Mondo
Il viaggio di Time negli Stati Uniti dell’eroina
Un numero speciale del settimanale americano Time racconta l’aumento esponenziale del consumo di oppioidi nel Paese e la conseguente cifra record di overdose: sono oltre 64mila le persone che muoiono ogni anno
Mentre continua il silenzio nella campagna elettorale di casa nostra sulla rinnovata emergenza droga, negli Stati Uniti il più importante settimanale sbatte in prima pagina “Un’emergenza umanitaria tra le mura di casa”. Così il settimanale americano Time ha definito l’aumento esponenziale del consumo di oppioidi negli Stati Uniti e la conseguente cifra record di chi per questo perde la vita ogni giorno. Sono infatti oltre 64mila le persone che muoiono ogni anno per un’overdose. «Eppure», scrivono gli editor «le statistiche non sono abbastanza per raccontare la gravità di quello che sta succedendo».
È proprio per questo che il settimanale ha dedicato un intero numero speciale dal titolo “The Opioid Diaries”, letteralmente “I diari degli oppioidi” a questa crisi, definita da Time “la peggiore epidemia di tossicodipendenza nella storia americana”.
Un numero monografico sviluppato sia sul settimanale che con un progetto online, dove viene raccontata la quotidianità dei protagonisti di questa emergenza, da chi fa uso di sostanze, alle famiglie dei tossicodipendenti, fino ai cosiddetti “first responders”, cioè i paramedici, i poliziotti e i pompieri che per primi arrivano a soccorrere chi di overdose rischia di morire.
Ad entrare nelle viscere della piaga-oppioidi che ha colpito il Paese, James Nachtwey, fotografo di guerra che per Time ha seguito i principali conflitti degli ultimi trent’anni e che, insieme a vice-direttore della fotografia del giornale, Paul Moakley, ha trascorso gli ultimi 12 mesi raccogliendo oltre 200 storie di chi vive la tossicodipendenza sulla propria pelle, ogni giorno.
«È una questione difficile da comprendere e amaramente ironica: la profondità della sofferenza causata dalle droghe il cui obiettivo apparente sarebbe proprio alleviare il dolore», scrivono gli editor. «Le statistiche offrono una percezione parziale di questa devastazione. Nel 2016, 64mila americani sono morti per overdose, tanti quanti hanno perso la vita in Vietnam, Iraq e Afghanistan messi insieme. Gli Stati Uniti sono il Paese più ricco al mondo, eppure l’aspettativa di vita è calata sia nel 2015 che nel 2016. Oltre 122 persone muoiono ogni giorno a causa di siringhe di eroina, capsule di fentanil e ossicodone. Moltissimi altri ci vanno molto vicino ma sono salvati dal naxolone, un antidoto che è entrato a far parte della quotidianità di chi fa il poliziotto, tanto quanto lo sono le manette».
A cadere più facilmente nella tossicodipendenza le fasce meno istruite della popolazione, anche se, come ha dichiarato Walter Bender, vice-sceriffo nella Contea di Montgomery in Ohio, «Raggiunge ogni parte della società: classe operaia, classe dirigente, coinvolge tutti. Non è solo un problema di chi non ha mai lavorato un giorno nella vita. È un problema dei piloti d’aerei, degli insegnanti. Sono sicuro che ci sono poliziotti, pompieri là fuori che soffrono di dipendenza. Sono i cittadini comuni che stanno morendo».
Cittadini come John, 49 anni, fotografato nel bagno di un ristorante di Boston mentre si prepara ad iniettarsi una dose. «Avevo una carriera come commerciale nell’industria delle automobili. Facevo un sacco di soldi, più di 100mila dollari l’anno. Ho sempre bevuto e fumato ma queste cose non mi hanno mai davvero toccato sul serio. Poi ho iniziato ad usare l’ossicodone. Gli oppiacei sono tutta un’altra cosa». Una sensazione che John descrive come «un caldo abbraccio da Gesù. Era iniziata come una cosa da fare una volta ogni tanto, ma poi mi sono detto, “se mi posso sentire così bene di venerdì e di sabato, perché non dovrei sentirmi così bene anche di martedì e mercoledì?”», solo che i prezzi delle pastiglie iniziano a salire improvvisamente costano 80$ a pastiglia. A questo punto sono sulle 6 o 7 pastiglie al giorno. Non mi alzo dal letto senza. Ho sempre saputo dell’eroina ed era un confine che non volevo attraversare. Ma sai, a quel punto era troppo tardi. L’eroina era così economica. Ho iniziato a farmi ed è così da 15 anni. Quando sei un tossicodipendente non prendi più le tue decisioni, le decisioni sono prese per te […] Non sto cercando di morire, contrariamente a quello che pensa la gente. Non sto cercando di uccidermi. Ho solo una dipendenza».
Non sto cercando di morire, contrariamente a quello che pensa la gente. Non sto cercando di uccidermi. Ho solo una dipendenza.
John, 49 anni
Ad avere delle responsabilità importanti nell’incremento degli oppioidi secondo Time, le compagnie farmaceutiche «che hanno contribuito a dare origine a questa epidemia promuovendo aggressivamente gli oppioidi come una soluzione a basso rischio per i dolori cronici di lungo periodo. Adesso sappiamo che sono tutto tranne una soluzione a basso rischio, eppure le case farmaceutiche hanno continuato a spingerli e a premiare i medici che li prescrivono. I tentativi di diminuire le prescrizioni sono stati utili ma agli americani sono prescritti più oppioidi di qualsiasi altra persona al mondo». Tanto che il rapporto è di 1 contenitore di pillole per ogni adulto americano.
«Questo numero di Time, il primo nei nostri 95 anni di storia dedicato al lavoro di un unico fotografo è un tentativo di andare oltre i dati e le politiche. Negli ultimi tre decenni, James Nachtwey ha fotografato guerre, carestie e terrorismo in giro per il mondo. Era lì quando le Torri Gemelle sono cadute l’11 settembre e quando i carri armati americani sono entrati a Baghdad. Le sue immagini dei corpi spettrali in Somalia hanno fatto luce sulla fame, contribuendo a salvare 1.5 milioni di persone», scrivono gli editor di Time. «Nachtwey va nei luoghi da cui gli altri cercano di fuggire disperatamente, rischiando la vita sotto i proiettili e le granate, nella convinzione che l’unico modo per fermare la sofferenza sia esserne testimoni. L’anno scorso abbiamo chiesto a Nachtwey di essere testimone di una crisi umanitaria nel suo Paese […] Il risultato è un racconto profondamente umano delle vittime degli oppioidi, le persone oltre le statistiche».
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