Salute
Santarelli-Corradi, ecco il percorso che li aspetta
Dopo il post con cui l'attrice ha raccontato della malattia del figlio su Instagram si sono accesi i riflettori sul mondo della pediatria oncologica. «Il servizio psicologico di supporto, accoglienza e accompagnamento in Italia è quasi esclusivamente garantito dal servizio pubblico. E spesso è nato dalla volontà di medici, genitori e associazioni perché non era previsto. Un vero miracolo», spiega Carlo Alfredo Clerici, dirigente medico presso il servizio di psicologia clinica all’Istituto nazionale dei tumori di Milano
Non entra nel dettaglio, non fornisce particolari specifici, ma via social Elena Santarelli rende bene l’idea di quanto sia drammatico il momento che lei e suo marito, l'ex calciatore Bernando Corradi, stanno attraversando dopo la diagnosi fatta al primogenito di 8 anni che è gravemente malato.
Il post con cui la conduttrice televisiva ha raccontato la situazione su Instagram
Una situazione che molte famiglie purtroppo si trovano ad affrontare e che i medici devono gestire e mediare, nonostante l'inevitabile coinvolgimento emotivo. La malattia di un minore è forse uno dei casi più delicati del lavoro sanitario. Per capire come ci si debba muovere abbiamo chiesto a Carlo Alfredo Clerici, ricercatore di psicologia generale all'Università Statale di Milano e dirigente medico presso il servizio di psicologia clinica all’Istituto nazionale dei tumori di Milano.
Ogni centro di oncologia pediatrica è fornito di uno staff dedicato al sostegno piscologico?
Dipende dalla realtà dei centri. Nei grandi hub è previsto un servizio psicologico mentre nei piccoli centri c'è più che altro una cosulenza. La nostra pediatria ha due persone fisse dedicate. Questo perché la cultura medica intorno al bambino malato grave è un problema che coinvolge tanti attori diversi: il minore e la famiglia in primo luogo. Ma è anche un tema multidisciplinare perché coinvolge un sacco di altre sfere. Basti tenere presente che un bambino deve continuare ad andare a scuola e a relazionarsi frequentando i propri amichetti.
In cosa consiste il vostro intervento?
Lo definirei un percorso di supporto, accoglienza e accompagnamento.
Quale il primo step di questo percorso?
La prima questione da affrontare è far atterrare le persone in un contesto traumatico molto duro. Ci sono la paura della morte e il dolore che non lascia molto spazio al pensiero. Situazioni aggravate spesso dall'esigenza di doversi trasferire lontano da casa. Il secondo step per importanza poi è costruire un rapporto di fiducia con il minore e i suoi genitori. È un'evidenza scientifica che se la persona arriva in un luogo che accoglie e non solo votato alla cura può superare il trauma e attivare le proprie risorse.
Quindi vi attenete a una prassi consolidata?
Esiste naturalmente una prassi. Ma ogni caso è singolare. A differenza di una medicina che si muove su protocolli il nostro intervento è calato nella singolarità e cambia ogni volta, si adatta alle diverse situazioni che incontriamo.
Come proteggete voi medici dall'inevitabile coinvolgimento emotivo?
Nella maggior parte dei centri di alto livello, anche quando le situazioni sono difficili, esiste un aspetto di impegno umano oltre che scientifico che permette di imparare anche quando le cose non vanno bene. Imparare ad avere strumenti migliori o soluzioni più utili per il paziente successivo. C'è poi naturalemnte una formazione sulla relazione e al sostegno di gruppo. Si tratta comunque di un ambito molto motivato e particolare…
In che senso?
Si deve tenere presente che la cura dei bambini non rende economicamente. Per questo avviene quasi esclusivamente in strutture pubbliche. Questo è motivo di grande orgoglio e credo anche indicativo della serietà e bontà delle risorse messe in campo. Le persone si accorgono di questo ambito solo se capita il caso più famoso. Ma il vero miracolo è chene i centri di oncologia pediatrica ci sia anche il servizio psicologico, che per lo più non era previsto. Supporto che si gioca nel rapporto coi gentiori o con le associazioni in un'ambito di sussidiarietà.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.