Formazione
La scuola, quel tesoro rubato dal Covid e dalla politica
Stiamo assistendo a un vero e proprio furto ai danni della generazione di studentesse e di studenti che oltre a convivere con l’emergenza COVID-19 ha dovuto imparare a fare a meno della scuola e di tutto quello che questo comporta: distanza dagli altri (amici e docenti), privazione di esperienze e attimi che mai più rivivranno con le emozioni proprie delle loro età
Nell’educazione un tesoro, così scriveva Jacques Delors nel 1996 nel Rapporto all’Unesco della Commissione Internazionale sull’educazione per il XXI secolo. Dove, per educazione, si intendeva la scuola, la formazione, il tempo dedicato alla crescita delle ragazze e dei ragazzi considerato centrale per il futuro di ogni Stato in Europa. Eppure, oggi, dopo 25 anni dalla prima pubblicazione del Rapporto, ci si è dimenticati di questo tesoro, che, sempre riprendendo le parole di Delors, serve, attraverso le nozioni apprese e alla socializzazione con gli altri, “ per dare ai bambini e ai giovani il posto che appartiene loro per diritto: un posto nel sistema educativo, nella famiglia, nella comunità locale, nella nazione.” Una dimenticanza che si traduce oggi in un vero e proprio furto ai danni della generazione di studentesse e di studenti che oltre a convivere con l’emergenza COVID-19 ha dovuto imparare a fare a meno della scuola e di tutto quello che questo comporta: distanza dagli altri (amici e docenti), privazione di esperienze e attimi che mai più rivivranno con le emozioni proprie delle loro età.
Neanche dopo aver visto i dati del sondaggio di Save the Children e Ipsos di qualche giorno fa che denunciavano all’attenzione pubblica il rischio abbandono scolastico per oltre 30mila alunni in tutta Italia, nel Paese e nele Regioni ad alto rischio dispersione scolastica si è mosso nulla. Tutt’altro. In Calabria, dove più del 20% degli studenti abbandona la scuola prima del diploma, siamo arrivati all’accanimento contro chi difende il diritto a ritornare a scuola degli studenti delle scuole superiori. Tant’è che, accompagnati da comunicazioni poco istituzionali ma molto drammatiche e di “effetto”, gli atti in merito certificano, ad oggi, che la Calabria sarà l’ultima Regione che aprirà i cancelli delle scuole superiori il prossimo 31 gennaio. L’ultima dopo essere stata la prima a scegliere di chiuderli in maniera anticipata rispetto a quanto avvenuto nel resto del Paese già il 23 ottobre scorso.
Sia chiaro che nessuno tra i sostenitori delle “scuole aperte” vuole far correre rischi agli studenti o agli insegnanti. È chiara a tutti l’importanza della consapevolezza dell’obbligo alla cautela e alla sicurezza nei confronti del Coronavirus. Così come è chiaro che se c’è stato, com’è stato, un incremento dei casi in Calabria questo non è da imputare all’attività scolastica, ma forse, almeno per le fasce giovani, alla ricerca di una socializzazione che compensa la mancanza degli incontri a scuola, e che spesso avviene senza le regole che si dovrebbero rispettare nelle aule scolastiche.
Anche per questo non si può continuare a mantenere un approccio emergenziale nei confronti della scuola. Dopo 10 mesi, non si può più parlare ancora di emergenza. Dovrebbe essere arrivato il momento di passare ai correttivi, alle soluzioni. Dai tracciamenti degli insegnanti, ai test rapidi, fino alla riorganizzazione degli spazi nelle scuole. Dopo anni di lotte e sconfitte contro le scellerate politiche di chiusure delle scuole in virtù del dimensionamento scolastico, i nostri territori sono pieni di plessi scolastici vuoti, nei quali basterebbe, con la disponibilità dei Sindaci, qualche piccola opera di muratura e la sanificazione per poter ospitare studenti, docenti e personale scolastico e riprendere, in sicurezza, l’attività scolastica.
È arrivato il tempo di volgere lo sguardo verso questa generazione smarrita e programmare il rientro in classe, anche solo per far sembrare di voler restituire quel tesoro, la scuola, ai leggittimi proprietari: le studentesse e gli studenti.
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