Economia

Care coop, meno socio-assistenziale più sviluppo locale

«Abbiamo sempre più bisogno di ripensare il modello di organizzazione economica e l’idea di sviluppo, se vogliamo che le cooperative sociali possano raccogliere le sfide che ci pone il futuro». L’analisi di Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà e portavoce dell’Alleanza delle cooperative sociali

di Giuseppe Guerini

Abbiamo sempre più bisogno di ripensare il modello di organizzazione economica e l’idea di sviluppo, se vogliamo che le cooperative sociali possano raccogliere le sfide che ci pone il futuro. Un ruolo che deve andare oltre la gestione di servizi socio-assistenziali e l’inserimento lavorativo, per abbracciare sempre più il concetto di sviluppo locale, con un modello di cooperativa che opera sul territorio.


Lavorare per lo sviluppo locale richiede di agire in un’ottica di integrazione ampia, sia con altre imprese, sia con altre realtà del terzo settore, per sviluppare una maggiore propensione all’innovazione per non restare relegati al ruolo di meri erogatori di servizi per conto di una pubblica amministrazione sempre meno vocata all’innovazione.

L’innovazione che ci viene richiesta impone di ripensare anche quel concetto di “mutualità allargata”, che è stata la grande novità portata dalle cooperative sociali nel pensiero economico e giuridico cooperativo, che deve trovare una stagione nuova per re-interpretare il ruolo delle forme si organizzazione solidaristica, partecipata e condivisa per attivare operazioni di trasformazione e innovazione sociale, economica istituzionale. Una re-interpretazione di ruolo che potrebbe beneficiare delle potenzialità introdotte con la riforma dell’impresa sociale.

Questo ripensamento è indispensabile affinché le cooperative e le organizzazioni del “terzo settore produttivo” possano trovare il modo di essere promotori di servizi e innovazioni per collocarsi nel filone dell’economia circolare, dell’economia di condivisione, della sostenibilità e della sfida digitale. Su questi terreni delle nuove economia tuttavia, attualmente vediamo meglio posizionati i modelli imprenditoriali ed economici tradizionali, che hanno scoperto il potenziale della condivisione e della partecipazione, che però viene schiacciato verso il basso: solo verso la condivisione del rischio d’impresa o del rischio di mercato (pensiamo alle grandi piattaforme della cosiddetta sharing economy) ma concentrano in pochissime mani profitti e governance delle attività.

Le cooperative e le imprese sociali invece potrebbero mettere in gioco, in questi nuovi contesti dell’economia digitale, la specifica propensione a generare e ridistribuire risorse nei territori e nelle comunità locali, una versione rinnovata della mutualità allargata, che si proietta verso il futuro anche grazie all’ausilio delle nuove tecnologie.

In particolare su cinque grandi temi un pensiero specifico dell’economia sociale e delle forme mutualistiche, potrebbe dare un contributo importante: promozione e tutela della qualità della vita (welfare in senso ampio); promozione e tutela della qualità dell’ambiente e dei luoghi dell’abitare (sostenibilità); l’accessibilità e la qualità del cibo; la condivisione e la diffusione di energia rinnovabile, la democratizzazione del possesso dei dati e delle reti di comunicazione.

Su questi temi le imprese dell’economia sociale hanno la responsabilità e il dovere di restare al passo con i cambiamenti e individuare quanto prima le modalità attraverso le quali svolgere, nello scenario delle trasformazioni del lavoro e dell’economia, continui ad esservi spazio per le persone e per le comunità locali.

Nella foto di copertina un'immagine della Cooperativa Biplano di Bergamo

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.