Cultura

Austerliz: capolavoro necessario e abissale

Recensione del libro "Austerlitz" di W. G. Sebald.

di Domenico Stolfi

Joseph Austerlitz è un uomo che cammina su un abisso. Non ha amici, né una donna, ma soprattutto, non ha un inizio. Un destino crudele lo ha amputato d?un pezzo della sua vita. In quei primi quattro anni fondamentali nell?esistenza di chiunque, non sa chi è stato, dov?è vissuto, chi l?ha messo al mondo. Tutto rimosso, risucchiato in un buco nero in cui vagolano ombre inquietanti. La sua vita è dominata da un?ossessione, quella dell?architettura moderna: stazioni di ferro e vetro, tribunali spettrali, carceri, deliranti costruzioni panottiche sono i luoghi che frequenta, osserva, chiosa di riflessioni maniacali. Adottato da una coppia gallese, vive a Londra, ma pian piano cresce in lui la necessità di ritrovare quei quattro anni perduti. Va a Praga e scopre d?essere stato un bimbo ebreo costretto a fuggire dalle persecuzioni naziste su un treno per Londra. Lasciandosi alle spalle tutto: genitori, ricordi, affetti, se stesso. Austerlitz (Adelphi, 16 euro) di W.G. Sebald racconta questa storia con una potenza espressiva che prende il lettore alla gola e lo investe d?ustionanti vampate di verità, quasi insostenibili. Ma la forza della grande letteratura è questa: non mentire mai, avere il coraggio di fissare lo sguardo sulla condizione umana e tenerlo lì, con coraggio e pietas. Solo così, ai confini del Nulla, ci sorprenderà il baluginìo dell?Essere, traccia tenace, inesauribile. Austerlitz è un romanzo meraviglioso. Necessario e abissale come lo sanno essere solo i capolavori.


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