Non profit

Tutto il calore di quota ottomila

Viaggiare e conoscere l’Himalaya Un’associazione ligure propone viaggi in Nepal. Su strade affascinanti. E sostenibili

di Emanuela Citterio

Partire preparati. è la parola d?ordine per chi affronta la montagna. «Il K2 non è proprio l?ideale per i principianti, meglio cominciare da qualcosa di più basso», scherza Davide Arrigo, la montagna nel sangue e una ventina di viaggi nell?Himalaya alle spalle. Alpinista esperto, Arrigo è una delle guide di Ram, l?associazione da cui ha preso il via il movimento di turismo responsabile in Italia. «I veri amanti della montagna sono già di per sé turisti responsabili», afferma. «Camminano, e quindi non inquinano, non usano la plastica, e si comportano in modo da rispettare la natura perché, semplicemente, la amano. Andare in montagna è una filosofia di vita». Davide ha cominciato da bambino con le camminate sopra Lecco e oggi accompagna i turisti responsabili in Ladakh, una regione indiana di cultura tibetana visitabile solo nei mesi estivi e chiusa dalla neve nel resto dell?anno. Poi c?è il Nepal, il grande amore. «Lo stupore davanti alla spettacolarità della natura che si sperimenta sulle montagne nepalesi è impossibile da dimenticare», dice. «Ma per conoscere il Nepal bisogna amare la montagna. Nei villaggi sulle montagne himalayane si arriva solo a piedi. Anche la maggior parte dei generi di prima necessità arriva sulle spalle dei portatori». Sull?Himalaya il turismo di lusso fa fatica ad arrivare. «La sobrietà e l?ospitalità sono i valori che trasmettono i nepalesi delle montagne», dice Davide. «Anche se spesso gli occidentali idealizzano il fascino delle cime e la vita semplice della gente. Che, in realtà, è una vita molto dura». L?incontro con la popolazione locale è uno degli aspetti che distinguono il turismo responsabile da quello che propone mete a uso e consumo del turista occidentale. Per organizzare i viaggi le guide di Ram si appoggiano ad associazioni locali, a cooperative di artigiani e contadini e a organizzazioni nepalesi che hanno a cuore le sorti del proprio Paese. Ram lo chiama turismo di incontro: durante i trekking si pernotta per lo più presso famiglie e si incontrano i rappresentanti delle associazioni con cui Ram è in contatto. «Sul prezzo di un viaggio normalmente solo il 20 per cento rimane nel Paese ospitante», dice Davide Arrigo, «il resto ritorna nel circuito dell?industria turistica occidentale. Gli alberghi sono di proprietà di multinazionali straniere e persino il cibo offerto ai turisti viene dall?Occidente». Il turismo responsabile cerca di aumentare la percentuale di denaro che resta nel Paese ospitante, limitando quello che viene speso in Europa alle sole spese di viaggio e dell?attrezzatura. Inoltre, una quota del costo (di solito 50 euro a testa) va a finanziare un progetto di sviluppo sociale.


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