Formazione

La paga dei poveri sbaglia le somme

Poche richieste al Nord, al Sud invece è stato un boom.Eppure il lavoro nero non è diminuito. Il salario di Stato alle famiglie è una bella idea, ma rischia di rimanere inapplicata.

di Carlotta Jesi

Elemosina di Stato, solo un altro modo di appendere il cappello al welfare o reale strumento per sconfiggere povertà ed emarginazione sociale? A nascondere il suo vero significato in questo ventaglio di possibilità è il Reddito minimo di inserimento. Ossia la versione nostrana del ?new deal? di Tony Blair, al secolo decreto 237 del 1998, che la ministra Livia Turco ha voluto introdurre in Italia in via sperimentale per due anni. Obiettivo: combattere l?emarginazione sociale non solo assistendo le famiglie bisognose ma coinvolgendole attivamente in programmi di formazione e recupero. È andata così? A sei mesi dal via, siamo andati a vedere come funziona il programma tentando un primo bilancio insieme agli amministratori dei Comuni che lo stanno gestendo ed erogano alle famiglie un? integrazione del reddito che varia da 500 a 1.800 mila lire mensili. Quali sono i risultati raggiunti finora? Il reddito minimo di inserimento funziona oppure no? ?Abbastanza? rispondono i Comuni di tutta Italia che per pubblicizzare l?iniziativa hanno mobilitato giornalisti, parroci, commercianti, associazioni di volontariato e persino star delle televisoni locali. I dati parlano chiaro: nelle Regioni del Nord e del Centro le domande di accesso al reddito minimo sono inferiori all?attesa, al Sud invece la superano ma la percentuale delle richieste accolte è veramente bassa. Qualche esempio? A Cologno Monzese, dove si attendevano circa 1.947 domande, sono stati compilati solo 147 moduli e accolte 38 richieste di accesso al reddito; 800 le domande presentate a Massa Carrara contro le 1.869 stimate; 18 mila a Napoli che se ne attendeva 6.093 e potrà soddisfarne circa 3 mila. Colpa dell?Istat che ha sbagliato le stime, dei Comuni che non sponsorizzano abbastanza l?iniziativa o del Ministero che fissa criteri di ammissibilità troppo rigidi? «Un po? di tutti», risponde il dottor Ficarra responsabile del programma a Limbiate in provincia di Milano. «Abbiamo iniziato a raccogliere le domande il primo di febbraio ma i moduli non sono neppure il 10% di quelle 1.266 famiglie povere stimate dall?Istat. Abbiamo affisso il bando dell?iniziativa per tre mesi, pubblicato articoli sui giornali locali e mobilitato tutto il mondo associativo, dunque il problema non è tanto quello dell?informazione. Credo piuttosto che i criteri di ammissione siano dei ?paletti? che non tengono conto di molte realtà sociali. Il lavoro nero, per esempio, non si concilia affatto con i programmi di reinserimento sociale che accompagnano l?integrazione del reddito. E così molte persone preferiscono non partecipare al programma piuttosto che lasciare un lavoro fisso, anche se non regolare». Per la fase di sperimentazione, che la maggior parte delle aree campione ha iniziato da qualche mese e dovrà tassativamente concludere entro il 31 dicembre del 2000, il ministero della Solidarietà Sociale ha, infatti, versato 112 miliardi suddivisi tra le varie Province e precisi criteri di ammissibilità: reddito non superiore alle 500 mila lire mensili per una persona che vive da sola, assenza di patrimonio mobiliare e immobiliare fatta eccezione per l?unità usata come abitazione, residenza nei Comuni di sperimentazione da almeno 12 mesi e disponibilità a lavorare e frequentare corsi di formazione. «Credo che nei criteri di ammissione non si tenga conto di situazioni come quelle dei giovani con problemi di tossicodipendenza e reddito nullo che magari al momento stanno in comunità ma avrebbero diritto al reddito minimo», precisa l?Assessore alla promozione sociale di Genova Sergio Rossetti «Da gennaio abbiamo raccolto 557 