Cultura

Povertà, emarginazione e pace. Queste la parole chiave del viaggio di Francesco

Il 22esimo viaggio di Bergoglio da Pontefice lo porterà in Cile e Perù. Si completa così il giro del Sudamerica che ha visto il Papa toccare tutte le latitudini del continente eccetto la sua Argentina. «Al cuore di questa spedizione ci sono il problema della reputazione della chiesa in Cile, il nodo della popolazioni indigene e la crescente diseguaglianza sociale», spiega a Vita.it Alfredo Luis Somoza, giornalista ed esperto di politica internazionale

di Lorenzo Maria Alvaro

Condividere l’annuncio della pace e confermare nella speranza: sarà questo il senso del viaggio che il Pontefice si appresta a compiere in Cile e in Perù dal 15 al 22 gennaio. A sottolinearlo è lo stesso Papa Francesco in un video messaggio inviato alle popolazioni dei due Paesi.

Un viaggio complicato e molto delicato quello che Francesco sta affrontando. Per capirne i motivi abbiamo chiesto ad Alfredo Luis Somoza, giornalista ed esperto di politica internazionale.


Perché era tanto delicata la prima tappa che ha visto Francesco in Cile?
In Cile c'è un grosso problema legato alla chiesa locale. Le polemiche nei confronti di Juan de la Cruz Barros Madrid vescovo di Osorno per via dello scandalo del sacerdote carismatico padre Karadima accusato pesantemente di diversi atti di pedofilia. Juan Barros, molto amico di Karadima è stato nominato vescovo proprio da Bergoglio ed è stato accusato di aver insabbiato la vicenda, anche se su questo non ci sono prove. Rimane il dato che questa vicenda ha provocato una grave perdita di prestigio che la chiesa cilena aveva conquistato nel periodo della dittatura. Per questo la prima cosa che Francesco ha fatto è stato chiedere scusa a nome della Chiesa. Sembra anche che incontrerà privatamente alcune vittime di abusi. Ma ci sono anche altre criticità in Cile…

Quali?
Principalmente la questione indigena. Un problema secolare con gli indigeni Mapuche, che vivono nel centro sud del Paese, e sono stati per più di 300 anni gli unici a resistere gli spagnoli. Questa etnia oggi è molto povera e ha perso gran parte dei propri territori. Attualmente rappresentano un fronte molto caldo perché hanno al loro interno gruppi estremisti che hanno anche fatto attentati contro le imprese cartiere che distruggono le foreste dove vivono. Un focolaio di irredentismo Mapuche molto forte. Il Papa affronterà questa vicenda che riprenderà anche in Perù

Perché?
In Perù incontrerà i popoli della foresta Amazzonica che vivono una situazione molto simile.

Oggi Francesco ha anche parlato di comunità e unità. A cosa si riferisce?
Un'altra criticità è quella che riguarda i temi sociali, già di per sé molto cari a Francesco. L'esclusione e la discriminazione sociale in base al reddito sono purtroppo una piaga in Cile che Il Cile un Paese che sta andando bene economicamente ma in cui la diseguaglianza sociale è molto marcata. In Perù c'è anche l'avanzata delle religioni riformate che ha eroso molti fedeli alla Chiesa e su cui il Papa vorrebbe con il suo viaggio provare a dare una risposta.

Durante il viaggio di andata Francesco ha distribuito una foto del disastro di Hiroshima e ha parlato di rischio guerra mondiale. Che ne pensa?
È una preoccupazione sulla pace del mondo che non è nuova per Francesco. Già qualche anno fa aveva parlato di una guerra mondiale a pezzi. Oggi il riferimento è all'escalation tra Usa e Corea del Nord. Questo pontificato con la figura di Bergoglio ha nella pace e nella distensione dei punti fermi. Pensiamo a Cuba e al processo di pace in Colombia. È l'unico leader internazionale che sta dando il peso che merita alla crisi in Medio Oriente dove abbiamo ancora i missili che volano. Si candida a fare la sua parte in un'eventuale processo o trattativa di pace.

Il Papa sta insistentemente andando in Sudamerica. Perché questa attenzione?
Tranne per quello che riguarda l'Argentina sta completando il giro del Sudamerica. Lo fa da una parte per far conoscere al mondo problemi dimenticati dall'altra per far vedere a quel mondo un Papa sudamericano. Il primo della storia. Un segnale forte alle chiese locali e ai fedeli dell'attenzione che il Vaticano ha per loro.

Perché ancora non è andato a casa?
In Argentina è stato Vescovo e più volte, a quei tempi, è entrato nell'agone politico locale. È stato oppositore di Kirchner e non è in buoni rapporti con il governo attuale. È una questione di opportunità politica. Teme che un suo eventuale viaggio venga strumentalizzato

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