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Il boom dei 5 Stelle al Sud? Non basta il reddito di cittadinanza per spiegarlo

L'analisi post elettorale di Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione Con il Sud che sul numero di Vita magazine in distribuzione da venerdì intitolato "Dopo 50 anni di fallimenti, Sud, adesso basta" lancia il suo j'accuse: «Le ricette dei partiti tradizionali sulla pelle dei cittadini meridionali ormai scivolano come olio su marmo, occorre cambiare il paradigma: la ripresa sociale viene prima e traina quella economica»

di Redazione

Il reddito di cittadinanza? «Non credo che basti a spiegare il successo dei 5 stelle da Roma in giù». I grafici dell’Italia meridionale completamente colorata di giallo grillino hanno fatto il giro del web nelle scorse ore. I 5 Stelle hanno raccolto tra il 40 e il 50% dei voti in Campania, Sicilia, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria e Sardegna. Molti osservatori, fra cui Repubblica, hanno evidenziato la stretta correlazione fra il voto a favore di Di Maio e i tassi socio-economici del nostro Mezzogiorno. I dati Istat per esempio mostrano che il Movimento ha ottenuto più del 40% in regioni come la Calabria e la Sicilia dove il tasso dei senza lavoro supera il 20%. Basta questo per spiegare l’onda gialla? E poi: al voto pro Movimento seguirà una rinnovata attenzione per il Sud.

Abbiamo girato la domanda a Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione Con Il Sud. Un suo intervento apre il numero di Vita magazine in uscita venerdì 9 sotto il titolo: “Sud, adesso basta”, nel quale Borgomeo sostiene con forza la necessità di cambiare paradigma dopo 50 anni di fallimenti: «Per generare sviluppo a Sud occorre prima ricostruire il tessuto sociale, e sarà proprio questa rigenerazione a trainare la ripresa economica. Il contrario non può avvenire. Ormai dovremmo averlo capito». Fino ad ora invece le ricette sono andate esattamente nel verso opposto.


Borgomeo, si aspettava un exploit così clamoroso dei 5 Stelle?
Me lo aspettavo, ma sono sorpreso dalle dimensioni. Queste sì inattese. Al Sud c’è bisogno di discontinuità e lo si sarebbe dovuto capire già da un anno e mezzo a questa parte. I dati del referendum del 4 dicembre erano rivelatori. Il mezzogiorno più che contro la riforma costituzionale, avevano votato contro tradizionale, vecchio e rutinario di affrontare la questione Meridionale. I 5 Stelle hanno saputo intercettare questa esigenza.

Lo hanno fatto giocando la carta del reddito di cittadinanza. Secondo alcuni osservatori un vero e proprio jolly in un territorio ancora profondamente ferito dalla crisi. Concorda?
No. O quantomeno. Non del tutto. Innanzitutto occorre chiarire che il reddito di cittadinanza non una misura specificatamente a vantaggio del Sud. Secondo, credo che agli occhi degli elettori meridionale il tratto attraente dei grillini fosse appunto la loro diversità dal resto dell’offerta politica. In un certo senso, è una mia opinione ben inteso, credo che li avrebbero votati anche senza la bandiera del reddito di cittadinanza. Lo ripeto: tutte le altre ricette ormai scivolano addosso a questo elettorale come olio sul marmo. Con questo non voglio dire che anche in questo ultimo frangente non si siano prese misure apprezzabili, ma sono state misure non percepite dall’elettorale.

Lei nella veste di presidente di Fondazione Con il Sud ha avuto modo di interloquire con il Movimento?
Un paio di volte per due incontri pubblici su lavoro e fondazioni di comunità, ma niente più di questo.

Per generare sviluppo a Sud occorre prima ricostruire il tessuto sociale, e sarà proprio questa rigenerazione a trainare la ripresa economica. Il contrario non può avvenire. Ormai dovremmo averlo capito

Dopo questi voto la questione meridionale potrà riconquistare l’attenzione della politica?
Non saprei. I 5 Stelli un risultato lo hanno certamente ottenuto: hanno bruciato tutti i cacicchi del Sud per usare un’espressione cara ad Aldo Bonomi. E lo hanno fatto col napaln. Adesso abbiamo di fronte a noi un deserto. E qui siamo al bivio: o la grande ricostruzione o il grande nulla?

Lei è più o meno ottimista rispetto al 3 marzo?
Forse un po’ più pessimista, perché nei 5 Stelle ho visto una grande forza destruens (dal caso De Luca in giù), ma non sono stato, almeno finora, nelle condizione di capirne la visione.

Un plebiscito di queste proporzioni al Sud avrebbe fatto gridare all’allarme “criminalità organizzata”. Mafia, Camorra e ‘Ndrangheta non votano più?
Credo di poter dire che di certo la criminalità organizzata non si è dissolta da un giorno all’altro. Ma mi fermo qui. Su questo fronte è sicuramente necessario un approfondimento.

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