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In Tigray, Etiopia: accendere la speranza in terra di conflitti

Dopo un faticoso accordo di pace tra Etiopia e Eritrea nel 2018, che ha messo la parola fine a un conflitto durato vent’anni, la situazione è nuovamente precipitata a causa del recentissimo scoppio del conflitto nella regione del Tigray, dove Cesvi opera insieme al partner di Alliance2015 Helvetas

di Redazione

L’Etiopia è uno stato del Corno d’Africa, situato nel versante orientale del continente che conta una popolazione di oltre 100 milioni di abitanti. Negli ultimi anni l’Etiopia ha registrato la più rapida crescita economica tra gli stati africani dal 2007 in avanti (Fondo Monetario Internazionale), ma nonostante questo continua ancora oggi ad essere uno dei paesi più poveri del mondo.

Le cause sono molteplici. La produttività agricola, ad esempio, è molto ridotta a causa del cambiamento climatico: un’accentuata siccità e pratiche agricole non adeguate mettono a rischio la sicurezza alimentare di milioni di persone. A cui si aggiunge un’intensa attività di deforestazione su tutto il territorio nazionale con pesanti ripercussioni sulle condizioni di vita di persone e animali.

Tutto questo si somma all’instabilità della regione. Dopo un faticoso accordo di pace tra Etiopia e Eritrea nel 2018, che ha messo la parola fine a un conflitto durato vent’anni, la situazione è nuovamente precipitata a causa del recentissimo scoppio del conflitto nella regione del Tigray, dove Cesvi opera insieme al partner di Alliance2015 Helvetas.

Da decenni l’Etiopia è anche una terra di innumerevoli flussi migratori che rendono la vita delle comunità locali difficile e instabile. L’Etiopia, infatti, si configura come un Paese di origine, transito e destinazione di rifugiati e migranti. A causa della sua posizione geografica, si trova al centro delle tre principali rotte migratorie africane: la rotta Nord, che attraversando Sudan e Libia costituisce la via d’accesso all’Europa; la rotta Est, che permette ai migranti di raggiungere lo Yemen e i paesi del Golfo attraverso Gibuti e Somalia; infine la rotta Sud, diretta in Sudafrica.

L’Etiopia accoglie e ospita molti rifugiati che decidono di stabilirsi definitivamente in questo Paese; oggi è il secondo Paese in Africa per numero di rifugiati registrati regolarmente: 744.143 (UNHCR, gennaio 2020).

In questo difficile contesto, Cesvi insieme al partner di Alliance2015 Helvetas ha realizzato il progetto W.E.A.L.T.H.S.: Integrated Services in WASH, Environment and Livelihood sectors in Tigray – Hitsas and Shimelba Refugees Camps and Neighboring Communities”, co-finanziato da AICS (Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo), con l’obiettivo di supportare rifugiati e comunità ospitante al fine di garantire l’accesso alle risorse per tutti e mantenere la stabilità sociale. Nei campi di Shimelba e Hitsas, sono stati costruiti 4 nuovi pozzi d’acqua di superficie, 2 sistemi di raccolta pubblici di acqua piovana, più di 200 nuove latrine tra campi sfollati (presso varie abitazioni) e comunità ospitanti (presso scuole o altri edifici pubblici), e 300 riabilitazioni di singole latrine nei campi di sfollati o rifugiati.

A questo si aggiunge il supporto all’avvio di attività generatrici di reddito per 160 persone tra rifugiati e membri della comunità ospitante, di cui circa il 40% donne. Tra queste c’è Nuru Bichenso (29 anni), ospite nel campo di Shimelba nel Tigray in Etiopia dal 2017. Nuru è originaria di Gash Barka in Eritrea, dove ha vissuto con la madre e i figli vendendo merci nei mercati nel fine settimana. Nuru è l’unica tutrice dei suoi quattro nipoti che vivono insieme a lei, poiché la sorella è mancata anni addietro.

Nuru è stata costretta a lasciare il suo Paese per sfuggire alla prigione, a cui sarebbe stata destinata se non fosse fuggita: le sue nipoti avevano tentato di lasciare l’Eritrea, ma erano state arrestate una volta raggiunto il confine. In quanto loro tutrice, Nuru sarebbe stata arrestata. Fuggire per l’Etiopia e condurre una vita da rifugiata era l’unica soluzione per sopravvivere.

Oggi è una dei rifugiati a cui sono stati forniti, tramite il progetto di Cesvi e Helvetas, corsi di formazione sulla gestione delle attività imprenditoriali. Dopo aver completato con successo il programma di formazione a Nuru sono stati forniti circa 300 dollari di materiali per avviare una piccola attività commerciale a casa sua, nel campo di Shimelba. «Mia madre è molto malata. Quindi questo progetto mi ha permesso di aprire la mia attività in casa, in modo da poter essere vicina e prendermi cura di lei mentre lavoro”. Inoltre, grazie al supporto di Cesvi e Helvetas i suoi figli frequentano la scuola. «Voglio assicurarmi che stiamo tutti insieme e voglio aiutare i miei figli ad avere una buona istruzione, essere tutti al sicuro e in salute».

Il progetto ha fornito altre formazioni dedicate all’agricoltura, irrigazione e competenze imprenditoriali per favorire la produzione agricola nei campi in terreni piccoli con accesso alla micro irrigazione per creare autosufficienza economica e connessione con il mercato locale.

Molti rifugiati ne hanno preso parte come Samson Tsehaye, eritreo di 48 anni che vive a Hitsas, uno dei quattro campi profughi che ospitano rifugiati nel Tigray. Samson è padre di cinque figli, ed è arrivato nel campo con la sua famiglia all’inizio del 2019: oggi ha una piccola fattoria, in cui coltiva papaia, pomodori e altri frutti da vendere nei campi profughi e nella comunità ospitante.

Samson ha partecipato a due corsi di formazione per migliorare le sue abilità in agricoltura e le conoscenze tecniche, e per fornirgli informazioni di natura economico-finanziaria.

Successivamente, ha ricevuto attrezzature agricole, motori per pompare l’acqua e semi specifici per avviare la produzione. Questo lo ha aiutato a nutrire la famiglia e migliorare il loro sostentamento.

Samson in realtà si è scoperto agricoltore proprio a Hitsas: «Le prime settimane dopo il nostro arrivo ho iniziato ad aiutare uno dei contadini vicino al ruscello». Un giorno l’agricoltore decise di andarsene e, per mostrare la sua gratitudine, trasferì la proprietà del piccolo appezzamento di terreno a Samson e alla sua famiglia. «Lavoro in questa fattoria da più di un anno ormai. I miei vicini pensano che lo faccia da anni, ma non ho mai fatto questo lavoro in vita mia – continua – e ho capito che puoi fare qualsiasi cosa, devi solo fare un passo alla volta e puoi sempre imparare».

«Ho anche aperto un piccolo negozio dove vendiamo i prodotti dei campi. Ho anche affittato dei terreni vicino alla fattoria, dove pianterò cipolle e altri ortaggi per garantire ai miei figli un’alimentazione adeguata e un futuro migliore».

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