discusso con il ministro della scuola Azzolina a fine 2020 per una legge per gli Istituti tecnici superiori e per il sostengo da dedicare a questo tipo di formazione. L’investimento sarà forte, con 2 miliardi del Recovery fund che saranno messi in circolo per far crescere questo sistema. L’investimento evidenzia una volontà non solo politica ma anche sociale, di ripartire – anche – dalle competenze tecniche per rilanciare l’Italia e uscire dalla pandemia a livello sociale, economico, oltre che – prioritariamente – sanitario.

L’istruzione quindi secondo lei deve essere la prima risposta alla pandemia. E puntare sulle competenze dei ragazzi diventa uno, anzi, lo strumento per la ripartenza?
La pandemia ha messo in primo piano non solo la necessità di sviluppare la tecnologia, ma anche i settori della logistica, la rete internet in tutto questo ci sarà bisogno di un sempre minor impatto ambientale del mondo produttivo sul pianeta. In questo contesto, investito anche da una nuova rivoluzione industriale, lo sviluppo della formazione terziaria professionalizzante costituisce la risposta al problema dei paradossi italiani di disoccupazione giovani e carenza di tecnici specializzati citata in apertura. Infatti, l’ultima valutazione di Indire dice che l’83% dei diplomati Its ha trovato lavoro ad un anno dal diploma, di questi l’87,3% in un’area coerente con il percorso concluso. L’istruzione non è infatti una speranza, è una risposta alla pandemia. Su cui investire.

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