Politica

Tonino non si fermer

"Quila Malasanità e le ruberie ai malati uccidono più dell'Aids"dice il fondatore della Lila.Per aver denunciatoi"Comitati d'Affari" e il finto nonprofit è stato fatto bersaglio di sei pallot

di Federico Cella

Non stiamo parlando di una fiction e Michele Placido non ne è l?interprete. Non stiamo parlando di un eroe né di un martire, ma di un cittadino italiano come noi, o almeno, come dovremmo esserlo. I fatti, realmente accaduti, non sono avvenuti nel Bronx, né a Kinshasa e neanche a Belgrado. Tonino D?Angelo, medico dell?Asl Fg I di San Severo in provincia di Foggia lo scorso 14 marzo è stato accolto al suo rientro a casa da sei colpi di arma da fuoco, sei pallottole sparate ad altezza uomo che hanno sfondato una vetrata. Ma che non hanno, fortunatamente, raggiunto il loro bersaglio: una persona ?colpevole? di aver denunciato un ?comitato d?affari?, come lo chiama lui, che da anni fa della sanità pubblica, ma anche dell?assistenza privata, il proprio bacino da cui attingere, e magari anche lavare, i soldi. Da 23 anni in lotta contro il disagio «Dobbiamo combattere per riappropriarci del nostro territorio e per credere in quello che sembra un sogno: che i soldi destinati all?assistenza sociale e alla sanità siano davvero impiegati in questi settori». Cosi si presenta il dottor D?Angelo, fondatore con Vittorio Agnoletto dell?associazione Lila (Lega per la lotta all?Aids), che da 23 anni è impegnato nel servizio per le tossicodipendenze di San Severo, di cui è ora responsabile. «E? proprio attraverso il rapporto continuo con i ragazzi, e con le loro famiglie, che ho avuto la possibilità di venire in contatto con le parti davvero malate della società», ci spiega Tonino D?Angelo. «Come il contadino che lavora le zolle ha la possibilità di capire la composizione del terreno. Perché la gente di qui è disponibile a parlare e molto attenta, non c?è rigetto per chi vuole uscire dal silenzio, come accade da altre parti nel Sud. Sono venute fuori cose incredibili parlando con queste persone: dalla malasanità agli appalti edilizi, al traffico dell?eroina, a quello delle armi. E vedi che dietro a queste cose ci sono sempre le stesse persone, quelle persone che poi vengono a tagliare i nastri dei nuovi centri di recupero. Quindi se mi sono esposto non è per un senso assoluto di legalità, ma perché tutte queste ruberie tolgono risorse al nostro territorio, perché ci stanno rubando in casa». Un percorso molto simile a quello compiuto da don Luigi Ciotti, che alla fine di marzo ha organizzato a San Severo un corteo pubblico per dimostrare che Tonino D?Angelo – reduce da un attentato analogo nel ?92 – non è da solo a portare avanti la battaglia contro le mille manifestazioni della Mafia nel nostro Paese, come lo dimostrano le centinaia di aderenti all?associazione Libera creata dal prete torinese. Occuparsi dei ragazzi persi nella tossicodipendenza vuole anche dire venire in contatto con l?ultimo anello di una catena costruita su furti e omicidi, e il medico pugliese, in questo senso, ripete,spesso la frase pronunciata proprio dal fondatore del Gruppo Abele: «Un morto di droga è un morto di Mafia». A cui aggiunge: «Un morto di Aids è un morto di Mafia, e anche di Malasanità». Sei proiettili: il prezzo dell?onestà Questa volta la regia occulta a San Severo, patria di Pasquale Casillo, ex presidente del Foggia Calcio inquisito per collusione con la Nuova Camorra Organizzata, ha un nome e un cognome. Quelli fatti dal dottor D?Angelo: Vincenzo di Venere, arrivato da Bari nel ?95 per dirigere la Asl FGI, da allora pare sia conosciuto in città come ?Mister 10 per cento?. Siamo in una regione dove solo qualche anno fa era stato ucciso a Foggia un funzionario della Pubblica Amministrazione ?ribelle?, ma anche in una città di cinquantamila abitanti dove, in una settimana, sono state raccolte oltre cinquemila firme contro il Direttore generale dell?Asl. Per il quale si parla di appalti truccati, nel settore sanitario e non solo, ma anche di processi -come quello contro il giornalista televisivo Antonio Lubrano per querela – con avvocati dalle parcelle da favola, a spese del cittadino, scelti in famiglia . E il tentativo, qualche anno fa, di licenziare il dottor D?Angelo, reintegrato dopo qualche tempo da una sentenza della Cassazione. «Ora è stato licenziato lui, perché evidentemente si era toccato il fondo. Ma prima di andarsene ha comunque voluto lasciarmi quest?altra ?replica armata?», racconta Tonino D?Angelo, che dice di non aver paura, ma di credere in uno scatto d?orgoglio del Meridione contro tutti i ?comitati d?affari?. In aumento le false realtà non profit «Sono consapevole di vivere in un film di Mafia, ma credo in questa battaglia che definisco per la tenuta democratica della nostra società. Bisogna mettere mano a questo pezzo consistente di non-sanità, perché da noi Tangentopoli non c?è mai stata, e anche se la Commissione Antimafia tutte queste cose le sa e le denuncia, poi si ferma tutto: si impone il senso di impunità e così ?l?affare?, rubare ai malati, continua ad andare bene a tutti». Ma non al dottor D?Angelo, che dopo un solo mese dal fatto del 14 marzo non ha già più diritto al servizio di scorta. «Io voglio fare dei processi in piazza, perché ora che aspettiamo i vari gradi di giudizio possono passare secoli. La giustizia è lenta, mentre la malavita è veloce, soprattutto a sparare», continua. «Non è vero che combattere la Mafia vuoi dire creare disoccupazione e disagio sociale. L?attività di Libera ha dimostrato come centinaia e centinaia di miliardi possono ridiventare risorse per il territorio». Mentre i fondi, invece, spariscono nel nulla. E questo accade sia nel settore pubblico che in quello del privato sociale; un motivo in più per la presenza di Nuccio lovene, presidente del Forum del Terzo settore, al corteo di Libera. «Stanno ormai crescendo come funghetti», conclude amaro il dottor D?Angelo. «Strutture che si presentano come realtà non profit, e tali certo non sono, attive nell?assistenza agli anziani, ai disabili, ai malati. Mentre a livello nazionale si discute molto sulla strutturazione del Terzo settore, bisogna capire che da noi manca proprio tutto, anche solo una base su cui poter lavorare. Bisogna spezzare il cerchio».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA