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Cooperazione allo sviluppo, caro Padoan non invertiamo la tendenza
Dal 2013 ad oggi le risorse per la Cooperazione internazionale sono costantemente cresciute. Dalle anticipazione sul prossimo Documento di Economia e Finanza del 2018 si teme che per la prima volta ci sarà una flessione dallo 0,27 allo 0,26%. Le ong della Rete LINK 2007 hanno avanzato un suggerimento su come dovrebbe essere il nuovo focus “Cooperazione Pubblica allo Sviluppo (CPS)”: «si tolga l'ambiguità sui fondi e si dia una prospettiva certa all’impegno per l’adeguamento degli stanziamenti alla media degli altri principali paesi europei»
di Nino Sergi
Entro il 10 aprile il Consiglio dei ministri dovrà approvare e presentare alle Camere il DEF, Documento di economia e finanza. Si tratta del principale strumento della programmazione economico-finanziaria e indica la strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine.
Nella sezione 1, “Programma di stabilità per l’Italia”, un Focus sull’Aiuto pubblico allo sviluppo (APS) ha annualmente sintetizzato l’impegno italiano per la cooperazione allo sviluppo, evidenziando anche il graduale riallineamento agli standard internazionali come stabilito dal Parlamento con la legge 125/2014 che ha riformato il sistema della cooperazione italiana allo sviluppo.
L’ultimo DEF 2017 ha continuato ad usare la terminologia “aiuto pubblico allo sviluppo (APS)” mentre la legge 125/2014 parla ormai di “cooperazione pubblica allo sviluppo (CPS)”. E non è certo solo una questione terminologica ma di concezione e visione della cooperazione. Chissà che il DEF 2018 possa far proprio questo salto culturale.
Anche se sarà presentato da un Governo dimissionario, per quanto riguarda la cooperazione allo sviluppo il DEF potrà esprimersi in tutta tranquillità. La volontà dei partiti espressa nel programmi elettorali è infatti concorde, con diverse sfumature, nel dare rilevanza alla CPS: “piano Marshall per l’Africa” (Centrodestra), “multilateralismo, cooperazione, dialogo tra le popolazioni” (M5S), “innalzamento graduale del livello di contribuzione alla cooperazione” (PD), “rafforzamento della cooperazione e solidarietà internazionale” (LeU).
Le Ong della Rete LINK 2007 seguono con attenzione l’evoluzione qualitativa e quantitativa della cooperazione allo sviluppo dei paesi OCSE e possono suggerire come dovrebbe essere il nuovo focus “Cooperazione Pubblica allo Sviluppo (CPS)” del DEF 2018.
Partendo dai focus degli anni precedenti è possibile formulare una proposta aggiornata e lungimirante, che si spera possa essere ripresa nei prossimi giorni dal ministro Carlo Padoan e dal presidente Paolo Gentiloni. Eccola:
«In base alle rilevazioni preliminari, la CPS italiana nel 2017 si dovrebbe attestare sullo 0,26% del Reddito Nazionale Lordo (RNL). Ove confermato, tale dato rappresenta una flessione rispetto al 2016 che ha assicurato la percentuale dello 0,27% certificata dal Comitato per l’aiuto allo sviluppo dell’OCSE. Nel corso degli ultimi anni si era registrata una tendenza positiva in termini di CPS (0,17% nel 2013, 0,19% nel 2014, 0,22% nel 2015 e 0,27% nel 2016), che ha permesso di tenere fede agli impegni assunti a livello europeo e internazionale, in un percorso di graduale riallineamento degli stanziamenti annuali alla media dei Paesi OCSE, in linea con quanto previsto dall’articolo 30 della Legge 125 del 2014 (Legge di riforma della cooperazione italiana). Si rende quindi necessario ripristinare e rafforzare tale tendenza positiva, intervenendo possibilmente già nel 2018 a modifica delle previsioni contenute nella Legge di stabilità. Per quanto concerne il triennio 2019-2021, nella prospettiva del conseguimento, da parte dell’Unione Europea nel suo complesso, dell’obiettivo dello 0,7% entro il 2030 (orizzonte temporale stabilito dalla nuova Agenda per lo Sviluppo Sostenibile, adottata dal Vertice ONU di New York del settembre 2015), si indicano i seguenti obiettivi di spesa intermedi: 0,30% del RNL nel 2019, 0,34% nel 2020 e 0,38% nel 2021, per raggiungere lo 0,50% nel 2024.
