Famiglia
Un giornale che fa bene alla Terra
Dal quartier generale di Washington,dove è nata più di un secolo fa,la Società(oggi 10 milioni di soci)diffonde lo studio della geografia, dei popoli e dell'ambiente.
di Redazione
In teoria, da oltre un secolo, la sua missione è sempre la stessa: ampliare e diffondere la conoscenza della geografia. In realtà la storia della National Geographic Society è la storia di un mito. Il mito degli antichi pionieri americani e dei moderni esploratori di tutto il mondo. Di uomini che dedicano la loro vita alla ricerca e all?amore della natura con occhi da poeti, cuore da cacciatori e mente da scienziati.
Da centodieci anni, il National Geographic non è solo la rivista cult che ha immortalato le immersioni di Jacques Yves Cousteau o i viaggi spaziali dell?oggi settantenne e idolatrato senatore e astronauta John Glenn. No, la storia della Società del National Geographic è soprattutto la storia della più grande organizzazione non profit del mondo che oggi conta dieci milioni di soci e ogni anno investe milioni di dollari nell?educazione, l?insegnamento della geografia e la preservazione della biodiversità; ma anche per favorire l?incontro fra i popoli, la salvaguardia di specie in via di estinzione, finanziando spedizioni nelle zone ancora inesplorate del mondo.
Il suo quartiere generale si trova a Washington, dove la notte del 13 gennaio del 1888, un gruppo di professori guidati da Gilbert Grosvenor decisero di fondare un?organizzazione che si dedicasse al nobile scopo di diffondere la conoscenza in tutto il mondo. In ricordo di quella notte, centodieci anni dopo, un computer dell?università del Wisconsin ha ricostruito il cielo stellato del 13 gennaio 1888: 710 lampadine che brillano sul soffitto nero, nell?atrio dell? imperante edificio che ospita il museo, l?auditorium e gli uffici della società. La National Geographic Society infatti oggi è un vero impero del non profit: il suo budget, 500 milioni di dollari, viene ridistribuito ogni anno nelle miriadi di progetti e missioni in tutto il mondo.
Mappe in regalo agli studenti
«Quindici anni fa la geografia era praticamente scomparsa dalla scuola americana», dice Dale Petrowsky, presidente dei dipartimento programmi e missioni della Società. «Non potevamo permettere che il mondo si restringesse improvvisamente, perciò ci siamo offerti volontariamente di regalare mappe e libri agli studenti, di portare insegnanti volontari nelle principali scuole di tutti gli Stati d?America. Ogni anno organizziamo attività, conferenze e incontri; training per migliaia di insegnanti, giochi interattivi e addirittura olimpiadi internazionali della geografia per studenti di tutto il mondo».
E infatti a oggi la Società, attraverso la National Geographic Education Foundation, ha investito 100 milioni di dollari per promuovere lo studio della geografia in America: 100 mila scuole hanno ricevuto mappe e atlanti gratuitamente, 11 mila insegnanti hanno frequentano i corsi di formazione della Società e 5 milioni di studenti hanno partecipato alla National Geographic Bee, la competizione geografica.
«Le cose sembrano diverse, viste da qua sopra», diceva l?attore Robin Williams ai propri studenti nel film L?attimo fuggente, mentre li incitava a salire sui banchi. Con questo stesso spirito, gli insegnanti e gli scienziati della Società del National Geographic si avvicinano agli studenti che ogni anno arrivano nelle sale del museo per partecipare ai viaggi interattivi. Fra statue delle civiltà preincaiche, video sul sistema solare o rappresentazioni virtuali di un tornado, mappamondi giganti, sistemi solari, rettili e dinosauri, ogni giorno c?è anche Robert Ballard, il famoso esploratore che ha scoperto i resti del Titanic e che dalla foresta pluviale amazzonica conduce gli studenti in un viaggio interattivo per svelare loro i misteri della bio-diversità.
Il progetto Jason mette in comunicazione l?équipe che si trova nella foresta con vari gruppi di studenti in America e all?estero. Partendo dagli effetti dell?impatto creato dall?asteroide caduto sulla Terra 65 milioni di anni fa, gli studenti discutono con Robert Ballard e incontrano altri studenti peruviani che, da una postazione nella foresta amazzonica, parlano di specie ancora sconosciute, delle erbe usate per i medicinali, ma anche delle tradizioni dei popoli che vivono nella foresta pluviale. Anche dall?Italia è possibile partecipare, basta navigare nel sito Internet www.jasonproject.org
E poi ci sono le Olimpiadi geografiche, dove gli studenti dell?Argentina ogni anno si sfidano a colpi di nomi di città, fiumi e montagne; i russi e francesi gareggiano sui problemi della siccità, gli inglesi e neozelandesi si affondano a furia di definizioni sull?ecosistema. L?ultima, nel 1998, è stata sponsorizzata dalla carta di credito Mastercard, e ha avuto coinvolto migliaia di ragazzi di dieci nazioni. «Quando abbiamo nominato le superstar della geografia, abbiamo provato un?emozione molto profonda», spiega Petrowsky. «L?aumento di interesse per la conoscenza è il coronamento del nostro sogno. Come l?edizione del nostro giornale in lingua spagnola, giapponese, e ora anche italiana, la realizzazione delle Olimpiadi per noi significa che centodieci anni non sono passati invano,anzi».
