Welfare

Effetti collaterali della crescita: aumentano gli infortuni sul lavoro

Nei primi undici mesi del 2017 gli infortuni sul lavoro sono aumentati dello 0,3% e le morti sul lavoro dell’1,8%, rispetto allo stesso periodo del 2016. I settori più coinvolti? Metallurgia (+6,3%), Metalmeccanica (+3,7%) e Trasporti (+4,0%)

di Franco D’Amico

Si chiude con il 2017 un anno molto particolare, un anno cruciale sotto vari punti di vista per il sistema Paese, in quanto rappresenta la fine di una serie di cicli decennali e la premessa per l’inizio di uno nuovo. Esattamente dieci anni fa, nel 2008, infatti, ci fu l’esplosione della lunga crisi economica i cui effetti devastanti si sono protratti fino al 2014. Da allora si sono iniziati ad intravedere i primi timidi segnali di ripresa che sono andati via via rafforzandosi, per consolidarsi definitivamente proprio nel 2017. I dati ISTAT dei primi dieci mesi parlano di un PIL a +1,5% (che probabilmente dovrà essere rivisto addirittura al rialzo), di una Produzione industriale in crescita del 2,9% e di un incremento dell’Occupazione e delle Ore lavorate rispettivamente dell’1,3% e del 2,4%.

Tutti gli indicatori macroeconomici, dunque, concordano sul fatto che la crisi economica sembra ormai superata e si prospetta una visione più ottimistica per un nuovo ciclo (che si spera lunghissimo) di recupero di lavoro, potere di acquisto e benessere per tutti i cittadini.

Sembrerebbe tutto bene, dunque, ma, purtroppo, c’è il rovescio della medaglia: nel 2017 anche gli infortuni e le morti sul lavoro sono aumentati, allineandosi al percorso delineato dalla dinamica economica. Dopo un periodo di forte flessione – iniziatosi anch’esso nel 2008 e determinato in larga parte dagli effetti negativi della crisi sul versante lavoro – già da alcuni anni l’andamento infortunistico ha cominciato a dare segnali preoccupanti di un progressivo deterioramento, finché in questo 2017 abbiamo assistito, per la prima volta dopo oltre 25 anni, ad una crescita contemporanea sia di infortuni che di morti sul lavoro.

Sulla base degli ultimi dati INAIL, nei primi undici mesi del 2017 gli infortuni sul lavoro sono aumentati dello 0,3% e le morti sul lavoro dell’1,8%, rispetto allo stesso periodo del 2016.

Da segnalare che gli incrementi erano stati molto più pesanti nei mesi precedenti e solo a novembre c’è stato un sensibile rallentamento.

I maggiori incrementi si sono riscontrati in quelle attività legate alle produzioni industriali dove più marcati sono stati i segnali di ripresa, vale a dire Metallurgia (+6,3%), Metalmeccanica (+3,7%), Trasporti (+4,0%), Servizi alle imprese (+1,9%); mentre, a livello territoriale, nelle regioni più industrializzate del Nordovest (+1,2%) e del Nordest (+1,4%). Proprio al Nordovest va il triste primato delle morti sul lavoro, con un aumento di ben 44 unità (da 194 a 238) pari a +22,7%.

Una svolta importante, nel 2017, c’è stata anche per le malattie professionali, ma in questo caso il 2008 è stato l’anno di inizio di un ciclo caratterizzato da una crescita vorticosa delle denunce non dovuta, però, a fattori di natura socioeconomica, quanto alla naturale conseguenza dell’emanazione, proprio in quell’anno, della nuova “Tabella delle malattie professionali” che ha inserito le patologie dell’apparato muscolo-scheletrico tra quelle che possono essere riconosciute automaticamente al lavoratore esposto al relativo agente patogeno.

Questa circostanza ha indotto i lavoratori a farsi riconoscere in modo agevole il danno alla salute e quindi a farsi indennizzare quelle patologie (in genere tendiniti, ernie discali, sindromi del tunnel carpale ecc.) che prima non venivano neppure denunciate.

E così le malattie professionali sono ufficialmente “emerse” prepotentemente salendo dalle circa 30.000 denunce del 2008 alle 60.000 del 2016, in pratica raddoppiandosi. La crescita inizialmente impetuosa è andata man mano rallentando, finché proprio nel 2017 si è completamente esaurita segnando nei primi undici mesi un calo del 3,7% (circa 2.000 casi in meno) rispetto allo stesso periodo del 2016. È la prima volta dal 2007. È lecito prevedere che l’andamento del fenomeno, avendo raggiunto ormai il suo livello “fisiologico”, sia destinato ad assestarsi su questi valori che sono più congrui ed in linea con gli altri Paesi socialmente avanzati dell’Unione europea.


* Responsabile dei Servizi statistico-informativi dell’ANMIL

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