Economia

Banca Etica: sta crescendo l’esclusione finanziaria

La terza edizione dello studio dell'istituto “L’economia da ricostruire e le responsabilità della finanza” rileva come la concentrazione del mercato bancario riduce l'accesso al credito per famiglie e pmi

di Redazione

Il livello di inclusione finanziaria in Italia – stando agli ultimi dati disponibili relativi al 2018 – è di circa 4 punti percentuali al di sotto del livello osservato nel 2012. Qualche timido segnale di miglioramento è osservabile tra 2017 e 2018, ma con la forte incognita di quali saranno, gli effetti della crisi da COVID-19 sulla vulnerabilità finanziaria di imprese e famiglie.

È quanto emerge dalla terza edizione dello studio sull’inclusione finanziaria curato da Banca Etica. La ricerca – intitolata “L’economia da ricostruire e le responsabilità della finanza” – è stata presentata online con un evento moderato dal direttore di Domani, Stefano Feltri, con la partecipazione di Lucia Schiona (ricercatrice di Banca Etica); Alessandro Messina (direttore generale di Banca Etica); Vittorio Pelligra (docente di Economia all’Università di Cagliari); Marco De Guzzis (amministratore delegato di Sardex).

I dati della ricerca
L’indicatore originale di inclusione finanziaria elaborato da Banca Etica combina diverse variabili che misurano da un lato la penetrazione dei servizi bancari (come ad esempio la diffusione degli sportelli e l’utilizzo dell’online banking) e dall’altro le condizioni di accesso al mercato del credito. I risultati sono analizzati nell’arco del periodo 2012-2018, con una segmentazione a livello nazionale, regionale e provinciale.

Il Nord-Ovest e il Centro sono le aree che mostrano il livello di inclusione finanziaria più elevato, pur registrando – entrambe – un peggioramento delle condizioni rispetto a 8 anni fa. Il peggioramento più marcato si osserva per il Nord-Est: un diretto risultato delle crisi bancarie che hanno colpito questi territori. Le condizioni di inclusione finanziaria peggiori si registrano al Sud e nelle Isole: nel 2018 circa 20 punti percentuali inferiori al livello di inclusione finanziaria osservato nella media nazionale del 2012.

Milano resta la provincia con il miglior indice di inclusione finanziaria, seppur in flessione. In seconda posizione si piazza la provincia di Roma, seguita da Siena, Brescia e Treviso. La provincia del Mezzogiorno che evidenzia la migliore posizione in classifica è Bari (41° posto), con un livello di inclusione finanziaria comunque inferiore alla media nazionale. In coda alla classifica la provincia di Reggio Calabria, con un indice di inclusione finanziaria pari a circa il 60% di quello medio nazionale. Seguono – a salire – le province di Enna, Crotone, Vibo Valentia e Agrigento.

Concentrazioni bancarie e credit crunch riducono l’inclusione finanziaria
Lo studio dimostra chiaramente che la caduta dell’inclusione finanziaria è interamente attribuibile alla riduzione dell’offerta creditizia. Il credito si riduce, diventa più selettivo, discrimina segmenti di popolazione e di tessuto produttivo, in particolare le piccole imprese. In Italia come in Spagna, Paese in cui Banca Etica opera dal 2014 e a cui è dedicato un approfondimento della ricerca.

«Il credito è fattore di sviluppo, delle persone, delle imprese e dei sistemi economici», ha detto il direttore generale di Banca Etica, Alessandro Messina, «In un’economia sana, il credito è efficiente, redistribuisce i saldi finanziari, favorisce opportunità per chi ha potenziale immateriale (competenze, capacità produttiva, talento, buone idee) ma non sufficienti risorse. Nella crucialità di questa funzione, associata a quella di gestione e protezione del risparmio, sta la centralità pubblica – perché di interesse generale, a prescindere dagli assetti proprietari – di quanto accade nel mercato bancario. Banca Etica, per sua missione, adotta il punto di vista di chi rischia l’esclusione dal circuito finanziario. Per questo, da 3 anni misura con indici sintetici l’inclusione finanziaria. In Italia e in Spagna i fenomeni sono simili, così come le traiettorie del mercato bancario, che accomunano i due paesi: meno intermediari, meno sportelli, più concentrazione (cresciuta del 35% in Italia, del 50% in Spagna), forte riduzione dell’offerta di credito, crescita delle aree di vulnerabilità finanziaria, soprattutto per le persone più fragili: giovani, anziani, lavoratori autonomi.

C’è molto da lavorare per la finanza etica nella declinazione concreta di un modello inclusivo del fare banca. Auspicando che cresca la propensione delle autorità di supervisione, delle istituzioni con compiti di indirizzo, dei centri di ricerca e delle università ad adottare il punto di vista di chi è a rischio di esclusione. In tal senso, l’azione di stimolo culturale e politico rappresenta il principale obiettivo che Banca Etica si prefigge con il presente lavoro”.

Il ruolo della finanza etica
Banca Etica da oltre 20 anni si impegna a riannodare i fili che legano finanza e sviluppo inclusivo ed eco-compatibile delle comunità, soprattutto nelle aree maggiormente soggette al rischio di esclusione finanziaria: nel 2019 Banca Etica ha erogato al Mezzogiorno il 19,2% del proprio portafoglio crediti, contro il 14,8% delle media del sistema bancario; l’8,4% è andato a clienti residenti nelle Province con tasso di disoccupazione superiore al 20% (contro il 5,3% del totale Italia). In tutte queste aree economicamente più fragili, Banca Etica mostra, a differenza del sistema bancario nel suo complesso, un rapporto tra impieghi e raccolta maggiore di 1. Questo significa che Banca Etica utilizza il risparmio delle aree più forti per fare impieghi anche in quelle più deboli innescando un processo virtuoso di “redistribuzione finanziaria”. Valorizzare le risorse inespresse dei territori a rischio marginalità attraverso il credito si dimostra non solo un contributo essenziale al bene comune ma anche un’eccellente soluzione per la solidità dell’istituto (lo dimostra il basso tasso di sofferenza della banca pari, al 2019, a 0,64 % contro circa 1,5% del sistema bancario del Paese). «Occorre veicolare le risorse private (oltre a quelle pubbliche) verso una strategia capace di mettere al centro l’economia reale, l’empowerment e la rigenerazione delle comunità in una logica di equità e giustizia economica e sociale. È una sfida che attende tutti gli intermediari e che la finanza etica ha già raccolto».


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