Formazione

Tutte le strade riportano a Genova

Giuliano Giuliani ripercorre l’anno seguito alla tragica morte del figlio Carlo in piazza Alimonda. E racconta a Vita il dolore, l’indignazione e le speranze che lo hanno seguito.

di Ettore Colombo

Giuliano Giuliani lo dipingono tutti come un uomo mite, ed è vero, per carità. Ma ha anche lui le sue durezze, con quel nome e cognome che sembra uno scioglilingua, la barba poco curata e la calvizie al vento. Con un figlio rimasto sul selciato di piazza Alimonda, un anno fa: Carlo, figlio di Giuliano e Heidi. Ventitré anni, di sinistra più del padre («Non ci voleva molto», ride). «Buonanotte, biondino», è la dedica dei genitori (parole di Elsa Morante) a Carlo nel bel film, per quanto di parte sia e voglia essere, Carlo Giuliani ragazzo di Francesca Comencini. Vita: Il 20 luglio lei sarà in piazza Alimonda. Un anno dopo. Giuliano Giuliani: Le date, certo, hanno un valore e un significato simbolico, ma il dolore che abbiamo dentro resta, duro. Comunque, a piazza Alimonda, un anno dopo, grazie soprattutto al comitato che è nato in nome di Carlo e che è guidato dal suo professore di storia e filosofia del liceo, non terremo una celebrazione ed eviteremo di fargli un secondo funerale. Vogliamo organizzare e fare una festa della vita, del diritto alla vita, del diritto ai diritti negati. Quelli di mio figlio e quelli di tanti altri. Vita: Nel film mi hanno colpito le sue poesie. Belle, delicate. Alcune in latino. E la frase che dice sua moglie: «Amava mettersi in mezzo per aiutare gli altri». Giuliani: Cosa vuole, Carlo è cresciuto in mezzo ai libri: leggendo, studiando. Amava molto la poesia, certo, ma anche la matematica e la musica. Da bambino giocava con i numeri e sapeva dire quanto fa un terzo e mezzo più un terzo e mezzo più un terzo e mezzo. E per lui i pomodorini in tavola erano i compagni di Ulisse che cercavano di fuggire alla forchetta. Che faceva Polifemo. Giocavamo con i numeri e con le parole. Ecco perché le parole in libertà di tanti detrattori di Carlo, come di tanti suoi finti amici, sbucati fuori come dal nulla, non mi danno fastidio più di tanto, anche se indicano il grado di miseria culturale e politica in cui questo Paese vive da troppo tempo. Carlo aveva tanti amici e amicizie di segno molto diverso tra loro, dai frati cappuccini ai volontari della comunità di Sant?Egidio fino ai diseredati del vecchio centro storico e ai compagni di scuola. In lui la voglia di aprirsi verso gli altri, di ascoltarli e appunto di ?mettersi in mezzo?, era fortissima. Vita: Non voglio farle ripercorrere indagini, finti scoop, polemiche. Le chiedo un giudizio. Giuliani: Ho razionalmente deciso di usare il sarcasmo dicendo «Mio figlio forse non è morto o si è suicidato» di fronte ai tanti e disgustosi tentativi che ho visto affiorare di condizionare il lavoro dei magistrati, di intorbidare le acque. Tentativi respinti, finora: si sono arrampicati sugli specchi. Ma al di là delle responsabilità individuali, vi sono le responsabilità politiche di chi ha gestito l?ordine pubblico, in quei giorni, in modo criminale e premeditato, usando i finti black bloc e attaccando di fronte e alle spalle il corteo delle tute bianche nel budello di via Tolemaide, dov?era autorizzato. Cosa dovevano fare quei ragazzi di fronte a dei blindati che si ritiravano attirandoli in una trappola? Li hanno inseguiti felici e urlando vittoria, ecco cos?hanno fatto. Poi sono finiti in piazza Alimonda e da un?autoblindo, per niente isolata, un carabiniere ha sparato ad altezza d?uomo. Per ben due volte. Mio figlio aveva un estintore in mano, ma credo per proteggersi. Nelle foto, non quella della Reuters, la più famosa, ma nelle altre, sembra quasi dire: «Cosa ci vuoi fare con quella pistola lì?». Vita: Ma il movimento non ha colpe, allora come dopo? Giuliani: Come dimostrano i fatti ricostruiti dal film della Comencini, da Bella ciao, da Maselli e gli altri, le mille foto di quei giorni, i pestaggi alla Diaz e a Bolzaneto, credo di no. L?aggressività era solo verbale e anche un po? comica, da parte dei manifestanti. Dall?altra parte c?erano manganelli, pistole, gas tossici, getti urticanti. La sciagura e il rischio più grave sono le divisioni, le polemiche sterili, le interviste di troppo. E anche una certa retorica da corteo. Fondamentale rimane l?unità e la pluralità di quel movimento, al di là delle sigle. E la capacità di unire slogan forse troppo gridati, come «Pensare globale e agire locale», ma profondamente veri, con la forza delle proprie idee. Contro chi vuole ridurre le persone a pure economie. La politica deve avere tale obiettivo: rimettere al centro la dignità delle persone e i loro diritti. Vita: Un anno dopo, chi andrà in piazza e perché? Giuliani: Saremo in tanti, qualcuno si stupirà. Ma non succederà nulla perché non ci saranno provocazioni, agenti pronti a offendere, infiltrati. Ho partecipato a molte riunioni in Prefettura e ne sono certo. Vogliamo mettere assieme la gente sui valori, come un anno fa. Di mio figlio resteranno i ricordi lasciati in piazza Alimonda e che i ragazzi della facoltà di Lettere stanno raccogliendo. E una piccola Ave Maria ricamata a punto a croce da una signora, che custodisco a casa mia. È preziosa: avevo paura si rovinasse. Non sono cattolico. Ma un?Ave Maria non fa mai male. 19, 20 e 21 Il programma delle giornate di luglio a Genova si trova su Comitato Piazza Carlo Giuliani, realizzato dal comitato omonimo. Alla base della tre giorni di cortei, assemblee e iniziative che segneranno l?anniversario dei ?fatti di Genova? (19, 20, 21 luglio) non per commemorare ma per ricordare perché «chi non ha memoria non ha futuro». In nome di Carlo, ucciso il 20 luglio 2001, un libro (Un anno senza Carlo) e un cd (Piazza Carlo Giuliani ragazzo).


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