Cultura

Finis Europae? Catastrofe o salvezza dei legami

Fattori demografici, climatici, politici ed economici spingeranno sempre più persone a mettersi in movimento alla ricerca di futuro. Di fronte a questo esodo di massa nessuna istituzione sembra preparata. Saprà l'Europa reagire? O riconfigurerà il proprio welfare secondo un doppio binario: da un lato (pochissimi) inclusi, dall'altro la moltitudine degli esclusi e degli sradicati?

di Pietro Piro

Se i libri sono lunghe lettere agli amici lontani, le parole di Marco Dotti sono rivolte essenzialmente ad amici attenti a scrutare i segni dei tempi. Il suo Finis Europae? (Luca Sossella editore, pagine 96, euro 9) è un promemoria a cui fare riferimento in questo tempo fatto di flussi che determinano, a suo giudizio: «deterritorializzazioni senza fine, guerre senza campo e senza luogo» (p. 11).

Dotti è interessato ai flussi migratori come fenomeni di un più ampio movimento globale che riconfigureranno completamente il volto economico, demografico e culturale dell'Europa. Flussi che non incidono solo sull'identità di chi migra ma anche su chi accoglie:

«A Nord come a Sud del Pianeta la condizione umana si configura come quella di uno spaesamento senza limiti […] Non ci si orienta più nemmeno nei confini più intimi, ogni spazio è abitato dall'ombra di un altro che attrae e al contempo respinge in un rilancio senza fine e senza scopo» (p. 16).

Nessuno si sente più a casa propria, spinto da energie caotiche e spesso distruttive, attraversa lo spazio e il tempo desideroso di trovare un luogo dove vivere una felicità impossibile.

La guerra negli spazi intermedi

In questa condizione diffusa, si configurano nuove identità e nuove classi: da un lato chi riuscirà a vivere al ritmo della città globale e quelli che sopravviveranno ai margini fuori da ogni diritto e garanzia (p. 26). In questa prospettiva politico ed economico danno vita a una nuova dialettica la cui sintesi perfetta è una condizione diffusa di guerra permanente contro gli spazi intermedi e gli individui che li abitano (p. 28).


Fattori demografici, climatici, politici ed economici spingeranno sempre più persone a mettersi in movimento alla ricerca di futuro. Di fronte a questo esodo di massa nessuna istituzione sembra essere ancora preparata e Dotti ci aiuta a capire con la ricchezza dei dati che ci fornisce le misure di questo fenomeno.
Con fine sensibilità Dotti rivela il profondo legame tra vulnerabilità sociale, disuguaglianza socioconomica e digital divide, soffermandosi anche sulle dinamiche che alimentano il terrore dell'insignificanza e dell'invisibilità sociale (pp. 48-49).

Analizzando poi alcuni paesi del Nord Europa rivela come il destino dei migranti non sia più quello di una stabilizzazione sociale e una crescita personale ma si assiste a politiche di chiusura e respingimento che alimentano circoli viziosi di pregiudizio e abbassamento della qualità della vita. Si delineano così modelli di welfare a più velocità: inclusivi per chi è già incluso e espulsivi per chi chi necessita d' inclusione (p. 87).

Città murate, sovranità in declino

L'Europa è dunque in crisi perché i flussi in entrata e uscita causano lacerazioni del tessuto sociale e dell'identità difficilmente conquistata e sempre soggetta a "crisi".

Il rischio più grande è l'aggregazione in base al privilegio e l'esclusione di sempre più cittadini dalle città dorate abitate dalle anime belle del capitale e della finanza. Questa "lettera" che Dotti ha scritto agli amici rinsalderà o risanerà legami messi alla prova, oppure, ci annuncerà un futuro in cui nessuno si sentirà mai più al suo posto.

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