Il National Geographic Bee invece è la gara riservata agli studenti americani. Utilizzando la metafora dell?alveare e dell?ape (bee), la Società raduna ogni anno 18 mila studenti di diversi livelli. I vincitori si aggiudicano un viaggio e i finalisti partecipano al quiz televisivo ?Jeopardy? trasmesso dal canale Pbs. Il vincitore dell?anno scorso è stato Alex Kerchner che ha risposto correttamente alla domanda:«Qual è il Paese più densamente popolato dell?Asia che ha tre milioni di abitanti in un?area di 250 mila miglia quadrate?» La risposta è stata: «Singapore». Una settimana dopo Alex è potuto partire per Singapore con un viaggio premio.
Un mito che si nutre di miti
Ricerche, scoperte e esplorazioni. Oceani, montagne e deserti. Il Comitato per la ricerca e l?esplorazione della Società ha cercato di sfiorare le vette dell?Olimpo, cambiando in qualche caso la storia del mondo grazie alle scoperte dei suoi scienziati. Attraverso le grants, le borse di studio, fino a oggi la Società ha finanziato 6400 progetti di ricerca. Nel 1912 Hiram Bingham scoprì la città inca di Machu Pichu, sulle Ande peruviane. Nel 1909 Robert Peary guidò la storica spedizione al Polo Nord. Nel 1929 ha sostenuto William Beebe, che nel 1934 raggiunse il record mondiale di 900 metri di immersione in una batisfera (poi battutto da Piccard). Sono tanti, tantissimi i miti dell?esplorazione mondiale sostenuti e finanziati dal Comitato della Società: l?esploratore oceanico Cousteau, la studiosa degli scimpanzé Jane Goodall, Donald Johanson (che nel 1974 ha trovato in Etiopia ?Lucy?, il famoso scheletro umano completo risalente a tre milioni di anni fa).
Per il 1999 la Società ha concesso 250 borse di studio e ha stanziato 763mila dollari non solo per sostenere le grande spedizioni geografiche, ma anche per incoraggiare piccole e grandi ricerche in tutti campi: antropologia, archeologia, biologia, geologia, paleontologia, oceanografia e zoologia. In marzo Ed Viesturs è andato in Nepal per scalare ?ottomila? come il Manaslu e il Dhaulagiri mentre da qualche settimana Pete Atahns sta guidando una spedizione sul tetto del mondo, l?Everest. Non solo: la società concede borse di studio anche a studenti e ricercatori dell?ecosistema. La biologa americana Sylvie Earle, conosciuta come ?Sua profondità?, sta lavorando per conto della società in un progetto di studio sull?ecosistema degli oceani, Bob Ballard partirà per il Mar Nero, Nevada Wier per il Nilo, Alan Robinson per la foresta Lacandona, nel sud del Messico, dove si crede ci siano molti resti della antica civiltà maya ancora nascosti. E poi ci sono i relitti delle navi del quinto secolo da far riemergere, le foche da salvare, i pinguini da studiare, i leoni marini da aiutare, alcune specie di uccelli che hanno dimenticato le antiche rotte di immigrazione da orientare…
Insomma le ricerche della Società non si fermano mai. John Francis è arrivato alla National Geographic Society come ricercatore. Ha ottenuto una borsa di studio per lavorare in un progetto di osservazione di una specie di foche in via di estinzione. Oggi è il vicepresidente del Comitato per la ricerca e l?esplorazione della Società e regista dei documentari del canale televisivo del National Geographic. L?anno scorso ha passato quattro mesi nell?isola cilena di Robinson Crusoe dove il marinaio scozzese Alexander Selkirk ha identificato i veri luoghi del famoso naufrago reso immortale dal romanzo di Daniel Defoe: «Il nostro obbiettivo era seguire le foche per capire perché, dopo essersi allontanate dall?isola per nutrirsi, alcune non tornavano più. Così abbiamo messo una piccolissima videocamera chiamata cork-camera (tappo) su un collare apposito e le abbiamo seguite nel loro viaggio».
L?isola di Robinson Crusoe
John Francis ha dedicato anni della sua vita alle foche. Durante la sua permanenza nell?isola di Robinson Crusoe è stato attaccato dalle foche che voleva aiutare e ha perso la sensibilità al braccio destro, ma non si è mai pentito: «Eravamo degli estranei che invadevano il loro ambiente naturale, era normale che ci attaccassero», riprende a raccontare. «Era impossibile avvicinarle, ma io avevo dato un nome a ognuna di loro. Parlavo con loro e ogni giorno, in mezzo a quel paradiso naturale, dove io e i miei compagni siamo rimasti isolati per mesi, così mi sono inventato una storia diversa per ognuna di loro. Seguirle nel loro viaggio nelle profondità dell?oceano, attraverso la videocamera, è stata un?esperienza esaltante. Vederle come si muovono, comunicano, mangiano e fanno l?amore mi ha fatto pensare molto sulla vita, sulla diversità delle specie, sui mille modi di essere degli esseri viventi. Insomma ho capito che il mondo non può essere ridotto all?uomo. Ecco perché sono felice che esista un?organizzazione come quella del National Geographic. Perché il mondo è vasto, vario ed infinito e bisogna conoscerlo. Questa è la missione della Società Geografica Nazionale e questa è la mia missione: la conoscenza».
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.