Nel percorso di riallineamento, di conformità con gli altri paesi OCSE e di maggiore trasparenza, la quota delle spese per l’assistenza ai rifugiati in Italia che potrà essere contabilizzata come CPS si riferirà strettamente ai rifugiati nei dodici mesi in attesa del riconoscimento dello status e fino all’acquisizione di un impiego nei dodici mesi successivi. Non sarà invece contabilizzata come CPS ogni altra spesa relativa ai migranti in Italia. In ogni caso, la quota di spesa per i rifugiati contabilizzata come CPS non potrà superare il 10% dello stanziamento complessivo per la cooperazione allo sviluppo».
Si tratta di 294 parole che, se fossero accolte, definirebbero in piena trasparenza le tendenze della politica italiana per la cooperazione allo sviluppo, togliendo una volta per tutte l’ambiguità delle cifre e dando una prospettiva certa all’impegno per l’adeguamento degli stanziamenti alla media degli altri principali paesi europei.
Aumentare gli stanziamenti di uno 0,01% all’anno è una presa in giro se al contempo si afferma di voler mantenere gli impegni assunti a livello internazionale e di volersi adeguare alla media europea. E soprattutto se al contempo si calcola come cooperazione allo sviluppo la spesa per l’assistenza in Italia a rifugiati e immigrati in generale, per una somma che supera il 33% di quanto dichiarato come stanziamento complessivo per le attività di cooperazione internazionale allo sviluppo.
Non c’è qualcosa di incoerente, di assurdo e di opaco se il ministero dell’Interno ha gestito nel 2017 più somme – contabilizzate come cooperazione internazionale allo sviluppo – del ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale e della specifica Agenzia messi insieme? Nel riquadro “Aiuto pubblico allo sviluppo” della Legge di Bilancio Integrato 2018-2020 si legge la tipologia di spesa del ministero dell’Interno: «Spese per l’attivazione, la locazione, la gestione dei centri di trattamento e di accoglienza per stranieri irregolari. Spese per interventi a carattere assistenziale, anche al di fuori dei centri. Spese per studi e progetti finalizzati all’ottimizzazione ed omogeneizzazione delle spese di gestione». La contabilizzazione come CPS dovrebbe essere severamente limitata alla parte di spesa relativa all’accoglienza dei rifugiati, per periodi definiti e con un tetto di spesa che non possa superare annualmente il 10-15% degli stanziamenti complessivi per la cooperazione pubblica allo sviluppo. Nessun altro paese OCSE arriva a considerare il 33% dei costi dell’accoglienza come cooperazione allo sviluppo. Sviluppo di chi? Perfino la Germania che ha accolto quasi un milione di persone in un solo anno ha calcolato come spesa di cooperazione allo sviluppo solo una minima parte dei costi per l’accoglienza sul territorio tedesco.
Il diritto di asilo e l’accoglienza dei rifugiati, sanciti dall’articolo 10 della nostra Costituzione e dalla Convenzione di Ginevra, sono sacrosanti e doverosi. Ma non sono mai stati, nel passato, materia di “aiuto bilaterale” o di “cooperazione allo sviluppo”, né la nuova legge 125/2014 l’ha previsto in questi termini. Tale inclusione, per una cifra così rilevante, fa sorgere il serio dubbio che si stiano in realtà travisando le finalità della legge voluta con voto unanime dal Parlamento meno di quattro anni fa e raggirando la stessa visione di cooperazione e di partnership per un comune sviluppo che l’ha ispirata.
Nel frattempo, ci sono alcuni adempimenti urgenti, fondamentali per non paralizzare le attività operative a danno di partnership e impegni bilaterali, governativi e non governativi, in un anno cruciale per il consolidamento della nuova Agenzia, per la positiva conclusione dell’iter di riconoscimento di EuropeAid ai fini della cooperazione delegata (settori di attività delegati all’Agenzia italiana dalla Commissione Europea), per la review della nostra cooperazione che l’Ocse-Dac si appresta a fare nel prossimo anno, alla fine del quadriennio di esame.
Ecco i due principali adempimenti:
1. Il budget 2018 dell’Agenzia, già approvato dal Mef, dovrebbe essere ora alla firma del Ministro Alfano;
2. La programmazione per paese con le indicazioni di ripartizione della spesa richiede una delibera del Comitato Congiunto che si spera possa riunirsi a breve.
Senza questi due formalizzazioni l’Agenzia e la cooperazione italiana entrano in una dannosa paralisi amministrativa, che potrebbe prolungarsi data anche l’incertezza sulla formazione del nuovo Esecutivo. Il nuovo Governo potrà poi modificare, se lo ritiene, e definire altre priorità: ma intanto è urgente che si proceda.
*Nino Sergi è presidente emerito di Intersos e policy advisor di Link 2007
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