Cultura

MilanoAmbiente ritorna. E sceglie la carta e l’edicola

Torna lunedì in edicola la storica testata che tra il 1987 e il 1992 segnò un'importante stagione nella riflessione sull'ecologia critica. Il bimestrale uscirà solo su carta, riaprendo un importante spazio alle idee e al dibattito. Ne parliamo con Riccardo De Benedetti

di Marco Dotti

Lunedì torna MilanoAmbiente, una rivista che ha segnato una bella e importante fase di riflessione . Torna nel luogo naturale per una rivista: l'edicola. Torna con il nucleo storico Roberto Rainoldi, Mauor Borrella Patrizia Faccioli, Pier Vito Antoniazzi. E Riccardo De Benedetti, con il quale abbiamo scambiato qualche idea. Eccola.

Milano/Ambiente torna. E torna su carta. Una scelta che sembra indicare una precisa presa di posizione sul rapporto fra idee e materialità del mezzo…
In un’epoca nella quale sembra tramontato il rapporto tra ciò che si pensa della realtà, la sua rappresentazione e il supporto che la sorregge, ritornare alla vecchia carta non per abolire ciò che oggi si impone con forza pervasiva ma per indicare che c’è anche dell’altro oltre lo schermo ci è parso più che una sfida, quasi un dovere. Domenica scorsa ci ha lasciato Mario Vegetti, storico della filosofia antica. Per uno strano risvolto del caso, o forse di qualcos’altro, il giorno prima che ricevessi la notizia, ho preso dalla libreria le sue «Quindici lezioni su Platone». Ebbene, la lezione platonica e socratica, notava Vegetti, è inizialmente priva di supporti. Quasi del tutto affidata all’oralità. Di più, coloro che usavano altri mezzi erano visti con sospetto dall’agone che governava la polis. Mi rendo ben conto che non è la carta stampata in quanto tale a garantire la qualità dell’informazione e delle idee che veicola, però è altrettanto vero che un rinnovato affidarsi al gioco di distanza e prossimità che la lettura di carta consente può essere un valore da recuperare. Soprattutto sui temi della città e della sua conformazione, trattando dei quali la velocità fosforescente dei Led e degli schermi tv ha quasi sempre la meglio.

Non è singolare che una rivista di ecologia critica – possiamo chiamarla così? – scelga proprio la carta?
Sì la chiami bene. Faceva parte del gioco di qualche tempo fa: togliamo i supporti classici e il mondo rivivrà, abbandonerà la tendenza allo spreco, inquinerà di meno e vivremo tutti più felici. Peccato che non fosse vero. Basterebbe l’esempio paradossale delle criptovalute. Dovrebbero essere l’emblema (e le monete lo sono sempre state di qualcosa, soprattutto di quel qualcosa che è il potere) della smaterializzazione e, guarda un po’, per produrle occorre mettere in campo una quantità di energia di molto, di tanto, superiore a quanto la stampa delle vecchie monete cartacee e metalliche richiedeva.

Credo che lo stesso possa dirsi della curiosa illusione che percorre la rete nella sua beata incoscienza, vale a dire quella di correre nell’aere quasi senza supporto. Ma il supporto c’è, e come se c’è. Un’ecologia finalmente critica, e non è certo solo la nostra, ci mancherebbe, non può che fare a meno di queste semplificazioni o di questi giochetti da marketing. Prima le toglie di mezzo meglio è per tutti. Soprattutto per coloro che ancora si muovono e cercano di agire per quello che credono sia il miglioramento della loro piccola fetta di mondo.


Non era finito il tempo delle «riviste di idee»?
I tempi sono sempre scaduti per le idee. Anche se poi, convenientemente, ci si dimentica che grazie al loro decadimento possiamo riprenderle come e quando vogliamo. Magari, anzi sicuramente, rivedute, rimescolate, smozzicate, qualche volta balbettanti, a tal punto che si può aver voglia di passarle in rassegna. Crediamo che questo sia il significato vero della “rivista”, un guardarsi intorno. Un cogliere dove si può e come si può quel residuo di pensato che le cose si portano sempre appresso. La città è l’ambiente migliore per passare in rassegna la Wunderkammer del mondo.

È tutta una questione di punti di vista. “Milano Ambiente” nasce nel lontano 1987 e si ferma nell’ancor più lontano 1992. Dopo una lunga traversata nel deserto, nella quale motivazioni, bisogni e necessità per l’azione ambientalista hanno subito lo strazio che abbiamo sotto gli occhi, ci ripresentiamo. Cambiati ma sempre uguali

Riccardo De Benedetti

Sono passati molti anni dall'ultimo numero di MilanoAmbiente. È cambiato il mondo. Ma è cambiata anche la coscienza ecologica del mondo. O forse no?
Sì, moltissimo è cambiato. Se poi, giustamente, chiami la coscienza a testimoniare di questo cambiamento, allora non c’è dubbio che non è possibile pensare il cambiamento senza considerare la coscienza come il cambiamento in quanto tale. Solo che non è possibile calcolare un più o un meno di coscienza ecologica; non c’è il misuratore della coscienza ecologica del mondo. Ad un certo punto, forse per mantenere in funzione un meccanismo del genere crescita/decrescita della coscienza ci si è affidati al misuratore di tutte le cose, la tecno-scienza, disponendo il regolo in modo tale che l’avanzare di quest’ultima dovesse coincidere con l’avanzare del mito della coscienza. I fatti ci dicono che non è così, a tal punto che molte certezze di un tempo si sono attenuate e se questo avviene come fai a misurare la coscienza ecologica di un luogo, di un tempo? Non ha più punti di riferimenti e sei obbligato a rimettere tutto in discussione. Se sei in buona fede. Se non lo sei nascondi la polvere sotto il tappeto.

Che cosa troverà il lettore in Milano/Ambiente e dove vi troverà, se vorrà seguirvi?
Ci troverà nelle edicole da lunedì prossimo. Troverà Milano e il mito ordinario (stavo per dire plebeo) della sua attrattività, distrutto e ricostruito a ogni voltar di gomito del tempo. Sulla prima pagina di MilanoAmbiente abbiamo pubblicato il bozzetto di una tela di Alzek Misheff, un artista bulgaro la cui carriera nell’avanguardia, fin quando ne ha fatto parte, è stata milanese e non solo. Fa parte dei suoi «Ritratti immaginati di suonatori campestri». Acqui, dove vive, Milano dove è vissuto, Mosca la Terza Roma di una certa ortodossia, e la New York che nulla lascia alla nostra immaginazione dopo che ci è stata propinata in tutte le salse cinematografiche. Milano è dipinta sotto la guglia non più della Madonnina ma del palazzo bancario per eccellenza, piazza Gae Aulenti. L’atmosfera è da tregenda, ma i suonatori immaginati, Alzek suona splendidamente il piano, si ostinano ad essere campestri. Hai visto quanti campi ci sono ancora a Milano?

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