domande, approvato 425 richieste ed esaurito il budget di un miliardo concesscoci finora dal ministero. Lo stesso dicasi per chi svolge un lavoro nero. Insomma, credo che questa iniziativa sia un?ottima opportunità ma che sia necessario capire che fine faranno le famiglie dopo la fase di sperimentazione». Avranno cioè compreso il ruolo di impegno attivo che ci si attende da loro e messo a frutto quanto imparato rendendosi indipendenti? «È proprio questo il punto», aggiunge il dirigente delle politiche sociali di Massa Carrara Silvana Bonotti. «L?iniziativa è buona perché, a differenza di quanto avveniva in passato, non fa solo assistenzialismo ma aggancia ogni erogazione a un progetto concreto tanto da stipulare un ?patto di mutuo rispetto? tra cittadino e istituzioni. In sei mesi, su 1860 famiglie povere stimate dall?Istat, abbiamo raccolto 800 domande e fatto 100 rifiuti per la maggior parte dei casi motivati da confronti incrociati tra le dichiarazioni rese nei moduli e quelle dell?anagrafe. Ma la verità è che molte persone vengono escluse dal reddito ingiustamente come gli extracomunitari che vivono qui da oltre tre anni, e dunque avrebbero diritto al reddito, ma sono stati regolarizzati solo recentemente e in pratica lo perdono». Secondo i diretti interessati, insomma, anche se ha il grande merito di aver fatto emergere da un limbo geografico e di responsabilità sociali le reali situazioni di bisogno, la legge dovrebbe essere più duttile. A difenderla ci pensa Maurizio Silveri, coordinatore della Commissione di esperti nominata dal ministero degli Affari Sociali per monitorare l?iniziativa. Che a ?Vita? dichiara: «Ricordiamoci che siamo in una fase di sperimentazione e interpretiamo bene i dati. A Napoli, per esempio, le domande consegnate sono il doppio di quelle previste perché il comune ha deciso di estendere la sperimentazione a tutto il capoluogo e non solo alla circoscrizione in cui era stato previsto. Credete davvero che l?Istat sia così ingenuo da stimare solo 6 mila famiglie povere in tutta Napoli? Insomma, c?è sicuramente ampio spazio per aumentare il budget e le attività di promozione, ma l?iniziativa è buona e comincia a dare risultati concreti». Cos?è l?assegno e chi lo può avere Cos?è il reddito minimo di inserimento? – È uno strumento di sostegno delle persone a rischio di marginalità sociale introdotto dal ministero degli Affari sociali in via sperimentale fino al 31/12/2000; – costituito da trasferimenti monetari integrativi del reddito e programmi di reinserimento sociale; – erogato per un anno e rinnovabile; – non cedibile, sequestrabile o pignorabile e, ai fini fiscali, equiparabile alla pensione sociale. Requisiti di accesso al Reddito minimo: – rischio di emarginazione sociale, con priorità per chi ha figli minori o portatori di handicap; – reddito non superiore alle 500 mila lire mensili per chi vive solo (per le famiglie composte da due o più persone la soglia di reddito è determinata in base a una scala di equivalenze); – assenza di patrimonio, ad eccezione dell?unità immobiliare adibita ad abitazione se posseduta a titolo di proprietà; – residenza legale da almeno 12 mesi, o 3 anni se extraeuropei e apolidi; – se in età lavorativa,ma disoccupate: disponibilità a lavorare o frequentare corsi di formazione professionale. Così, comune per comune Per ogni comune la stima Istat delle gfamiglie povere e le domande presentate e accettate Cologno Monzese(MI) famiglie:1.947 domande:147(83) Cosenza famiglie:1.629 domande: 1.628(760) Foggia famiglie:3.440 domande: 1.000 Genovafamiglie: 643 domande: 557(425) L?Aquilafamiglie:1.258 domande: 1500(600) Massa Carrarafamiglie:1.869 domande: 800(700) Napolifamiglie:6.093 domande: 18.000(3.000) Rovigofamiglie:618 domande: 200(200) S.Nicolò d?Arcidano(OR)famiglie:207 domande: 80(28)


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