Mondo

Con il dottore nella foresta

50 giorni a nord di Phnom Penh, assieme a un medico e a un gruppo di cooperanti italiani.

di Redazione

Valeria Turrisi, 28 anni, fotoreporter originaria di Lecco, ha trascorso un mese e mezzo in Cambogia catturando con i suoi scatti anche il lavoro dei volontari del Cesvi, una organizzazione non governativa che opera per migliorare la situazione sanitaria nelle zone rurali. In questo diario racconta le giornate, condivise con i volontari e la popolazione cambogiana, trascorse nella provincia di Kompong – Chhnang. Sono in una provincia della Cambogia dal nome impronunciabile, vivendo un momento unico. Oggi la sveglia è alle 5.30: alle 6 ci passano a prendere. Michele Usuelli, il medico del Cesvi, dr Michael per i cambogiani, mi prepara un più che passabile Lavazza ristretto. È sorprendente come dopo tre settimane in assenza di caffeina il mio corpo reagisca con tale energia. La prima tappa è in ufficio per recuperare gli altri membri dello staff: Mali, l?ostetrica, mr Heng, l?assistente di Michele, e mr Indrai, esperto in health promotion. Nel veicolo, musica khmer si alterna a Guccini e Branduardi, l?ambiente è molto allegro e gli uomini non si lasciano scappare l?occasione per battute sarcastiche nei confronti di Mali, che per schiarirsi il viso con un po? di cipria è costretta a nascondersi. Dopo una mezz?ora di sterrato si arriva a uno dei 4 centri di salute della provincia in cui il Cesvi opera. Tutti si attivano: grandi sacchi e secchi stipano il retro del pick-up. Si riparte percorrendo un?ora di mulattiera, anche se chiamandola così le si fa un gran complimento. Ecco il villaggio: da un megafono parte una musichetta metallica, sulle cui note il dr Michael si esibisce in una danza khmer-brianzola scatenando risa ed entusiasmo tra gli abitanti. Il villaggio, 50 nuclei familiari e qualche palafitta in meno, una strada in cui la polvere si alza al passare di motorette che arrivano inverosimilmente a trasportare famiglie di 5, 6 e più persone, cariche di 50 polli appesi per le zampe o un paio di maiali a pancia in su, tutti rigorosamente vivi. Torniamo all?attività che comincia frenetica: Mali, un infermiere del centro di salute governativo con il quale il Cesvi collabora, e una volontaria del paesino, cominciano la fase di prevenzione. Tutti mostrano diligentemente il cartellino giallo su cui si annota ogni vaccinazione e i relativi richiami, pronti a farsi bucare! Michele in modo molto didattico mi spiega il trasporto con contenitore frigorifero delle fiale e l?utilizzo di nuove siringhe monodose e monouso. E pensare che al cinema di solito scosto lo sguardo per evitare la vista dell?ago che penetra la carne! Dovrei iniziare a lavorare anch?io, ma esito: sarò in grado di fotografare fedelmente ciò che sta accadendo? Non credo di essere all?altezza. Mi ricordo che ieri sera, dopo cena, Michele mi ha detto che se fossi riuscita a registrare anche solo una piccola parte di ciò che il suo staff e lui stanno cercando di fare, così come il modo e l?atmosfera, sarebbe stato un utile apporto al progetto: «È necessario che si veda! L?aiuto umanitario non è solo emergenza, non si agisce soltanto durante le catastrofi: qui lavoriamo nella quotidianità per costruire qualcosa che rimanga nel tempo». Ci provo. Dr Michael mi fa un cenno per attirare la mia attenzione, sta alzando le esili braccine di un neonato, avrà cinque o sei mesi, ma io che ne posso capire? Con lo sguardo preoccupato mi dice che quel bimbo non gli piace per nulla, non reagisce agli stimoli: malnutrizione? Lo sveste, lo adagia sull?unica cosa pulita nel raggio di chilometri, le magliette candidamente bianche del Cesvi, e comincia la visita. Apparentemente il piccolo non vede e non sente, un pensiero bruttissimo mi attraversa la mente?non ce la potrà mai fare? Mr Indrai si avvicina per la traduzione, interroga la madre sulle condizioni del parto: come previsto, ci sono state delle complicazioni. Michele comunica alla donna le misure urgenti e la trasferisce al più presto al centro sanitario. Mentre scatto, intravedo negli occhi del giovane medico lampi di disperazione (ma forse mi sbaglio), è un professionista spaventosamente umano. Mi ritengo fortunata ad averlo incontrato. I volontari del villaggio, Savhoie e mr Indrai iniziano a immergere le zanzariere nel liquido insetticida e preparano i sacchi per la distribuzione, da due a cinque per famiglia a seconda della prole. Il megafono di mr Heng chiama con forza il mio nome, mi precipito in fondo alle scale instabili della palafitta ginecologica per assistere alla spiegazione su ?utilità e utilizzo delle zanzariere?. La tanto attesa ?Campagna antimalaria?. Michele sfodera una serie di frasi in khmer catturando l?attenzione dei volti sorpresi. «Io amo la Cambogia, ma c?è qualcosa in Cambogia che non mi piace, si chiama malaria!» Per la distribuzione lo staff si avvale di precise liste con i nomi di tutte le famiglie. Un capofamiglia, padre o madre, si presenta con un libriccino giallo che risponde al nome di Family Card; sbircio, sulla prima pagina, la foto di un uomo e il numero di figli a carico: accidenti, 12! Mr Heng urla il primo nome della lista, tutti guardano il proprio vicino e una donna indica l?uomo al suo fianco, ride e dice qualcosa che alla mia fantasia suggerisce «È lui, tocca a lui». Io scatto e cerco di svuotare il cervello aiutata dal caldo infernale. Valeria Turrisi GUIDE in libreria Cambogia, ediz. Edt, 18,8 euro Vietnam, Laos e Cambogia, Kummerly +Frey, 20 euro Vietnam e Cambogia, Calderini, 20 euro


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