Mondo
Il professore della pace
"In questa guerra si gioca il nuovo ordine mondiale, che sarà molto più barbaro di prima perché basato sulla legge del più forte. Unico antidoto, la mobilitazione personale"
Il professor Antonio Papisca è un uomo con i piedi per terra. Per lui parole come ?pace?, ?democrazia?, ?diritti umani? non sono solo grandi ideali, ma le basi del moderno diritto internazionale. Quello stesso diritto che avrebbe dovuto impedire la guerra nel Kosovo. Per questo, lui che è docente di Relazioni internazionali all?università di Padova e direttore del Centro studi per i diritti dell?uomo e dei popoli, ha firmato l?appello ?Io vado a Pristina? promosso da ?Vita?. Gli abbiamo chiesto di spiegarci perché, come afferma, questa non è solo una guerra, ma qualcosa – se possibile – di ancora più serio.
Ma professore, cosa c?è di più grave di una guerra?
L?affermazione di un nuovo ordine mondiale, sicuramente più temibile perché basato su rapporti di forza tra Stati e non più su valori condivisi da tutti.
Si può spiegare meglio?
Dopo l?ultima Guerra mondiale c?è stata una vera rivoluzione nelle relazioni internazionali. Dopo gli orrori dell?Olocausto e di Hiroshima si decise che era tempo di fondare un nuovo diritto internazionale basato su valori universali come pace, democrazia e diritti umani, ripudiando l?ordine primitivo fondato sulla legge del più forte. La radice di questo nuovo ordine fu la Carta delle Nazioni Unite del 1945, con cui nacque l?Onu, e la Dichiarazione dei diritti dell?uomo del 1948. Per la guerra, è chiaro, non c?era più posto: infatti venne bandita e definita un ?flagello?. Concetto recepito dalla nostra Costituzione che infatti ?ripudia? la guerra.
Insomma negli ultimi 50 anni qualsiasi azione di forza è stata fuorilegge?
No, non siamo ingenui. L?uso della forza è ammesso, ma soltanto da parte delle Nazioni Unite, che infatti hanno un proprio esercito. I singoli Stati non possono mai usare la forza da soli, con un?unica eccezione: la difesa da un?aggressione. In questo caso lo Stato aggredito può difendersi militarmente, in attesa di un intervento dell?Onu che spenga il conflitto. C?è un corollario: anche un organismo regionale come la Nato può intervenire per risolvere una crisi, ma deve essere autorizzata dal Consiglio di sicurezza dell?Onu. Nel caso del Kosovo, questa autorizzazione non è mai arrivata, quindi siamo davanti a una palese violazione del diritto internazionale.
La Nato sostiene di essere intervenuta per motivi umanitari.
È un concetto che non sta in piedi, e spiego perché. Intervenire laddove vengono violati valori supremi è legittimo giuridicamente, ma non senza autorizzazione, a meno che si tratti soltanto di una operazione di polizia internazionale. Sfido chiunque a definire di ?polizia internazionale? l?intervento Nato in Kosovo. Il vero problema sa qual è? Che una vera polizia internazionale dell?Onu non è mai esistita. Ed è puerile che la Nato si giustifichi con argomenti tipo ?se non interveniamo noi, chi può farlo??, perché dipende anche dagli Stati della Nato far funzionare l?Onu. Ma nessuno lo fa, e io sospetto che questo atteggiamento nasconda un piano molto raffinato…
Quale?
Delegittimare l?Onu. Gli Stati Uniti, è chiaro, non sopportano più di essere la nazione più forte del mondo e contare come l?ultima isola del Pacifico in seno all?Assemblea generale. Per questo puntano ad affermare la legge del più forte, e il bello è che ci stanno riuscendo.
Come uscirne?
Avanzo una proposta che si rifà a un principio generale: i territori dove convivono popoli diversi sono il vero patrimonio dell?umanità, molto più dei monumenti che tutela l?Unesco. A questi Stati occorre riconoscere un?ampia autonomia – che non significa secessione – su cui vigili una autorità internazionale di garanzia Onu. Una soluzione di buon senso che i potenti non capiscono, ma che le migliaia di persone che hanno aderito all?appello di ?Vita? hanno ben compreso e che riaffermiamo insieme con la forza della nostra testimonianza.
Io vado a Pristina…
E a Belgrado. Perché non posso limitarmi ogni giorno all?indignazione di fronte alla brutalità della guerra che vede anche il mio Paese e l?Europa intera coinvolti.
So che il futuro della Pace nel nostro continente dipende anche da me, dalle iniziative che anche personalmente riuscirò a mettere in campo.
Troppo poco ancora si sta facendo per curare, sostenere e lenire le sofferenze di tutti coloro che sono stati feriti nel corpo e nell?anima dalla guerra del Kosovo, ed io farò tutto ciò che posso per sostenere, anche personalmente, tutte le iniziative umanitarie.
Però so che finché non taceranno le armi non sarà rimossa la causa prima del dolore di centinaia di migliaia di fratelli kosovari e serbi.
Per questo, forte solo del potere dei senza potere e della mia testimonianza personale, voglio gridare ai responsabili del governo della Federazione jugoslava che la Pace non può nascere da un?escalation di violenza e brutalità contro popolazioni inermi, voglio gridare ai responsabili dei governi dei Paesi della Nato che la libertà e la giustizia non possono essere frutto di di violenza.
Con la sola forza disarmata della mia testimonianza chiedo che i responsabili delle nazioni in conflitto riprendano con vigore e fiducia la strada del dialogo e del negoziato. E chiedo che l?Onu diventi il perno di ogni iniziativa di pace.
Non posso rimanere a guardare dopo un mese di violenze e sofferenze; con gesto personale voglio costruire da subito un futuro di pace per noi e per i nostri figli, per noi e per tutti i popoli d?Europa.
Per questo ho deciso di dare la mia disponibilità a partecipare all?invasione pacifica del Kosovo insieme a tutti coloro che vogliono la pace.
Io andrò a Pristina testimoniando con la forza della non violenza che la Pace è possibile, adesso.
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