Mondo

Iraq: Powell, cacciare Saddam per un mondo più sicuro

Il segretario di Stato americano difende, in una conversazione con l'ANSA, la determinazione degli Stati Uniti di cambiare il regime iracheno

di Redazione

”Il regime di Saddam Hussein continua a sviluppare armi di distruzione di massa ed e’ una minaccia per i suoi vicini piu’ che per gli Stati Uniti”: rovesciarlo ”e’ una questione di sicurezza”, piu’ ancora che di principio. Il segretario di Stato americano Colin Powell, difende, in una conversazione con l’ANSA e con alcune altre agenzie di stampa, la determinazione degli Stati Uniti di cambiare il regime iracheno, ma respinge le accuse di unilateralismo rivolte all’Amministrazione americana. Powell riconosce che il presidente George W. Bush, che s’e’ impegnato a rovesciare il rais di Baghdad entro la fine del suo mandato, ”non ha ancora deciso la strada da seguire e se ricorrere al militare. Ma, se sara’ necessario”, lo fara’. Della minaccia irachena, il segretario di Stato dice: ”L’Iraq, sotto questo leader, sta sviluppando armi di distruzione di massa, chimiche, biologiche, fors’anche nucleari. Il pensiero che un uomo del genere dispone di armi del genere dovrebbe terrorizzare il mondo intero”. E di Saddam Hussein, parla in questi termini: ”Quest’uomo ha avuto dieci anni per mostrare al mondo che non costituisce una minaccia. Ha avuto dieci anni per usare la ricchezza che e’ nascosta nella sabbia dei suoi deserti, il petrolio, a buoni fini”. Ma non l’ha fatto. A questo punto, il presidente Bush ”e’ deciso a portare questo caso all’attenzione del mondo e a fare tutto quello che e’ necessario perche’ il regime cambi. Bush sta agendo in modo responsabile; sta valutando tutte le opzioni, in stretta consultazione con i nostri amici ed alleati; ed e’ stato finora prudente: non ha ancora fatto la sua scelta”. Ma contro l’Iraq gli Stati Uniti intendono muoversi senza tenere conto dei dubbi degli europei, delle riserve arabe? Powell rifiuta l’accusa di unilateralismo. ”Guardate – dice – cosa abbiamo fatto sull’Iraq all’Onu, dove abbiamo mantenuto il regime delle sanzioni e discusso per un anno coi nostri amici per modificarlo. E come stiamo lavorando all’Onu sulle ispezioni. Siamo un Paese che crede negli amici, che crede negli alleati. Ma quando su un problema ci sono punti di vista diversi e noi pensiamo di essere nel giusto e abbiamo una posizione di principio, allora restiamo fedeli alla posizione di principio e cerchiamo di convincere gli altri ad allinearsi a noi. Se non ci riusciamo, non rinunciamo alla posizione di principio per raggiungere un consenso. Ed e’ per questo che siamo accusati di essere unilateralisti. Ma io passo il mio tempo all’Onu, al G8, in riunioni con l’Ue: se non siamo multilaterali noi, allora, ragazzi!, non so che cosa faccio tutto il giorno nel mio ufficio”.


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