Cultura

Musica zingara di classe e romanticismo a fiotti

Recensione del cd "Rovava" di Vera Bilà.

di Enrico Barbieri

Di re, regine e reucci è pieno mondo della musica. Lei però, voce possente, stazza da antica matrona, occhi neri e penetranti, il titolo non solo lo merita, ma addirittura lo impone. Vera Bílá è la regina dei gitani: un popolo che ha conquistato cantando. Da piccolissima ha cominciato ad affilare la voce col padre violinista nella piccola città a est di Praga dov?è nata. Da sempre le parole delle sue canzoni sono in lingua ceca, ma hanno dentro mille paesi e secoli di storia. Dopo una serie di concerti in Europa, Vera Bílá si presenta al pubblico italiano assieme alla sua band con un disco esplosivo. Un?incursione nell?arsenale ritmico latinoamericano, tanto per caricare ulteriormente una musica già ad alto potenziale danzereccio, più l?aggiunta di qualche ingrediente pop. Ecco Rovava. Un album che regala momenti di estasi religiosa (per esempio con un Amen di gran intensità), ma soprattutto piccole storie intorno all?amore, al sesso, all?abbandono. Il tutto è raccontato con le parole più semplici possibili e cantato con grinta e passione. Magari ogni tanto, nei pezzi a regime più basso, cala un po? la tensione e l?impronta pop si fa troppo profonda. Ma chi altro, se non una gitana, avrebbe diritto a mescolare le carte? Con tutto il rispetto per Bregovich e compagnia, questa è la musica zingara. Meno raffinatezze e meno rigore filologico, ma romanticismo a fiotti. Sarà pure un po? kitsch, ma a loro (e a noi) piace così.


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